"Sapevo che Dio era con noi, e che non ci avrebbe lasciato fuori. La vittoria è dedicata a tutta la nostra gente che era arrivata fin qui, per il loro sacrificio, e anche a tutta la gente che a casa ci e' sempre stata vicina. Avevamo fiducia di poter vincere questa partita, ed e' stato meraviglioso vincerla cosi'". Così, dopo la soffertissima vittoria di ieri contro la Nigeria, Leo Messi, l'autore del gol che ha sbloccato l'incontro. Oltre che, ovviamente, lo score della Pulce, che è tornato a segnare in un Mondiale dopo i due gol rifilati, nel 2014, proprio ai nigeriani.

Sampaoli solo - Ma di Messi in Argentina oggi si parla anche per via della centralità crescente che sta assumendo, a livello di impatto carismatico, della Seleccion. Ieri il 10 albiceleste ha stringato la squadra nell'intervallo, ha corso fino al 96', è sembrato molto più concentrato e deciso rispetto alle due prime uscite. Una crescita caratteriale che ad un certo punto s'è palesata, anche in campo. Al gol, che ha fatto esplodere il Paese e lo stadio, di Rojo, tutti i calciatori si sono uniti in un abbraccio liberatorio: esultava da solo, invece, Jorge Sampaoli, l'imputato numero uno della crisi sportiva (e di nervi) della squadra, senza trovare l'approvazione e l'affetto di nessun altro, neanche nel suo staff.

"¿Lo pongo al Kun?" - I media spagnoli (AS) e argentini (Olé) oggi, inoltre, puntano il dito su un altro siparietto curioso, che risale all'80' della gara di ieri, poco prima dell'assalto finale che poi ha portato al 2-1: durante un riesame del VAR, proprio Sampaoli avrebbe chiesto a Messi se fare entrare Aguero per dar man forte alla squadra. Un'immagine altrettanto iconica, che destabilizza ulteriormente l'autorevolezza del tecnico, arrivato chiedere ad un suo giocatore il permesso di effettuare il cambio.