Lunga intervista concessa al "Corriere dello Sport" dal difensore del Napoli Kalidou Koulibaly. Ecco i passaggi principali: "Sono cresciuto leggendo Martin Luther King e Malcom X, prendendoli come modelli, istruttori ed educatori, simboli di una sfida che va vissuta insieme e, nel nostro caso, soprattutto attraverso le leggi. Il razzismo negli stadi va sconfitto ma per riuscirci, ancor prima che leggi nello Sport, serviranno quelle dello Stato, deterrenti che aiutino a frenare queste insane abitudini: si faccia come in Inghilterra, si proceda con le espulsioni, anche a vita se necessario, altrimenti rischieremo di essere prigionieri di minoranze che potrebbero moltiplicarsi. Episodi a Roma e Milano? Se la ferita dell'Olimpico si rimarginò quasi in fretta, perché ritenni che quel giorno fossimo in presenza di un caso, a San Siro rimasi stupito: perché Milano è città più cosmopolita, nell'immaginario la più europea delle città italiane. Non riuscii a capire, in ognuno dei due casi, perché mai ci fosse quell'atteggiamento nei miei confronti. Come non riesco a farmene una ragione quando capita ad altri".

"Razzismo anche dare dello zingaro a Mihajlovic, insultare Insigne e invocare il Vesuvio? Ne sono pienamente convinto, perché la discriminazione non riguarda solo il colore della pelle. A me fanno il verso della scimmia, a Mihajlovic l'offesa riguarda le origini. Ed è grave, insopportabile. Ho provato, a volte, con Insigne, a tranquillizzarlo: dai, passa. E invece ho sbagliato: passerà se ci opporremo, se ci saranno interventi seri. Offendere Lorenzo, che è un patrimonio del calcio e non solo un nostro giocatore, che è uno dei talenti della Nazionale, significa voler offendere l'Italia stessa, avercela con il tuo vicino, con chi ti appartiene".

"Genk? Quella è casa mia. Ricordo ogni passaggio di quella esperienza, ho amico ovunque, sono stato sommerso dalle telefonate. Se m'avessero detto, nel 2012, che sarei arrivato nel Napoli, che avrei giocato la Champions, io avrei pensato che mi stessero prendendo in giro".

"L'amore di Napoli? Napoli non ti tollera, ti ama. Ne ho avuto testimonianza e ripetutamente, non solo nei momenti felici che ti regala il calcio ma anche nella quotidianità. Una delle giornate dure, quella dopo l'autorete con la Juventus me l'ha addolcita la gente. Mi sono ripreso? Molto in fretta. L'1-0 del 22 aprile? Ho sentito vibrare Napoli in ogni angolo del mondo".

"Napoli mi si apre con una telefonata di Benitez? E sapete come è andata: ciao, sono Rafa Benitez, e io mettevo giù, pensando fosse uno scherzo di un amico. E invece era proprio lui. Il primo incontro, mi lasciò senza parole: mise i bicchieri, undici, sul tavolo, e disse: noi giochiamo così, ci muoviamo così. Che matto! Se lo sento ancora? Persona straordinaria, che ha creduto in me ed ha fatto di tutto per volermi qua. Gliene sarò grato per sempre".

"Anche Sarri non scherza a follie? Mandandomi in panchina la sera in cui nacque Seni, dopo che avevo lasciato mia moglie in ospedale. Però il legame rimane: Benitez lo devi frequentare per accorgerti che può essere diverso da come immagini. Sarri no, lo percepisci subito".

"De Laurentiis ha rifiutato 100 milioni per me? E ha fatto male, ora sarebbe più ricco... Ma ha deciso così perché mi vuole bene. Forse perché ne valgo 150? Questa è buona... Il mercato è strano, è fatto così".

"Chi vince lo scudetto? Il Napoli. Noi ci crediamo, la sconfitta di Torino non lascia tracce. E poi il campionato è appena cominciato".