Ai suoi tempi era tutto più difficile: segnare, evitare le botte dei difensori, vincere lo scudetto. Paolo Rossi sorride mentre ripensa agli anni Ottanta, ai campionati vinti o persi in volata. Con la Juventus, Pablito conquistò due volte il tricolore, ma non di fila: 1981-82 e poi 1983-84. «Adesso è più facile, ma non bisogna sottovalutare i meriti della Juve: anche se c’è meno equilibrio rispetto a tanti anni fa, vincere è sempre difficile. E riuscirci per nove campionati di fila evidenzia la cultura del lavoro, la voglia di primeggiare, la determinazione nel programmare e la bravura nel trovare sempre qualcosa di nuovo. Che poi è ciò che ti spinge a voler vincere ancora». Ecco le sue dichiarazioni rilasciate alla Gazzetta dello Sport:

Pablito, cosa la impressiona di questa striscia?

«La regolarità e la programmazione. La società vuole sempre crescere: credo sia questa la missione di Andrea Agnelli. E i risultati ne sono la conseguenza. Non è un caso che la Juve ormai sia tra i primi club d’Europa anche dal punto di vista economico: qualche anno fa, diciamo subito dopo Calciopoli, c’era un divario notevole con i top club europei, adesso non più. E tutto questo è solo frutto del lavoro e di un’attenta programmazione. Un’altra cosa che mi piace molto è la gestione ponderata dei momenti difficili: fa la differenza».

Si aspettava un campionato così, al netto ovviamente del lungo stop per il Covid?

«Più o meno sì, perché è vero che la Juve è sembrata meno dominante che in passato, ma poi è andata sempre con il suo passo che gli avversari non sono stati in grado di reggere, se non saltuariamente».

Ma lo scudetto numero 9 è più merito della Juve o demerito degli avversari?

«Merito della Juve anche se ha fatto meno punti di quanto ci si attendesse. La rivale più forte sembrava potesse essere l’Inter, ma non era pronta per vincere. A un certo punto pensavo che la Lazio reggesse fino alla fine, ma ha pagato gli infortuni e i cali di forma. L’Atalanta ha giocato molto bene, ma non era strutturata per il titolo».

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«La rosa e i singoli. La Juve ha cambiato identità tattica, qualche difficoltà era preventivabile. Ma la bravura dei singoli e la profondità della rosa le hanno consentito di vincere».

Si pensava però che con Sarri, più che la bravura dei singoli, sarebbe stata decisiva la manovra. Come giudica il lavoro del tecnico? È stato lo scudetto dei compromessi?

«Un po’ sì. È stato Sarri ad adattarsi ai giocatori e non il contrario. Ma l’allenatore ha mostrato intelligenza a calarsi in questo club che nel dna ha la costante ricerca della vittoria. Magari nella prossima stagione Sarri potrà incidere di più. Per adesso ha gestito bene la rosa, ha fatto crescere Bentancur che sta diventando straordinario, ha proposto con successo Cuadrado terzino».

Le difficoltà difensive erano da mettere in preventivo?

«Sicuramente la Juve ha preso qualche gol di troppo. Ma non va sottovalutato il peso dell’infortunio di Chiellini. De Ligt ha avuto bisogno di calarsi nel nuovo contesto, insomma ci sono state alcune difficoltà oggettive».

Ronaldo-Dybala è una coppia atipica. Si può fare un paragone con il passato?

«Difficile trovare un’altra coppia del genere. Sono due campioni straordinari e non si devono dare per scontate le cose che fanno: Ronaldo è una garanzia e segna una trentina di reti a stagione, Dybala è trascinante con i gol ma anche con le giocate che fa in ogni zona del campo: Paulo ha alzato il livello della Juve. Dybala è il miglior giocatore della Serie A, quello che ha inciso più di tutti. È estroso, unico, un inventore di gioco».

Come si deve rinforzare questa squadra per puntare al 10° scudetto? Serve maggiore qualità a centrocampo?

«Una mezzala di qualità sarebbe utile, Arthur è bravo ma è presto per capire cosa potrà dare. E poi serve un altro attaccante classico, visto che in rosa c’è solo Higuain».

In Champions cosa si aspetta dalla Juve?

«Non c’è una favorita e penso che la Juve sia sullo stesso livello delle altre. Deve arrivare alla Champions in ottime condizioni fisiche e mentale: poi se la giocherà con tutti».

Paolo Rossi (Getty Images)
Paolo Rossi (Getty Images)