Continua la serie di interviste esclusive di Fantagazzetta. Quest'oggi è il turno di Giampero Ceccarelli, granitico ex difensore e bandiera ventennale del Cesena, ma anche e soprattutto osservatore della Nazionale Italiana di Lippi e Donadoni, e dunque parte sostanziale della truppa azzurra che rese il Paese intero Campione del Mondo nel 2006. Lui c'era: e ci racconta quegli anni. Come solo un pezzo di storia del calcio saprebbe fare.
Alfredo De Vuono: Giampiero, anzitutto benvenuto. Vista la tua esperienza, non si può non cominciare a parlare di quei momenti: il Mondiale del 2006. Io vissi quei momenti da semplice tifoso, ma vorrei che ce li raccontassi tu, che li hai vissuti in prima persona...
Giampero Ceccarelli: Beh, io non li ho vissuti proprio da persona normale. Ero appena tornato dalla Grecia, dove lavorai per qualche anno all'Olympiakos, con Bigon. Tornato in Italia, presi un anno sabbatico, anche perchè nel frattempo era nato mio figlio. Avevo perso alcuni contatti, dopo qualche tempo all'estero. Così chiamai alcuni vecchi amici per propormi, che però non mi ricontattarono. A quel punto chiamai Marcello (Lippi, n.d.r.), che conoscevo fin dai tempi di Cesena, dove gli avevo fatto da secondo, in panchina, e col quale ho sempre avuto un ottimo rapporto. Sono stato una settimana con lui a Torino, e subito dopo mi chiamò, e mi chiese di fargli da osservatore.
A.D.V.: Osservatore della Nazionale, ed in ottica Mondiale. Un ruolo affascinante: a questo proposito... Chi abbiamo 'rischiato' di portare in Nazionale, ai Mondiali, e poi non è stato portato, magari all'ultimo minuto?
G.C.: Il nostro gruppo era omogeneo: ognuno seguiva una partita, in Italia, segnalava le sue opinioni a Marcello, e poi era sempre lui a decidere. Le liste venivano poi concordate d'accordo comune, in base alle segnalazioni di tutti noi osservatori.
A.D.V.: Domanda scomoda: c'è qualcuno di quelli segnalati da te, che poi non è stato portato?
G.C.: No, anche perchè io a quell'epoca seguivo il gruppo del Palermo. Ed in quella Nazionale erano proprio tanti: Zaccardo, Barzagli, Grosso, Barone, Toni...
A.D.V.: Allora ne hai portati veramente tanti...
G.C.: Beh, no...Perchè li ha portati Marcello (sorride, n.d.r.)...
A.D.V: Noi tra l'altro abbiamo intervistato proprio mister Lippi qualche giorno fa, per il nostro portale tematico Canale Juve. Non abbiamo parlato di Nazionale, ma di Juve. Un aneddoto di quel magnifico periodo dei Mondiali, raccontato da lui stesso qualche tempo fa, narra d'un suo inaspettato bagno fatto per scommessa nel laghetto prossimo all'albergo azzurro a Duisburg, dopo la vittoria in semifinale...Ne sai qualcosa?
G.C.: Beh, io non c'ero, perchè noi osservatori stavamo in un albergo diverso da quello della squadra...Ma so che è vero, anche perchè da un buon marinaio come Marcello, c'è da aspettarselo...(ride ancora, n.d.r.).
Di quel periodo io ricordo molto bene i nostri lunghi viaggi in macchina, in cui discutevamo per ore ed ore. Il lavoro grosso, difatti, all'epoca, venne fatto prima dei Mondiali stessi. Ed il mio lavoro a Palermo, che all'epoca giocava veramente, veramente bene.
A.D.V.: Poi Lippi, dopo i Mondiali, lascia la Nazionale, ed arriva Donadoni. Tu rimani osservatore anche per lui, e partecipi alle selezioni per i nefasti Europei del 2008.
G.C.: Quel tracollo derivò da un momento particolare del calcio italiano, e dalla necessità d'un ricambio generazionale ancora non avvenuto. Fare una Nazionale non è facile, in epoca recente. Con 20 stranieri per squadra, in serie A, è sempre molto difficile metter su una squadra vera, e solida.
