Nelle precedenti settimane Walter Mazzarri aveva rilasciato una lunga ed interessante intervista alla stampa giapponese, in particolar modo al World Soccer Digest. Questi i tratti salienti della versione integrale dell'intervista, resa nota solo oggi per intero.
Dopo le prime anticipazioni, è stata anche rilasciata la versione integrale di tale intervista, in cui l’ex tecnico nerazzurro dichiara che “se penso al mio cammino, se teniamo conto da dove sono partito, non so chi abbia fatto meglio di me negli ultimi 10 anni. Per me è stato clamoroso sia conquistare la qualificazione in Champions e Coppa Italia nella stessa stagione, sia ottenere la salvezza con la Reggina partendo da -15 in classifica. Credo che la gavetta alla fine, dopo tanti sacrifici, ripaghi di tutto. Ho allenato Acireale, Pistoiese, Livorno, Reggina, Sampdoria, Napoli e Inter, è stato un percorso da autodidatta, sempre con poco budget a disposizione, e se mi devo riconoscere un pregio, è la capacità di spingere tutti oltre il limite a partire da me stesso”.
Cosa pensa della sua avventura nerazzurra?
“Ho preso la squadra alla fine di un ciclo. Era arrivata nona in campionato. Dovevamo riprogrammare e c’erano nove giocatori in scadenza, in più un tetto ingaggi ridotto. Abbiamo conquistato il quinto posto e siamo tornati in EL, quest’anno l’obiettivo era la CL e ci saremmo arrivati se mi avessero consentito di continuare“.
Perché dice questo?
“Lo dico in base alla mia esperienza e in base alle cose che vedevo lavorando ogni giorno. Quando mi hanno esonerato eravamo a cinque punti dal terzo posto. E c’erano dati statistici che mi davano ragione, stavamo recuperando i titolari reduci dagli infortuni del Mondiale”.
Che dati sono?
“Prima del mio esonero eravamo sempre tra terzo e secondo posto. Poi ci sono i dati sulla supremazia territoriale: la mentalità trasmessa al gruppo era propositiva, l’esatto contrario di ciò che veniva fatto passare dai media. Giocate utili? Eravamo al secondo posto in tutto il campionato. Occasioni create eravamo solo dietro a Juve e Napoli, non eravamo messi bene invece quando si trattava di essere precisi con il tiro, eravamo al 17esimo posto. Ma stavamo recuperando Palacio e potevamo fare mercato a gennaio”.
Il rapporto con i presidenti dell’Inter come è stato?
“Sono un tesserato dell’Inter fino al giugno 2016 e non posso rilasciare dichiarazioni in questo senso”.
Crede che l’ambiente abbia influenzato Thohir quando ha deciso di esonerarla?
“Non c’erano i presupposti per un esonero sportivo. Sulla situazione ambientale ho una mia idea. Ma tutti fanno finta di nulla. Non aggiungo altro”.
Cosa c’era da migliorare nella sua Inter?
“Come detto c’era da migliorare dal punto di vista realizzativo, aggiungendo un pò di qualità ad una rosa che era stata costruita facendo attenzione alle risorse economiche”.
Parliamo del mercato che avrebbe voluto fare. Aveva chiesto Luis Gustavo, Lamela e Jovetic…
“Per serietà professionale sui nomi non posso confermare, unica cosa che posso dire è che mi sarebbe piaciuto come progetto tattico poter giocare a 4 dietro con un vertice basso a centrocampo come fa De Rossi nella Roma, due interni, e due mezze punte ad infilarsi con una punta centrale, diciamo un 4-3-2-1. In allenamento abbiamo anche provato questo tipo di situazione ma ho visto che con la rosa a disposizione non eravamo pronti”.
Che rapporto ha avuto con i due giocatori giapponesi allenati, Nakamura e Nagatomo?
