Maurizio Fanchini, head of club performance della Roma, in un'intervista rilasciata ai canali ufficiali del club giallorosso ha spiegato perché, in un momento in cui il mondo sportivo si preoccupa dei protocolli di sicurezza per garantire le giuste distanze tra gli atleti professionisti, la soluzione ideale sarebbe quella di consentire un rientro degli stessi nei centri sportivi, piuttosto che consentire la libera attività nei parchi pubblici. 

Questo un estratto delle sue dichiarazioni.

QUARANTENA COME LA FINE DELLA STAGIONE? - "Se si fa un’attenta riflessione, si potrà notare che le differenze sono notevoli. Prima di tutto, quando i calciatori si fermano a metà maggio hanno fatto già molti mesi di attività, mentre qui ci siamo fermati a marzo. Nella pausa estiva, poi, i calciatori vanno in vacanza, si fermano, recuperano energie mentali e fisiche. E molti di loro seguono programmi di allenamento che prevedono attività di corsa ordinaria. La preparazione estiva, poi, prevede 5-6 settimane di lavoro. Nel nostro caso, invece, se andrà bene avremo quattro settimane e in più veniamo da un periodo in cui si sta cercando di mantenere una condizione fisica dentro casa, in uno stato di incertezza. Se poi si riprenderà a giocare ogni tre giorni, ci aspetta un lavoro molto importante e non abbiamo moltissimo tempo per farci trovare pronti. Prima si ricomincia, anche in forma individuale, meglio è. Prima di tutto per evitare infortuni, non solo per una questione di performance".

RIENTRARE NEL NOSTOR CENTRO SPORTIVO - "Secondo noi sarebbe rientrando nel nostro centro sportivo, dove abbiamo le condizioni ideali per mantenere gli standard di sicurezza. A Trigoria abbiamo strutture molto ampie progettate quando la società ha ristrutturato la sede, nelle quali si possono rispettare le distanze di sicurezza. Ci sono tre campi in erba, uno sintetico. La nostra area medica ha predisposto dei protocolli che ci permetterebbero di riprendere l’attività individuale in grandissima sicurezza".

HA PIU' SENSO STARE A TRIGORIA CHE DA UN'ALTRA PARTE - "Per diversi fattori. Pensate a quante persone ci sono in giro. Chiunque potrebbe avvicinarsi al calciatore, anche per solo per un saluto. Questo porterebbe al rischio di contagio per i cittadini e per i giocatori. La fonte di pericolo è molto importante e mettere un personaggio pubblico in un parco aumenterebbe la difficoltà nel rispettare il distanziamento sociale. Ci vorrebbero le forze dell’ordine a mantenere la sicurezza e a evitare l’avvicinamento tra i singoli, ma in un periodo così non mi sembra il caso di sovraccaricarle anche con questo compito. Senza parlare dell’aspetto legato agli infortuni, perché un parco ha buche e terreni asfaltati".

IL DISTANZIAMENTO NEL CENTRO SPORTIVO - "Potremmo accogliere i calciatori in gruppi, abbiamo tre campi di allenamento in erba naturale e questo vorrebbe dire avere sullo stesso terreno di gioco massimo tre giocatori per volta, tenendoli a distanza. Ognuno ha la sua camera e potrebbe farsi la doccia lì. In più, la nostra è una struttura chiusa e controllata, dove l’accesso sarà consentito solo ai pochi calciatori e al personale che deve lavorare in quel momento, senza creare situazioni ambigue".