A.D.V.: La squadra però era abbastanza simile a quella di due anni prima. Con un Inzaghi in meno, che aveva vinto la Champions col Milan l'anno prima, e Quagliarella e Di Natale in più. Allora la domanda è: è mancato l'allenatore, all'epoca?
G.C.: No, direi di no. Donadoni è peraltro uno che mette molto bene le squadre in campo. Credo fosse questione di motivazioni: dopo un Mondiale è sempre difficile. Il problema spesso è inconscio, sei sempre la squadra da battere, ed è difficilissimo mettere in campo la stessa voglia.
A.D.V.: All'epoca avevamo anche un Cassano in più. La cui storia con l'azzurro è incomprensibile e tortuosa: nel 2004, con il Trap, c'è, poi fuori con Lippi, nel 2006; torna in azzurro con Donadoni, nel 2008, e poi di nuovo fuori con Lippi nel 2010. Adesso, nel 2012, infortunio a parte, ha ottime chances di andare agli Europei. La statistica lascia il tempo che trova, ma non in questa occasione. Come stanno le cose tra Cassano e Lippi?
G.C.: Sarò sincero: non si è mai parlato di Cassano col mister. Che aveva le sue motivazioni, probabilmente, ma che potrebbero essere legate alla concentrazione che non riesce a dare con continuità. Non saprei qual è il motivo, anche perchè il campione c'è, ma è a metà. Perchè poteva fare molto di più di quello che ha fatto nella sua carriera. Ed in azzurro la storia è così: ti giochi qualificazione e torneo in poche partite. Se va va, altrimenti...E poi anche nei club la sua carriera è stata discontinua. Nel 2006, dopo la Roma, all'epoca Real...
A.D.V.: Nel 2010, però, sarebbe stato utile, probabilmente.
G.C.: Beh, forse si. Io personalmente non mi sono mai posto il problema, ma conoscendo Marcello so che se fa una scelta è perche l'ha ponderata. Lui sapeva d'avere a disposizione un ragazzo così importante dal punto di vista tecnico, ma evidentemente aveva le sue buone motivazioni. Lui è così: ha sempre una marcia in più, d'altra parte. Io lo conosco quando ancora non era Lippi, e mi accorsi di queste sue qualità tanto, tanto tempo fa. Lui riuscì a formare un gruppo vincente e straordinariamente solido: l'atmosfera degli allenamenti era bellissima.
A.D.V.: Grande gruppo, è vero. Forse contribuirono anche lo scandalo pre-mondiale ed un altro dato: il fatto che il grosso del gruppo - Gattuso, Del Piero, Inzaghi, Cannavaro - erano già solidi e vincenti all'epoca delle loro Under, con Maldini.
G.C.: Si, lo scandalo servì. Le interviste argute moltiplicavano la loro compattezza, gli si faceva scudo, tutti insieme. L'Under sì, contribuì eccome. E poi ci fu un aggiunta straordinaria: De Rossi. Io lo vidi giocare in un torneo notturno, da ragazzino. Giocava con la classe d'un trentenne, ed aveva meno di vent'anni.
A.D.V.: Che però rimediò una grave espulsione, commettendo un'ingenuità, proprio ai Mondiali, contro gli Stati Uniti.
G.C.: Ricordi cosa fece Marcello, però? Dopo la squalifica non lo fece giocar subito. E lo ripropose dopo, nella partita più importante. Come si suol dire, lo fece cuocer nel suo brodo.
A.D.V.: Ed ora che mi ci fai pensare, in effetti, dopo quell'episodio lì, De Rossi è stato assolutamente impeccabile, in azzurro. Ma parliamo un attimino anche dei più recenti Mondiali del 2010: in Sudafrica, altro calo della gestione Lippi, c'erano delle evidenti carenze tecniche. Non avevamo, ad esempio, e per motivi diversi, Totti, Rossi, Cassano e Balotelli.
