Lunga e bella intervista per Carlos Tevez, che si apre a 360° in una interessante chiacchierata rilasciata a fifa.com. Nella quale si racconta anche della morte dell'amico di una vita, Dario Coronel, altro calciatore. Nel Barrio Darío giocava col numero 10, Carlitos col 9. A 11 anni andarono entrambi a un provino del Vélez: dei due solo Coronel fu preso. “Erano sempre in competizione per la classifica dei cannonieri e litigavano perché non si passavano la palla, ma si volevano bene”, ricorda Yair Rodríguez, uno dei vecchi compagni di squadra. Un giorno, braccato dalla polizia, si uccise con un colpo di pistola alla tempia.

Questi i tratti salienti.

 

L'INFANZIA DIFFICILE. "In Argentina è stato difficile. E' difficile far capire alla gente ho visto e vissuto a Fuerte Apache, dove sono cresciuto. Lì ognuno fa quello che vuole, senza regole. Sono cresciuto in un posto dove la droga e gli omicidi erano all'ordine del giorno. Ho fatto esperienze dure, crescendo molto in fretta. Fortunatamente la vita mi ha permesso di fare una scelta. Non so se essere cresciuto in quell'ambiente ha fatto di me un calciatore più battagliero, ho sempre giocato a modo mio ma è possibile".

A FUERTE APACHE SI UCCIDE. "Una volta a Fuerte Apache ti derubavano e ti lasciavano andare via, oggi dopo ti uccidono. Pensano tutti alle proprie vite e non a quelle degli altri. Dobbiamo mostrare alla gente che ci sono anche ragazzi per bene, come noi, che giocavamo con le palle fatte di stracci".

 

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L'AMICO SUICIDA. "Se oggi ripenso a Dario Coronel, ricordo il mio miglior amico, eravamo sempre insieme. Lui purtroppo ha scelto un'altra strada, quella della criminalità, forse quella che sembrava più semplice".

LO SBARCO A TORINO. "Dopo otto anni a Manchester, ho ricevuto una grande accoglienza qui a Torino, anche se qui la gente è più tranquilla rispetto ad altre parti d'Italia come Roma e Napoli dove la passione è più forte".

L'EREDITA' DELLA 10 DI DEL PIERO. "Non ne sento il peso anche se è molto importante per me, non mi metto addosso altra pressione per sentirmi degno di questa maglia, altrimenti diventerei matto e non potrei fare il mio lavoro nel modo giusto".