Mi chiedo a chi mai somigli, quest'Italia.

Qualcuno, nei giorni scorsi, aveva addirittura parlato di Leicester d'Europa. Dimenticandosi, evidentemente, che parliamo d'una squadra - le foxes - che ha vinto il suo primo titolo nazionale, e con merito, a margine d'una storia iniziata nel 1884. A differenza nostra che, nonostante molti lo dimentichino, siamo vice-Campioni in carica, e contempliamo in squadra ancora oggi alcuni dei Campioni del Mondo del 2006.

Qualcun altro, invece, ha fatto degli arditi paragoni con l'Atletico Madrid di Simeone, coniando impropriamente il termine Contismo a fianco del più celebre Cholismo, giocando su un'espressione in voga e di moda, che però ha radici ben più profonde e soprattutto diversificate. Come se nel ritiro di Montpellier ci fosse un Griezmann, un Arda Turan o un Diego Costa.

Il riferimento base, questo è innegabile, semmai è la Juventus. Non quella dei Tevez, dei Dybala, dei Pjanic e dei Pogba, sia chiaro. Al limite quella dei Vu?ini?, Matri e Pepe (e dei Barzagli, Chiellini, Bonucci, Giaccherini e Buffon), che nel 2011-2012 fu capace di tener testa al Milan di Ibrahimovic - appunto - e di vincere il primo d'una lunga serie di scudetti. In grado di chiudere il campionato senza neanche una sconfitta (23 vittorie e 15 pareggi), subire solo 20 gol e concretizzare un'idea di calcio robusta, quasi grossolana, fatta di ripartenze veloci, gioco frenetico sulle corsie, dinamismo esasperato e indomito spirito di gruppo. Tutte caratteristiche nelle quali si rivede clamorosamente quest'Italia, che non vinceva la seconda partita del girone di un Europeo (o di un Mondiale) dal 2000, e che oggi, con il successo contro la Svezia, s'è già qualificata per gli ottavi. Un traguardo più che inaspettato, ma semplicemente inaudito, stanti le premesse e le potenzialità d'una rosa strategicamente asciutta ma evidentemente sottovalutata tanto da noi tifosi, e opinionisti, quanto dagli avversari. Un obiettivo raggiunto con 90' di anticipo che ci consentirà ora di fare una rotazione scientemente accurata, contro l'Irlanda, e di preparare la sfida contro Croazia o Spagna con la dovuta attenzione.

A questo proposito, vado contro corrente. Preferirei le furie rosse. Un po' perché l'impressione è che questa squadra possa esaltarsi, in quanto a furore agonistico e concentrazione, contro le grandi e grandissime. Un po' perché la sensazione diffusa è che la squadra di Del Bosque abbia concluso in Brasile un ciclo, e che fatichi a far rendere i suoi uomini migliori al meglio. Mettiamoci anche che la Croazia fa parecchia paura, e concludiamo in bellezza con una punta di sana ricerca dell'equilibrio cosmico: questa kermesse ci ha già dato la prima rivincita, 14 anni dopo un amaro biscotto, ed il cazzotto del 2012 con tanto di pietismo di Casillas ha ancora da farsi vendicare a dovere.

So cosa state pensando. E, no, non sto proiettando gli azzurri chissà dove: tenere i piedi per terra resta la pietra miliare del successo, soprattutto se la rosa azzurra era e resta una delle meno tecniche, più vecchie e meno talentuose della kermesse. Ciò che sostengo è semplicemente che, per quanto non ci si possa esaltare nonostante i 6 punti in due partite ed i record di chilometri percorsi in campo (andateveli a studiare, sul sito della UEFA), non sarà facile buttarci fuori. Lo scrivevo la scorsa volta, e lo ribadisco adesso. Per farci gol, e soprattutto farci fuori, dovremo trovare un fenomeno o commettere una grave disattenzione: ipotesi entrambe contemplabili, per carità, ma ridotte all'osso per via del livello medio della competizione, assolutamente inferiore a quello che era in preventivo.

Resta ancora domanda a cui rispondere, però. A chi somigliamo? Forse al calabrone, che, secondo alcuni autorevoli (?) e leggendari testi di tecnica aeronautica, non può volare a causa della sua forma e del suo peso in rapporto alla superficie alare, ma vola lo stesso perché ne è inconsapevole? Beh, un po'. Anche se, ad onor del vero, i motivi per cui vola sono più che noti, se non addirittura banali. E pur non volendo dar vita, in questo spazio, ad un trattato di entomologia, sono costretto a citare la portanza, il cambiamento di inclinazione delle ali, la loro increspatura ed alla frequenza del loro battito. Senza contare il fatto che, quello della leggenda, era il bombo e non il calabrone. Così come questa Italia non è né il Leicester, né l'Atletico Madrid, né la Juventus. E' semplicemente l'Italia, nel bene e nel male. E se fino a ieri era inconsapevole come un bombo - o, se preferite, un calabrone -, ora sa assolutamente di poter volare. 

E pungere come un'ape (cit.).