“Fallo e pena devono avere corrispondenza tra loro, siamo sempre in tempo: fermiamoci prima di deragliare”: continua a far discutere anche dopo questo weekend di campionato l’approccio degli arbitri italiani al fallo di mani in area.

Scopo e sanzione devono essere chiari

A spiegare cosa succede alla Gazzetta dello Sport è l’ex designatore Paolo Casarin: “Succede che, come sempre, le indicazioni di Fifa e Ifab sono uguali per tutti e poi vengono adottate con tempi, modi e perplessità variabili. Un esempio: tra il 92 e il 93 furono inasprite le sanzioni per il fallo da ultimo uomo anche per i portieri con l’espulsione. Scopo e sanzione erano chiare: il numero di gol a partita era crollato a 2,1. Ci volle tempo ma la regola fu gradualmente aggiustata e assimilata. Così con i falli di mano: perché non è tutto un rigore in Germania e Inghilterra? Intanto perché sono più cauti in area e poi perché se una regola è sbagliata la si interpreta e si lavora per modificarla”.

Regole da valutare

Sulle possibili soluzioni: “Continuiamo questo processo, valutiamo le regole, interpretiamole in maniera chiara e sensata e cerchiamo anche di modificarle. Cos’è questo fortissimo rispetto delle regole? Se è necessario cambiare si cambia. Il rischio? Che i rigori finiamo per crearceli. Se basta un contatto di braccio non è così difficile che io provi a tirare sul braccio di qualcuno. E quindi bisogna tutelare anche la figura e la funzione dell’arbitro che deve recuperare prerogativa e capacità di valutazione”

Numero esagerato di gol

Su Giacomelli: “Non ha avuto bisogno del Var, che è lì per gli errori e per quello che non puoi vedere. Lui ha visto e ha interpretato in maniera rigida ma corretta una regola. E poi rischiamo di fare un numero esagerato di gol e non è un pregio. Se diventa così facile ottenerli si annulla la fase difensiva e il ruolo dei difensori”.

Impossibile rinunciare alla volontarietà

Colpa dell’approccio polemico tutto italiano? “I numeri parlano: qui siamo a 0,5-0,6 rigori a partita, in Germania uno ogni sei. Il vulnus è uno solo: non si può rinunciare ai criteri di volontarietà e involontarietà. Pensiamo al Lecce: 12 rigori subìti e 13 rigori tirati. Cosa farà mai questo Lecce? Se tutte le 20 squadre avessero numeri simili faremmo il campionato dei rigori…”.

Getty Images
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