Umberto Calcagno fa il punto. Il presidente dell'Aic, ai microfoni di "TMW", ha parlato dei tanti punti critici nel rapporto tra calcio e pandemia, soffermandosi in particolare sulla questione settori giovanili e mondo dilettantistico nel suo complesso.

Sulla riforma del lavoro sportivo

"Quanto contenuto nelle bozze viste fino a oggi e nelle comunicazioni ministeriali, ci lascia ben sperare. Il mese scorso abbiamo incontrato il ministro Spadafora per manifestargli vicinanza e sperare che questo percorso così lungo nella tutela dei diritti possa arrivare a compimento. C'è un problema di sostenibilità oltre quello delle tutele, e il ministro la cosa ce l'ha ben presente: ci saranno misure di accompagnamento verso questo lavoro sportivo. Un po' come quanto messo in piedi per le ragazze di Serie A, per il cui status di professioniste abbiamo fatto passare oggi una delibera e che godranno di 11 milioni di euro di risorse per la transizione verso il professionismo. Il ragionamento è di sistema".

Sui settori giovanili

"Preoccupato? Lo sono, nella misura in cui oggi abbiamo difficoltà nel far praticare lo sport ai nostri figli. Il nostro impianto statale ha sempre demandato alle società dilettantistiche e alle piccole associazioni lo sport sul territorio, ed aiutare loro significa poi beneficiare in futuro a livello collettivo. Se la pandemia non ci facesse riprendere velocemente, rischieremmo di perdere presidi basilari nelle nostre città".

Sul taglio degli stipendi

"Parlare di stipendi, anche a livello giornalistico e mediatico, è di più facile lettura. I calciatori professionisti nella prima fase della pandemia hanno fatto la loro parte, e ci rendiamo tutti conto di quanto il paese stia soffrendo. La nostra posizione è che tutti debbano fare la propria parte, scindendo realmente cosa derivi dal Covid e cosa il mondo professionistico patisca per scelte o per mancate riforme auspicate da tempo. Se da una decina d'anni non riusciamo a capire che una distribuzione diversa delle risorse rispetto a oggi è l'unico partenza, si rischia di creare situazioni sterili anche a livello programmatico. Mi auguro si prenda spunto dalle difficoltà, e che si guardi intorno a noi, in Spagna, Germania o Inghilterra e alla mutualità che hanno e che riversano verso la loro base. Lo sport non può prescindere dall'aspetto solidaristico, o si creerà un divario sempre superiore".