“Un rapporto splendido. Nakamura è un ragazzo d’oro. Lo rilanciai alla Reggina e poi venne ceduto al Celtic, portando alla più grande plusvalenza della storia del club. Nagatomo è un grande giocatore, grande professionista e uomo straordinario. Con entrambi il rapporto era fondato sulla stima e sul rispetto”.
Cosa pensa delle novità del calcio europeo? Quali squadre apprezza?
“Mi piace molto il gioco espresso dalle squadre di Guardiola, prima al Barcellona, ora al Bayern. Palla a terra e calcio propositivo. Per giocare un calcio così servono giocatori di qualità, ma devo ammettere che proprio Guardiola mi fece i complimenti per come giocava il mio Napoli“.
Crede di essere burbero?
“Sono solo luoghi comuni. Chi mi conosce alla fine arriva ad amarmi, mi segue e si diverte. Chi lavora con me arriva a capirmi e scopre dettagli sconosciuti, il mio vero lato. L’immagine che viene fuori dalla tv magari è di un Walter Mazzarri diverso da quello che sono in realtà. Sto lavorando anche su questo, si può sempre migliorare”.
Per i suoi colleghi lei è un antipatico, è vero?
“In questo lavoro c’è grande competizione e quindi non c’è posto per amicizie vere. Posso telefonare a un tecnico che stimo per confrontarmi su questioni legate al campo, ma nulla di più, finisce lì. Non creo rapporti profondi con allenatori che non allenano e che magari vorrebbero essere al mio posto perché sarebbe tutto costruito e falso, non è da me. Non mi piacciono i rapporti ipocriti, preferisco non averne. Ho ottimi rapporti invece con allenatori come Ancelotti e altri con cui ho avuto modo di confrontarmi, notando grande sintonia. E’ tutta questione di rispetto: se tu mi rispetti, io ti rispetto”.
Come sono stati questi mesi dopo l’esonero?
“Attualmente valuto tutto con molta calma. Le proposte non mancano (società italiane e stranieri hanno mostrato interesse per l’allenatore, ndr), ma sono ancora sotto contratto con l’Inter fino a giugno 2016. Ho tutto il tempo per fare la scelta migliore. Andrò dove potrò avere motivazioni forti“.
Futuro lontano dall’Italia come Capello, Zaccheroni, Spalletti, Ancelotti e Trapattoni?
“Mi sto perfezionando nello studio dell’inglese con un professore madrelingua proprio per questo motivo, ma non è detto che io non vada a frequentare dei corsi in paesi di lingua inglese. Per la mia filosofia di gioco comunque mi attira molto la Liga. Non mi precludo nulla, andrò dove troverò un’idea affascinante e dove potrò avere gli stimoli giusti”.
Ha staccato la spina?
“Dopo tanti anni passati a spingere sull’acceleratore ora sto rifiatando e ho più tempo per me. E’ una gran cosa”.
All’Inter si criticava spesso la sua filosofia di gioco, considerata “provinciale” e poco spettacolare. Vuole replicare?
“La mia vita è contraddistinta da studio e invenzioni. Ritengo che l’allenatore sia un creativo. Tutte le mie squadre, dalla C2 alla Champions League, hanno avuto sempre un comune denominatore e la mano dell’allenatore si è sempre vista, non sono solo io a dirlo. Questo vuol dire che i calciatori mi hanno sempre seguito. Al di là dei detrattori, gli addetti ai lavori hanno riconosciuto come nelle mie squadre, compresa anche l’Inter, ci fosse sempre un’organizzazione di gioco precisa e propositiva. La Juve di Conte con la difesa a tre ha vinto due scudetti consecutivi e cambiò modulo per adeguarsi al nostro tipo di gioco, altro che provinciali. I dati sono inconfutabili. Per alcuni però anche la matematica diventa un’opinione e non c’è peggior cieco di chi non vuole vedere. Io so come funziona: i preconcetti sulla persona sono in grado di distorcere la realtà“.