Giacomo Raspadori, attaccante del Napoli, ha raccontato i suoi primi mesi in azzurro nel corso di un'intervista concessa alla Gazzetta dello Sport. Queste le parole della punta ex Sassuolo.

Intervista a Giacomo Raspadori


Passaggio al Napoli? 
«Un’emozione forte. Non avevo giocato tanto ad altissimo livello. C’erano altri club, ma il Napoli ha avuto più fiducia».
Cos’ha imparato in sei mesi?
«Ad avere consapevolezza di me stesso. Sicurezza. Sono un timido emotivo, anche se non sembra. La Champions subito, gli allenamenti intensi, la pressione, il risultato che conta molto di più: un inizio che fai fatica a sognare».
Vuole giocare di più?
«Normale, essendo ambizioso. Ma la nostra forza è sentirci parte del gruppo, tutti titolari quando siamo chiamati in causa».

Raspadori sul ruolo in campo



Centravanti, falso 9, trequartista, seconda punta... Troppi ruoli forse?
«No, anche se la mia posizione naturale è al centro, dove ho cominciato: prima punta o trequartista. Diciamo un 9 e mezzo».
Lippi ha detto che gli ricorda Dybala, per Savoldi è il nuovo Mertens, lei ha detto di sentirsi «un po’ Mancini e un po’ Vialli»...
«Penso di avere qualcosa di tutti questi simboli».
Per Mancini lei potrebbe essere una mezzala…
«Anche per Spalletti. L’ho fatto in allenamento e in amichevole, sono entrato così con la Lazio all’Olimpico. Mi sento più attaccante, ma posso migliorare, più Zielinski che Anguissa. Se un altro ruolo mi fa giocare di più, perché no?».
Perché nel Napoli qualunque attaccante segna a ripetizione?
«Perché il calcio che sviluppiamo fin dalla rimessa in gioco di Meret ha un solo obiettivo: il gol. Non conosciamo retropassaggi, andiamo in profondità, creiamo situazioni offensive. Spalletti ha capito che, per le nostre caratteristiche, era più facile arrivare al risultato attraverso il bel gioco».

Raspadori sugli obiettivi


Scudetto?
«Sarebbe ipocrita non parlarne. Una grande occasione costruita con il lavoro di tutti i giorni. È dalla prima giornata che ce lo siamo messo in testa, la mentalità è stata quella giusta, pazzesco l’affetto dei tifosi. Viaggiamo senza mai ricordare di avere dieci, quindici punti di vantaggio, pensando solo a farne altri tre nella prossima. E se gli avversari perdono non ne parliamo».
Champions? 
«Altra grande occasione. Se manteniamo concretezza e spensieratezza, in Europa non ci sono limiti. Questione di mentalità, guardiamo solo noi stessi. L’Eintracht è una squadra europea, sempre all’attacco, testa sgombra. Non so se siamo favoriti, ma abbiamo tutto per superare il turno».