"Lotito pensa di avere una squadra imbattibile, si prenda il tricolore, lasciamogli questa idea". Queste le dure parole rilasciate ieri dal presidente del Brescia, Cellino, contro il patron della Lazio. La posizione in Serie A è ormai chiara: Lotito e De Laurentiis vorrebbero riprendere gradualmente gli allenamenti, idea che non piace invece agli altri club che vorrebbero aspettare almeno il 4 aprile. La risposta al patron delle Rondinelle è arrivata puntuale, la firma è di Arturo Diaconale, responsabile della comunicazione della Lazio. 

Lazio, la risposta a Cellino

Questo il testo del post Facebook di Arturo Diaconale che ha fatto il punto della situazione sul momento del calcio italiano: "Di sicuro l’interruzione dei campionati, da quelli professionistici a quelli dei giovani dilettanti, è servita a dimostrare all’opinione pubblica del Paese lo stato di gravissima emergenza in cui la pandemia ha posto l’intera penisola. Naturalmente il provvedimento di blocco ha avuto come giustificazione principale la necessità di frenare i contagi impedendo gli assembramenti negli stadi. Ma accanto a questa ragione oggettiva c’è stata anche quella di convincere gli italiani che è arrivato il momento delle grandi rinunce e dei grandi sacrifici. Così come il blocco del calcio è servito a dare la dimensione concreta dell’emergenza, la sua ripresa diventerà inevitabilmente il segno che il ritorno alla normalità non è affatto impossibile".

"Chi pensa che ipotizzare la ripresa dei campionati sia un attentato alla salute pubblica non tiene conto che accanto alla salute fisica dei giocatori e dei tifosi c’è anche la loro salute mentale da tutelare e, soprattutto, c’è da preservare la salute economica di un settore che rischia di essere devastato in maniera indelebile dall’emergenza Coronavirus. Senza riapertura dei campionati le perdite del settore, da distribuire tra tutte le società, potrebbero superare il mezzo miliardo di euro

Qualcuno si augura che questo disastro si realizzi nella convinzione che una volta estirpato il dio denaro il mondo del calcio diventi di colpo virtuoso. Ma non è mai successo che i fallimenti a raffica abbiano provocato palingenesi salutari. Normalmente i fallimenti provocano delusioni, disoccupazione e, con la fine del panem e dei circenses, anche l’esaurirsi della funzione sociale di uno sport che è diventato anche industria dello spettacolo. Sperare nel ritorno alla normalità, quindi, non è una forma di egoismo di bottega ma un segnale di buon senso e di ottimismo. Di vittoria sulla pandemia. Ma per tornare alla normalità bisogna volerla e cercare di ricrearla, magari con la ripresa degli allenamenti ma sempre nella garanzia assoluta della salute dei giocatori e del pubblico. Chi non la vuole pensa che il perdurare dell’emergenza anomala lo possa favorire. Come i pescecani delle guerre passate che si arricchivano mentre gli altri morivano! Per frenare i loro egoismi non c’è che da ribadire l’assoluta necessità di portare a termine i campionati per scongiurare i fallimenti e trovare una intesa tra le società sulla data possibile della ripresa dando così un segnale di speranza ad un Paese che ha assoluto bisogno di tornare a vivere in un clima più sereno e meno paranoico di quello presente".