Filip Djuricic, centrocampista del Sassuolo, ha rilasciato un'intervista ai taccuini della Gazzetta Dello Sport. Il fantasista serio ha parlato del rapporto con De Zerbi, dell'obiettivo Champions e della sua esperienza passata alla Sampdoria. Queste le sue parole.

Sassuolo: le parole di Djuricic

“Abbiamo iniziato bene e vorremmo confermarci, dare continuità: insomma, arrivare dietro le grandi. Vincere la prima gara era importante: non solo perché si lavora meglio ma anche per Dionisi, debuttante in A: è una gran bella persona”.



Su De Zerbi

“De Zerbi mi ha cambiato la visione del calcio: con lui ho trovato quella continuità che in passato non riuscivo a mantenere. Lui ha dimostrato che puoi giocare come pensi, che dirlo è facile ma farlo è tutta un’altra cosa. Dionisi? Calcisticamente qualcosa è cambiato, anche se siamo solo all’inizio, ma le premesse sono molto buone. Diciamo che come carattere e approccio è simile: non è certo un caso che sia stato scelto, il Sassuolo fa le cose per bene”.



Sulla Champions

Sogno è una parola che si usava da ragazzini. Diciamo che a livello personale è sempre stato un obiettivo. Quella manifestazione è solare, spettacolare, l’ho vissuta col Benfica e ho anche segnato. Ma qui a Sassuolo è giusto, proprio per il sano realismo di cui le parlavo, di puntare intanto a confermare tutto ciò che di bello è stato fatto negli ultimi anni”. 

 

Sulla carriera

“Non ho rimorsi. Ho avuto come allenatore grandi ex giocatori, tipo Van Basten, quella grande persona di Mihajlovic che mi fece esordire da centravanti nella nazionale serba, KoemanAdvocaat adesso Stojkovic in nazionale. Quando ero in Olanda, a 18 anni venni eletto miglior giocatore assieme a Bony ed Eriksen. Ho vissuto una finale col Benfica di Europa League: insomma, diciamo che certe situazioni avrei potuto gestirle meglio ma anche che di esperienze ne ho vissute un bel po’, tutte belle…”.

 

Sulla Sampdoria

“Fu tutto bellissimo. Tutto stupendo tranne che con Giampaolo: dal primo giorno non mi vedeva proprio; ci provavo, ma non ci fu nulla da fare. Giocava a diamante (il rombo, ndr), quindi sarei stato perfetto nelle sue idee tattiche dietro due punte. Niente. Un giorno andai da lui e chiesi qual era il problema: 'Mister, io so che valgo, però deve dirmi lei se merito o no di giocare e perché…'. Lui mi rispose: ‘Non c’è nessun problema, devi lavorare’. E lavoravo. Ma non giocavo. Insomma, tutto il resto era perfetto”.