Oggi  uno dei centrocampisti più ambiti, titolare del Chelsea e della Nazionale Italiana. Tuttavia, la carriera di Jorginho è stata tutto fuorché facile. L'italo-brasiliano racconta alcuni retroscena della sua gioventù sui sito ufficiale dei Blues.

GLI ESORDI - "Giocavo un torneo in Brasile e un agente mi ha notato. Mi ha portato alla sua scuola, a 200 km da dove vivevo. Ci sono stato per due anni, l'idea era che quando pensava che qualche ragazzo fosse abbastanza bravo lo mandava in Italia. Con me è successo a 15 anni, mi ha organizzato un provino al Verona e mi hanno preso".

DAL SOGNO ALL'INCUBO - "Trasferirmi in Italia all'inizio è stato facile, stavo vivendo il mio sogno. Poi è iniziata la routine: allenamento, scuola, casa, scuola, allenamento. È tutto quello che ho fatto per 18 mesi, avevo 20 euro per vivere in settimana e non potevo fare altro. Mi allenavo e andavo a scuola, e basta.

Giocavo nella Berretti del Verona, lì ho conosciuto Rafael e siamo diventati amici. Mi ha chiesto come me la passassi e gli ho detto che vivevo con 20 euro a settimana. Ha detto 'Aspetta un attimo, qualcosa non torna'. Ha fatto alcune ricerche e ha scoperto che il mio agente prendeva soldi senza che io ne sapessi niente.

A quel punto volevo mollare, ero completamente devastato. Ho chiamato casa in lacrime e mia madre mi ha detto che ero così vicino al traguardo, che non dovevo tornare, che dovevo tenere duro. Così sono rimasto, ho continuato ad allenarmi con la prima squadra. Potevo rimanere nella Berretti, ma a quel punto sono voluto andare in prestito, in C2, alla Sambonifacese".

LA SCALATA - "Quando l'anno dopo sono tornato al Verona, nel frattempo promosso in Serie B, il tecnico Mandorlini mi ha detto che non avevano bisogno di me, che avevo giocato soltanto in C2. Uno dei dirigenti che conoscevo si è impuntato per me, ha discusso col tecnico. A ottobre non avevo ancora mai giocato e pensavo di andarmene a gennaio, poi il titolare nel mio ruolo si è infortunato e anche la sua riserva naturale era out. Il tecnico non sapeva se improvvisare o scegliere me. Ho giocato io e ho fatto bene, sono rimasto e da allora lui mi ha aiutato molto e ha fatto tanto per me".