Fabio Capello ha vissuto con estrema preoccupazione i giorni più oscuri della pandemia, tra legittime preoccupazioni di salute, l’angoscia per i bollettini quotidiani delle vittime in Italia e le restrizioni per gli over 70. «All’improvviso ti senti vecchio. Tutto questo, per un uomo di 74 anni, è come il suono della campana dell’ultimo giro. Ti chiudi in casa, leggi, guardi la tv e pensi che la vita non sarà più la stessa». In queste situazioni si misurano i rapporti e gli amici. «Ho sentito al telefono Franco Baldini, Cinquini, Galbiati, Pradè, Brocchi, Costacurta. Mi ha chiamato anche Cassano, ma di questo parliamo più tardi». L'ex tecnico di Roma e Milan ha rilasciato un'intervista alla Gazzetta dello Sport. Ecco le sue dichiarazioni:

Si discute sulla ripresa dell’attività.

«Ripartire sarebbe molto bello. Qualche settimana fa non riuscivo a parlare di calcio: di fronte ad immagini come quelle delle bare trasportate dai camion militari nelle strade di Bergamo, sarebbe stato offensivo. Ora mi sento di affermare che lo sport manca a tutti e rimettersi in moto può aiutare il paese, anche sul piano psicologico. Credo che concerti, cinema e teatri saranno vietati a lungo. Le partite, ovviamente a porte chiuse, offriranno la miglior forma di svago. Poi c’è il discorso economico. Il calcio è un’industria importante. Nella sua filiera non ci sono solo allenatori e calciatori, ma anche migliaia di lavoratori del cosiddetto indotto. Queste persone, con l’attività sospesa, sono in difficoltà economica».

Giocare in alcune regioni che hanno avuto meno problemi con il Covid-19 è un’ipotesi praticabile?

«Se i protocolli di sicurezza vengono seguiti alla lettera, si può giocare anche in Lombardia, Veneto e Piemonte. La cosa importante è rispettare le regole sanitarie».

Anche il calcio non sarà più lo stesso.

«Il mercato sarà stravolto, ma eravamo arrivati a cifre folli. Si tornerà su livelli più ragionevoli. Anche qui serviranno dirigenti illuminati per rimettere il moto il sistema. Gli egoismi rischiano di essere distruttivi».

Se la Serie A dovesse ripartire, come si immagina il finale?

«Difficile, se non impossibile, fare previsioni. L’unica certezza è la classifica: Juve e Lazio divise da un punto, Inter all’inseguimento. Tutto il resto è un’incognita. Quale sarà lo stato di forma dei calciatori? Correre sul tapis roulant, o allenarsi in palestra, aiuta a mantenere il peso, ma per giocare è fondamentale il lavoro con il pallone».

Juventus e Inter potrebbero pagare i viaggi a casa dei campioni stranieri?

«In teoria sì, ma risolveranno il problema».

Nel mercato virtuale di questi due mesi si è parlato molto di Lautaro Martinez.

«Al suo posto, resterei all’Inter. A Barcellona rischia di fare anticamera. Aggiungo: mi pare che in Spagna l’unica squadra che non uscirà a pezzi da questa vicenda è il Real Madrid. Barcellona e Atletico Madrid pagheranno un conto salato».

Ibrahimovic si è allenato a Hammarby, in Svezia, dove ha giocato anche una partitella e segnato.

«Conosco bene Ibra e so quale sia il suo desiderio di continuare ad essere protagonista. A uno come lui, nonostante i 39 anni in arrivo, questo Milan non può rinunciare».

Un calciatore che pure in un mercato più realistico meriterebbe una follia?

«Harry Kane del Tottenham. E’ una follia più praticabile rispetto a Mbappé, la follia delle follie».

De Rossi ha citato Capello come modello di gestione. Anche lui vuole allenare.

«De Rossi è un ragazzo estremamente intelligente e ha giocato a centrocampo, il reparto che ha fornito i migliori tecnici. Ricordo il giorno in cui lo feci esordire nella Roma, in Coppa Italia contro la Triestina, insieme ad Aquilani, nel 2002. Aquilani sembrava più pronto e giocò dall’inizio. Poi entrò De Rossi che, oltre ad entrare in campo con incredibile personalità, segnò su rigore nella lotteria finale. Dopo la partita dissi ai dirigenti: “questo ragazzo resta con noi, non va da nessuna parte”».

La telefonata di Cassano?

«Poco tempo fa ha dichiarato di essere profondamente cambiato dopo il matrimonio. Quando mi ha cercato per salutarmi, gli ho detto: “Non potevi sposarti a 21 anni?”. Antonio è il mio grande rammarico. Lo avevo voluto alla Roma per il suo talento straordinario».