G.C.: Quella squadra era stata rifondata. C'erano dei ragazzi nuovi, come Maggio, Bonucci e Palombo, uno che a centrocampo è sempre utilissimo. La tecnica che mancava? Si, probabilmente si. Marcello avrà voluto creare una squadra più fisica...Ma a posteriori è sempre facile parlarne. All'epoca io seguivo ancora il Palermo, e poi la Fiorentina, e l'Udinese.
A.D.V.: Alcuni dei nomi che abbiamo fatto finora andranno ai prossimi Europei.
G.C.: E quell'esperienza gli sarà utilissima. Sai, a molti ragazzi, all'inizio, la Nazionale dà problemi. Nei club, magari, sono bravissimi, ed hanno un'ottima personalità: ma poi l'approccio con l'azzurro non è dei migliori. Ecco perchè sarà un vantaggio il fatto che abbiano già fatto un'altra esperienza.
A.D.V.: Un nome, in tal senso: Di Natale.
G.C.: Anche lui, poteva dare molto di più. Come anch'io mi sarei aspettato molto di più da Montolivo, che seguivo spesso. La nazionale è così: trovi sempre squadre che, contro i Campioni del Mondo, danno il 100%. E le tue occasioni sono poche, e proprio per questo non è facile saperle cogliere.
A.D.V.: Tu non fai più parte dello staff azzurro, ma tra poche settimane Prandelli diramerà le convocazioni per i prossimi Europei. La mia impressione è che, mai più d'adesso, il nostro reparto offensivo sia vario e numericamente ampio: ne discutevo, qualche giorno fa, con 'Spillo' Altobelli. Gilardino, Matri, Osvaldo, Cassano, Rossi, Pazzini, Di Natale, Balotelli, Giovinco, Quagliarella: sono veramente tanti. Ceccarelli chi porterebbe?
G.C.: Già. Adesso bisogna vedere Prandelli come avrà intenzione d'andare agli Europei. I nomi sono buoni, ma non mi permetterei mai di far nomi, perchè quelli da te citati potrebbero andare tutti. Molto dipende dalle condizioni fisiche e dalle motivazioni dei singoli a ridosso del torneo.
A.D.V.: Posso fare un nome io, sinora mai fatto, e che tu, da bandiera del Cesena, conosci bene? Giaccherini.
G.C.: Alcuni rimangono stupiti da lui. Ma non c'è nulla da stupirsi: lui è un calciatore 'coinvolgente', che può giocare ed esser utile dove vuole. Io credo che Prandelli lo stia valutando. Nel calcio ci vuole chi porta l'acqua, e chi fa l'ultimo passaggio: insomma, tante caratteristiche che, messe insieme, fanno la squadra. Giaccherini è uno di quelli che, se fossi un C.T., io convocherei.
A.D.V.: A me ricorda Robinho, ma forse addirittura più intelligente.
G.C.: Diciamo che Robinho pensa ad altre cose mentre ne sta facendo una...Lui invece è più razionale.
A.D.V.: E poi c'è Parolo.
G.C.: Si, ed è già stato convocato. E'un buon giocatore, ha intelligenza, personalità, è un leader in campo, uno di quelli di cui ti accorgi che non c'è solo quando, appunto, non c'è. Ha buone possibilità d'entrare nel gruppo.
A.D.V.: 'Gruppo': è questa la parola chiave, per la Nazionale.
G.C.: Vale per tutti, non solo per la Nazionale. Perchè quando c'è il gruppo, si lavora insieme, e si tira tutti dalla stessa parte. Te ne racconto una: nel 2006, dopo ore d'allenamento, i nostri ragazzi si fermavano e si mettevano a giocare ancora, a prendere la traversa. Ed a me si stringeva il cuore.
A.D.V.: Il gruppo del 2006, in piccola parte, andrà anche agli Europei. Buffon, Barzagli, De Rossi, Pirlo, Gilardino, forse anche Zaccardo. Poi gli altri saranno da integrare. Lo staff azzurro, al di là delle competenze tecniche, che deve fare per creare il clima di cui abbiamo sinora parlato?
