Delio Rossi fa parte di quella folta schiera di addetti ai lavori dalla carriera double face: poche tracce lasciate da calciatore, moltissime da allenatore. Foggia, Vis Pesaro e Fidelis Andria le sue esperienze con la palla al piede, poi un crescendo continuo in panchina. Dalla Primavera del Foggia, alla Coppa Italia vinta con la Lazio e la Champions sfiorata a Palermo, passando per Salernitana, Genoa, Lecce, Atalanta, Fiorentina e Sampdoria.

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#1 - La sua vita adesso: cosa fa, dove vive, come si sviluppa la sua giornata?

"Vivo a Roma e conduco la vita tipica di ogni allenatore: mi sveglio, faccio un po' di movimento, seguo le partite, mi aggiorno, studio l'inglese. E' la mia giornata tipo".

#2 - I social network: li usa? Se sì, quali? Che rapporto ha oggi con i tifosi, tanto nella vita reale quanto a distanza, mediante la rete?

"Sono anti-social. Non serve aggiungere altro".

#3 - Una squadra, un compagno, un allenatore e un Presidente che le è rimasto nel cuore

"Sono legato a tutte le squadre che ho allenato, anche a quelle dove è andata meno bene. Sono una persona che dà sempre tutto quello che ha. Con i presidenti non ho mai avuto un rapporto che andasse oltre quello lavorativo. Come vecchio compagno dico il mio ex vice Fedele Limone, mentre l'allenatore sicuramente Zeman: è stato un piacere essere allenato da lui a Foggia".

#4 - Quale l'aneddoto calcistico più folle, curioso, strano della sua carriera?

"Ricordo con un misto di commozione e tristezza la vittoria della Coppa Italia nel 2009 con la Lazio. Sapevo che sarebbe stata l'ultima partita da allenatore biancoceleste. Quella sera avevo un obiettivo primario da centrare: far giocare bene la mia squadra. Lo stadio era strapieno, c'erano 70 mila persone ed era una novità assoluta, visto che eravamo nel pieno della contestazione nei confronti della società e in campionato l'Olimpico era quasi sempre semi-vuoto. Evidentemente, quella sera, io e i miei giocatori abbiamo lasciato un segno tangibile, al di là della conquista del trofeo".

#5 - In carriera chissà quanti moduli di gioco avrà impiegato. Ma qual è il suo preferito e perché?

"Un allenatore deve sempre avere delle idee proprie, anche se spesso molto dipende dai giocatori che si hanno a disposizione. In linea generale, prediligo il 4-3-3".

#6 - Qual è il gol che avrebbe voluto segnare, o a cui avrebbe voluto assistere, nella storia del calcio?

"Senza dubbio quello di Diego Armando Maradona ai Mondiali del 1986. Semplicemente qualcosa di divino".

#7 - C'è un rimpianto nella sua carriera? Oppure qualcosa che ha fatto ma che se tornasse indietro cambierebbe?

"Penso l'esperienza con la Fiorentina, con un epilogo inaspettato. E poi l'ottimo biennio a Palermo: mancammo la Champions per un solo punto, arrivammo in finale di Coppa Italia nel 2010 contro l'Inter. Anche quella sera vedere l'Olimpico rosanero per metà fu una grande emozione. Un vero peccato non aver potuto regalare la coppa a quella gente".

#8 - Siamo ormai nel vivo del calciomercato: facciamo un nome per ogni ruolo. Chi sarà un portiere rivelazione (o in grado di spostare gli equilibri) della prossima Serie A?

"Se non avrà problemi di natura extracalcistica, dico Donnarumma. Ha solo 18 anni, ma è già un grande".

#9 - Stessa domanda per quanto riguarda i difensori

"Mi intriga molto Karsdorp, credo possa fare bene a Roma".

#10 - Altro ruolo, uguale interrogativo: chi può spostare a centrocampo i livelli di forza nel nostro campionato?

"Lucas Leiva è un giocatore che cura soprattutto la fase difensiva, ha grande personalità. Occhio anche al turco preso dalla Roma, Under".

#11 - Ovviamente ultima annotazione per quanto riguarda gli attaccanti

"Se Belotti dovesse ripetere la media realizzativa dell'anno scorso, allora vorrebbe dire che siamo di fronte a un grandissimo giocatore".