Annata storica, quella del 1993. Dai primi di gennaio all’ultimo dell’anno gli eventi significativi non sono pochi. La Cecoslovacchia si divide in Repubblica Ceca e Slovacchia, George H. W. Bush e Boris Eltsin firmano un nuovo trattato per il disarmo nucleare e Totò Riina viene arrestato dopo una latitanza durata circa ventitré anni.

Intanto il mondo del calcio prepara il mondiale statunitense. Per la prima volta nella storia, la competizione più importante e prestigiosa sbarca in America settentrionale. Partite a mezzogiorno, colori nuovi, afa insopportabile e orari completamente sconvolti per i palinsesti europei. Dopo più di un mezzo secolo, i campionati del mondo prendono un colore diverso, assumendo le tinte accesissime del futbol prestato al marketing e alla Coca Cola. L’operazione ha un altissimo valore economico, più del solito, più di quanto gli statunitensi stessi, che col calcio non hanno molta dimestichezza, riescono a percepire.

Getty images, Fantagazzetta

+

La corsa a parteciparvi sta molto a cuore a tutte le federazioni più blasonate. L’Argentina richiama Diego Armando Maradona “in servizio” tirando a lucido l’uomo che agli Stati Uniti serve più di tutte le squadre partecipanti messe insieme. Il dieci più celebre della storia del pallone è l’attrattiva numero uno. La FIFA gli riapre le porte e poi, dopo aver sfondato i varchi del successo ai botteghini e alle sponsorizzazioni, dopo aver spremuto la mossa a sensazione, ordisce la congiura che si disfa dell’icona presa in prestito per qualche tempo. La squalifica per doping a danno di Maradona, che segnerà un goal meraviglioso nella gara di debutto con la Grecia, con la conseguente destabilizzazione di tutta la squadra argentina, lascerà una lunga scia di dubbi, misteri e incongruenze.

Getty images, Fantagazzetta

+

Ma quello non è solo il mondiale delle malinconie al consumo. Già prima del suo inizio qualcuno piange lacrime amare. Francia e Giappone sono le “vittime” che clamorosamente non riescono a prendere parte alla spedizione in Nord America. Le loro esclusioni, registrate sul terreno di gioco, hanno dell’incredibile. La Francia matura l’eliminazione perdendo in casa con la Bulgaria. Ai francesi basta il pareggio per andare ai mondiali. I transalpini si portano addirittura in vantaggio e poi, dopo aver subito il goal del pareggio, si fanno beffare all’ultimo minuto dai bulgari che, successivamente, si riveleranno la sorpresa di USA ‘94, riuscendo ad arrivare fino alle semifinali, per poi essere eliminati dall’Italia di Arrigo Sacchi e Roberto Baggio.

Il 28 ottobre del 1993, a Doha, il Giappone campione d’Asia affronta l’Iraq. Ai nipponici serve una vittoria, con qualunque risultato. In caso di successo, i mondiali statunitensi si accenderebbero anche al Sol levante. Il Giappone, allenato dall’olandese Hans, è dato per favorito. Un intero paese aspetta la qualificazione per la Coppa del Mondo. Il calcio giapponese è in grande crescita e l’approdo al torneo più importante coronerebbe un percorso che lo vede già tra le prime del continente asiatico. Tra i nipponici gioca pure "Kazu" Kazuyoshi Miura, che, prelevato dal Verdy Kawasaki, sarà ingaggiato dal Genoa nell’anno successivo, anche grazie al supporto di alcuni sponsor giapponesi. Miura diventerà il primo calciatore nipponico a vestire la maglia di un club italiano.

Getty images, Fantagazzetta

+

Dopo cinque minuti di gioco, è proprio Miura a portare in vantaggio la sua nazionale, grazie a un goal che sorprende la non espertissima retroguardia dell’Iraq allenato da Ammo Baba, ex calciatore nativo della capitale. In quel periodo, però, Baghdad ha altro a cui pensare, considerando che sono trascorsi poco più di due anni dalla fine della prima guerra del Golfo Persico.

Prima della partita decisiva ai fini della qualificazione, la classifica del gruppo in cui i nipponici si giocano l’accesso al mondiale statunitense recita delle distanze ravvicinatissime. In un punto ci sono cinque squadre, ma di queste il Giappone e l’Arabia Saudita occupano la prima posizione, con vantaggio, in caso di parità, a favore della nazionale allenata da Hans. Il goal di Miura, quindi, rassicura subito le aspettative dei giapponesi, consapevoli di poter conservare il primo posto in caso di successo. Quando, nella ripresa, gli uomini in maglia blu sembrano controllare il risultato, arriva la doccia fredda del goal del pareggio realizzato da Radhi Shenaishil Swadi, che si infila nella difesa giapponese raccogliendo un lungo cross dalla trequarti. La nazionale nipponica non si smarrisce e, dopo un quarto d’ora, a venti minuti dal termine, ritrova il vantaggio grazie a una rete di Masashi Nakayama.

Il Giappone però è stanco. I calciatori non ne hanno più. Cercano di perdere tempo, di far scorrere il cronometro a loro vantaggio, di portare a casa la vittoria più importante della storia del calcio giapponese. Inizia quella che sarà battezzata come “L’agonia di Doha”, il calvario sportivo che condannerà i giapponesi a una forte delusione. Ultimo minuto di gioco e calcio d’angolo per l’Iraq. I giapponesi sono dentro l’area di rigore a difesa della propria porta. Dopo un bel dribbling sulla destra, un calciatore iracheno fa partire un cross su cui si avventa Jaffar Omran Salman. Colpo di testa angolato e imparabile. Giappone-Iraq 2-2. I calciatori nipponici cadono a terra stremati e afflitti. In pochi riescono a tornare verso il centro del terreno di gioco. La partita è finita e il Giappone perde la qualificazione al mondiale. Una qualificazione in tasca fino a una manciata di secondi dal termine. 

La prima e storica qualificazione alla Coppa del Mondo arriverà per il campionato del 1998, disputato in Francia. Da quella edizione il Giappone si è sempre qualificato per la fase finale della manifestazione (superando in due edizioni il girone eliminatorio e qualificandosi agli ottavi di finale), consolidando il suo ruolo di squadra di maggiore riferimento del calcio asiatico. Il secondo posto maturato nella Confederations Cup del 2001 rappresenta, ad oggi, il risultato più prestigioso nella storia del calcio giapponese dal punto di vista internazionale. Risultato arrivato dopo una finale persa con la Francia all’indomani del mondiale nippo-coreano del 2002. “L’agonia di Doha”, però, difficilmente sarà rimossa del tutto dalla memoria degli sportivi giapponesi.