Ashley Young vuole restare all'Inter. L'ex Manchester United è ora a Londra, ma in un'intervista a Il Corriere della Sera ha avuto modo di parlare della sua esperienza con la maglia nerazzurra e, soprattutto, dei metodi di lavoro di Antonio Conte. Spazio anche alle differenti modalità di gestione dell'emergenza coronavirus tra Italia e Inghilterra. 

IO, TOP PLAYER? - "Un giocatore esperto, non un top. Però a certi livelli l’esperienza fa la differenza"

DIFFERENZE TRA ITALIA E INGHILTERRA - "Da voi il lockdown è stato totale: l’Italia ha dato un ottimo esempio. In Inghilterra c’è chi ancora va al lavoro e la metropolitana è troppo affollata. Da noi ho visto scene di avidità con gente che svuotava i banconi dei supermercati".

LA TELEFONATA DI CONTE - "Quando Conte mi ha chiamato, ho sentito subito la sua passione, me l’ha trasmessa. Era un’opportunità e ho detto: “Vado lì, voglio far parte di qualcosa di grande". Conte non sta seduto un attimo, ma vederlo così coinvolto è una spinta. Ha una mentalità vincente, è un vincente nato. Per chi gioca in fascia fa gran parte del lavoro guidandoti. Guida ogni allenamento con la stessa passione e intensità di una partita. Non tutti i tecnici ci riescono. È sempre lì a spiegarti, farti vedere. Guardate come esulta al gol: il coinvolgimento è totale".

COSA MANCA ALL'INTER - "Siamo dove dobbiamo essere, ma la squadra ha capito che per fare il salto deve lavorare ancora di più. Forse manca un po’ di esperienza".

IL RENDIMENTO DI ERIKSEN - "Ha addosso una pressione incredibile, succede quando sei un giocatore del suo calibro. Al Tottenham hanno fatto di tutto per tenerlo, perché sono quelli come lui che possono farti vincere trofei. Sappiamo quanto vale e quanto è e sarà importante per noi".

VORREI RESTARE - "Amo l’Italia, Milano, il calore dei tifosi. Voglio restare e vincere. Sto imparando la lingua, siete un popolo con passione. E poi simpatici: quando parlate in realtà strillate..."

STARE IN CASA - "Molti dicono di non riuscire a stare chiusi in casa per tre settimane. Io chiamo spesso un mio amico. Era malato, ha avuto il cancro, è rimasto sei mesi in ospedale, sospeso tra vita e morte. Mi racconta quanto è stato difficile. Penso a lui, a quello che ha passato. Stare in casa non è difficile, si riscoprono gli affetti, la famiglia, per cui non abbiamo mai tempo. Aiuta stare insieme in un periodo così. Alla fine direi che è una grande opportunità: non sprechiamola".