Era stato accolto come un eroe, poi qualcosa si è rotto: l'avventura con il Wolverhampton, per Walter Zenga, si è chiusa prematuramente, per un tecnico che in Europa ha avuto più di una difficoltà a confrontarsi con la realtà di un progetto duraturo nel tempo. L'ex portiere nerazzurro continua però ad avere un sogno nel cassetto: allenare l'Inter. Ed è così che, quando il suo esonero è stato ufficializzato, pochi giorni dopo quello di De Boer, Zenga ci aveva creduto, quasi come fosse un segno del destino. Questa la confessione alla GdS: "Nei giorni dei colloqui avevo pensato a una combinazione del destino: via io dal Wolverhampton, via De Boer dall'Inter. Non sono falso e neanche ipocrita: ci avevo sperato sì, anche stavolta".  

IL RAPPORTO CON GULLIT - "Ci frequentavamo anche fuori dal campo, Roberta e Cristina erano amiche. Forse la prima volta che venne a casa mia: lo vidi in controluce sulla porta e pensai 'Ma quanto è grosso?'.Era avanti con la testa. Ed era leale, come Van Basten, come Rijkaard. Per questo si inserirono bene nel clima di rispetto che c’era fra noi nazionali interisti e milanisti: ci si menava, ci si mandava a quel paese, ma sapevamo vincere e perdere".

DONNARUMMA - "Diventerà il più forte, ma faccio il pignolo: solo se migliorerà in due cosine, ovvero la chiusura del suo palo e la gestione delle situazioni veloci nell’area piccola. Io a miei tempi, poi Buffon e domani lui: il miglior portiere del mondo sempre italiano. Bello, per il nostro calcio. Donnarumma o Handanovic? Hanno una caratteristica particolare: ci mettono la faccia nell’uno contro uno. Davanti, in mezzo alle mani".