G.C.: Beh, noi li valutiamo assolutamente anche dal punto di vista comportamentale, ed umano. Perchè ti dice quali sono le persone che avrai a disposizione, prima che i calciatori. Quelli della vecchia guardia che hai nominato serviranno a partire bene. Una cosa è sicura: servono maggiori risorse. In Italia giocano troppo pochi italiani. E' un problema che non abbiamo solo noi, ma che qui da noi si soffre troppo. E poi è squilibrato il rapporto tra gli italiani che van via, e quelli che arrivano: partono 10 italiani, ed arrivano 100 stranieri.
A.D.V.: E poi c'è il problema dei settori giovanili: sono sempre pochissimi i giovani e giovanissimi che portiamo ai tornei per Nazionali. Cosa che le altre Nazionali non fanno.
G.C.: Non lo fanno nemmeno i club, però. Io, all'epoca, nel Cesena, esordii giovanissimo con Radice, e con me altri cinque. Tutti titolari, e facevamo la nostra figura: cose del genere non succedono più.
A.D.V.: A proposito: non si può non chiedere del Cesena al giocatore più rappresentativo dei bianconeri. Ce la fa il tuo Cesena a salvarsi, quest'anno?
G.C.: Io ho sempre pensato di si. Adesso, però, facciamo fatica. Ma bisogna pensar positivo, e dare il meglio che si può. E poi, non ultima, secondo me, c'è la possibilità d'un eventuale ripescaggio, a seguito delle note vicende. Ha parlato bene il capo del CONI, che parla della responsabilità soggettiva. Ma sono sicuro che c'arriviamo anche sul campo, perchè abbiamo trovato degli equilibri, con Arrigoni (l'intervista è stata fatta poche ore prima dell'esonero dell'allenatore), importanti. I nostri valori sono buoni, anche individualmente: la classifica non ci rappresenta. Serve solo non perdersi d'animo, come l'anno scorso, quando sembravam spacciati, e poi ci siamo salvati.
A.D.V.: Chiudiamo con un riflessione. Tu hai smesso di giocare abbastanza tardi, per l'epoca, a 36 anni. Ed hai fatto 19 anni con una sola maglia: quella del Cesena. Oggi è un'utopia. Sono pochissimi i campioni che vantano, nella storia del calcio, militanze così lunghe. Ma come si fa, sempre allo stesso livello, per così lungo tempo?
G.C.: Calcola che io cominciavo ad andare al campo a sette anni. Ho saltato la beretti, e sono andato direttamente in prima squadra. Ero bravo, ma ancora un bambino: e dopo 5 anni avevo già fatto due campionati di C e tre di B. A 22 anni mi dicevano ch'ero vecchio. Avevo un carattere forte. Poi ci fu la svolta portata da Gigi Radice, col quale avevo un legame fortissimo. Anche con lui, ho sempre giocato: per me giocare a Cesena è come se giocassi sempre con i miei amici. Io ero di Cesena, io rappresentavo la città, dovevo dar tutto. Motivazione fortissima, non potevo andar via, rifiutavo le richieste: andavo dal Presidente, e lui mi diceva: "tranquillo, non ti mando via". Ed io gli rispondevo: "Ma, Presidente, io non voglio andar via!". Ero un calciatore tenace e combattente. Ma prima di questo, avevo una personalità legatissima alla città.
A.D.V.: Personalmente, io adoro le vicende umane, prima che tecniche. Come la tua.
G.C.: Eh, ma vanno di pari passo.
A.D.V.: Ultima curiosità: com'è avere, nella propria squadra, a distanza di 27 anni, un ragazzo che ha il tuo stesso nome (Luca, l'attuale terzino del Cesena)?
G.C.: Ti racconto una cosa. Un giorno vado allo stadio coi miei due figli, di 11 e 9 anni (gli splendidi bambini in foto) e mi vedo il nome di Ceccarelli in un manifesto: mi sono commosso.
Giampiero mi manda la sua foto, con i suoi bellissimi bambini, e mi saluta. Mi (e ci) ha raccontato del suo calcio, della sua vita, della Nazionale sua e degli altri: e con somma leggerezza e simpatia. Come quella che solo un pezzo di storia del calcio avrebbe saputo usare.
Alfredo De Vuono