Marco Borriello resterà ancora una stagione al Cagliari, per lui rinnovo automatico dopo l'ottima annata nella quale ha messo a segno 16 gol in campionato.
il 35enne attaccante ha così parlato ai microfoni di Premium Sport, intervistato da David Trezeguet.
Il racconto della sua carriera tra gol, infortuni e qualche litigio: "Ho vissuto a Napoli fino a 14 anni, andare a scuola per me era una tragedia. La maestra spiegava e io pensavo alle rovesciate e ai tiri che dovevo fare con i miei amici del quartiere. Nell'aprile del 1998 venne a vedermi Franco Baresi, responsabile del settore giovanile del Milan all'epoca, e feci una partita stupenda da esterno sinistro. A Napoli non vedevo futuro, mia mamma era contenta di mandarmi al Nord, perché avevo delle amicizie un po' così.
L'allenatore della Primavera del Treviso mi spostò centravanti e feci tanti gol, mi sono sempre sentito attaccante. Da lì mi mandarono alla Triestina e io avevo un entusiasmo incredibile, i miei compagni mi volevano bene perché io correvo anche per loro.
Poi andai al Milan nel 2001, Galliani in ritiro presentò tutti i giocatori e mi fece cantare Malafemmena, ebbi tanti applausi. Quell'anno esordii, Nesta, Maldini e Kaladze mi picchiavano in allenamento, ma mi apprezzavano. Andai a Empoli, segnai il primo gol in A e tornai al Milan, non dico che ho perso un anno, ma giocare è importante.
Al Genoa ho avuto la possibilità di conoscere Gasperini, per me, assieme a Conte, uno dei migliori allenatori mai avuti. Segno 19 gol fino a 7 giornate dalla fine, ad aprile firmo un contratto importante di 5 anni col Milan. E lì mollo un po’ e perdo la classifica cannonieri. E' stato uno dei più grandi rimpianti della mia carriera. Vado al Milan e quell’anno lì inizia l’Isola dei Famosi, io accuso dolore al flessore, ma dicono che non ho niente, facendolo passare come se avessi un problema psicologico per la storia con Belen. Invece ero stirato e sono arrivato a un punto in cui mi sono strappato il muscolo. Con Leonardo in panchina ho segnato 15 gol. Lui aveva tanta fiducia in me e lasciava spesso Huntelaar e Inzaghi in panchina.
Arriva l’estate, il Milan poteva prendere Ibra e Robinho, ma doveva liberarsi di me e Huntelaar. Non volevo andare via, non lo perdono a Galliani e me lo comunica nel modo sbagliato minacciandomi di escludermi dalla lista Champions, così con un po’ d’orgoglio mando tutti al diavolo e me ne vado a Roma firmando un contratto di 5 anni. A Trigoria ho ricevuto una accoglienza importante, segno 17 gol in 6 mesi. Poi arriva Montella, dopo l’esonero di Ranieri, sbaglio un rigore in Champions, si crea polemica intorno a me e vengo messo fuori.
Alla Juve segno un gol importante al Cesena per la conquista dello scudetto, ma tra contratto e cartellino decidono di investire su altri. Ritorno al Genoa e segno 12 gol. Successivamente ritorno ancora alla Roma, sono protagonista delle 10 vittorie consecutive, ma a gennaio torna Destro e loro mi dicono che sarei stato il terzo attaccante. Mando tutti al diavolo, accetto la prima squadra che cercò. Ero schifato da tutto e me ne andai al West Ham, ma a marzo mi feci male.
Torno per l’ultimo anno a Roma, ho fatto 7 mesi senza fare una partita e l’anno dopo ho fatto 3 mesi di vacanza per staccare completamente, ma allenandomi.
Si fa avanti il Carpi, inizio bene, ma la squadra non è forte, capiscono che non ce l’avrebbero fatta a salvarsi e decidono di mettere fuori rosa tutti quelli che guadagnavano di più. Ho un ricordo dei dirigenti del Carpi davvero orribile, della gente no. Da lì vado a Bergamo, mi sono trovato da Dio.
In estate ho lanciato un appello a Ibiza: ‘Chi vuole allenarsi con me?’. Ne arrivano a centinaia. Arriva la chiamata del Cagliari, dopo due giorni ho fatto 4 gol, io ero allenato davvero“.