Parte dall'addio all'Atalanta l'intervista concessa alla Gazzetta dello Sport da Andrea Masiello, passato a gennaio al Genoa: "Scelta sofferta, presa di comune accordo. E ringrazio il Grifone, che mi ha voluto fortemente. Vivo vicino al mare, lo vedo dalla finestra. Sto ultimando i lavori della casa, interrotti per il virus: per fortuna esistono le piastre a induzione, un salvagente in questo momento…"

Sull’ambiente rossoblu: “Caldissimo, come sempre, con una tifoseria pazzesca. E nello spogliatoio c’è aria positiva. Speriamo di ritrovare l’entusiasmo che ci accompagnava prima dello stop. Nicola? Il mister mi ha trasmesso la sua determinazione per centrare la salvezza, a livello tecnico è preparatissimo. Inoltre è una persona schietta, umana: come me. Nel gruppo mi sento un po’ il “vecchietto”, un leader che non detta legge, ma che cerca di far capire ai giovani che prima del calciatore c’è l’uomo".

Sul trasferimento a gennaio: “Premetto che con l’Atalanta mi sono lasciato bene, però non è mai semplice stare fuori: a 34 anni volevo essere ancora protagonista e non avrei mai voluto rappresentare un peso per nessuno”.

Sulla notte con l’Everton: “Penserei a quel gol, il primo dopo il ritorno in Europa: fu un premio per i sacrifici fatti nella mia carriera. Che notte, da incorniciare: la porterò nel cuore ogni giorno. Il significato di Kharkiv? Aver giocato il match più importante di sempre, per me e il club: la qualificazione è storia. Eravamo carichissimi già in ritiro, volevamo farcela. E non ci siamo fatti intimorire da niente e nessuno. Io stavo bene, nonostante non giocassi da mesi".

Coronavirus: "Persi amici e persone care"

Sul salvataggio contro il Napoli: "Se avessero segnato il 2-0 sarebbe finita. Poi rimontammo restando in piena corsa per la Champions League. Non mollai di un millimetro, mi feci male, ma quella palla valse come un gol segnato. La finale di Coppa Italia con la Lazio? È una sconfitta che brucerà a lungo. Le lacrime al 90’ furono di dispiacere per la gente che arrivò da Bergamo. Onestamente, nonostante la forza della Lazio, avremmo meritato la Coppa".

Nel corso dell’intervista, inevitabile un pensiero per la città di Bergamo: “Abbiamo perso amici e persone care, tutte innocenti. Speriamo si possa tornare alla normalità il prima possibile. Io e la mia famiglia, nel nostro piccolo, siamo stati vicino all’ospedale Papa Giovanni XXIII: è stato un piacere, oltre che un dovere, dare una mano".

Sul futuro: “Mi godrò gli ultimi anni, rispettando il contratto con il Genoa. E alla fine farò delle valutazioni in base alla forma e alle motivazioni. Sogno di allenare, studierò per questo. Dove vivrò? Beh, sto costruendo casa a Bergamo..."