Antonio de Oliveira Salazar non era un tipo tenero. Quando nel 1940 Aristides Mendes, console del Portogallo a Bordeaux, concesse il visto a molti ebrei per far sì che fuggissero in Portogallo per scamparsi i rastrellamenti, il dittatore portoghese non la prese bene, rimuovendo il console senza mai più riabilitarlo, nemmeno dopo la caduta di Hitler, nemmeno dopo aver sbandierato ai quattro venti che il Portogallo aveva salvato tanti ebrei. Quando si seppe della morte di Hitler, Salazar espose la bandiera a lutto.
Salazar, despota passato alla storia più che per la violenza tipica dei totalitaristi, per un regime “soporifero”, sopra un Portogallo ammuffito dentro le stanze afose dell’imposizione religiosa e di un’economia depressa. Un pezzo d’Europa affannato dentro un finto respiro, che soltanto la successiva “Rivoluzione del Garofani” avrebbe restituito a un’aria di libertà, coi fiori dentro i fucili e il sorriso sincero di civili e di soldati.
Eusébio da Silva Ferreira, classe ’42, è stato l’artista del pallone capace di rallegrare in silenzio il Portogallo serrato dentro la dittatura di Salazar. Eusebio ha rappresentato il calcio portoghese fuori dai confini, in un periodo in cui era proprio il confine a frenare gli ardori di una terra intimamente lanciata verso rappresentazioni artistiche e letterarie ovunque invidiate, ma tutte, o quasi, costrette a cercare altrove il lungo respiro della realizzazione indipendente.
Eusebio Ferreira ha sangue mozambicano. Dentro di lui circola l’estro sudamericano e la posa laconica dell’africano di mondo. E non è un caso, non è una distanza. Eusebio raccoglie, congiunge, riunisce il Mozambico dell’ultimo impero e la sete di rivalsa dell’Europa non ancora affrancata. Nato a Lourenco Marques, l’attuale Maputo, inizia il suo calcio magnifico in patria, nelle fila dello Sporting Lourenco Marques, società satellite dello Sporting Lisbona. I rivali del Benefica, però, con un colpo di mercato a sorpresa, soffiano ai biancoverdi l’asso africano.
Eusebio, mozambicano naturalizzato portoghese, sbarcato in Europa, si prende il pallone e, con la maglia del Benefica e del Portogallo, incanta il pianeta col suo gioco inimitabile. Con la squadra dell’aquila, vince undici scudetti e due Coppe dei Campioni. La “Pantera nera” batte il grande Real e apre la strada al trono d’Europa ai lusitani rossi. Con la maglia della nazionale portoghese, poi, compie un’altra impresa da rivoluzionario silenzioso. Dopo un Portogallo - Brasile 3 a 1, durante la partita, si avvicina a Pelè mentre il brasiliano è a terra dopo l’intervento di un difensore portoghese, e si abbassa per consolarlo.
È il mondiale inglese, dove il Portogallo arriva a conquistare un inatteso terzo posto e il Brasile della “Perla nera” è costretto a inchinarsi al cospetto del mozambicano delle meraviglie. Il mondo, davanti alle giocate sopraffine del grande Eusebio, dei suoi tanti goal, del suo carisma sobrio ed essenziale, si chiede quanto contino schemi e tatticismi. Uno come lui è capace di smontarli tutti, uno per uno.
Un goal di Eusebio con la maglia del Portogallo
Resta nella storia un Corea - Portogallo dello stesso mondiale. I coreani hanno battuto l’Italia e nella partita con il Portogallo sono in vantaggio per 3 a 0. Eusebio, allora, s’impadronisce della scena. Segna quattro reti e porge l’assist per la quinta segnatura. Uno dei più grandi capolavori mai visti nella storia dei mondiali. Per uno come Eusebio, quasi una cosa normale. In Portogallo il calcio ha un’altra filosofia. A volte conta di più una grande giocata che un grande risultato. È l’estremo iberico, formato da raffinati artigiani della materia e del pensiero.
Ferreira ha spodestato tutti i re, ha rovesciato tutti i troni del pallone. Quando in Portogallo la “Rivoluzione dei Garofani rossi” tappa i fucili e consegna al proprio popolo un altro tipo di democrazia, è il 25 aprile del 1974. Nello stesso anno, Eusebio conquista il suo ultimo titolo prestigioso, l’ultimo Campionato vinto col Benefica. Nel ’74 Eusebio sigla il suo ultimo successo e per il Portogallo inizia una nuova era politica. Suggestive coincidenze del destino.
Per Russel non si può parlare di leggi del caso, perché il caso è l’antitesi della legge. Ecco, per quelli come Eusebio, “fuorilegge” del prodigio, pure il tempo favorisce che si accompagnino a certe coincidenze.
Sebastiano Di Paolo, alias Elio Goka