Dopo aver condotto il Genoa alla salvezza, Patrick Vieira pensa al suo futuro sulla panchina rossoblu.

Il tecnico dei liguri, intervistato da La Gazzetta dello Sport, ha parlato del suo approdo a Genova e del percorso fatto finora nel weekend che porterà alla sfida di Napoli.

Genoa, le parole di Vieira

"È bastata una settimana di lavoro. L’atteggiamento del gruppo mi è piaciuto moltissimo. E lì mi sono detto: 'Ho fatto la scelta giusta'. Ho cercato subito di capire bene la situazione semplificando la gestione tecnica e tattica, per fare punti e ottenere il massimo dalla squadra. Perciò sono passato dal 5-3-2 al 4-3-3, allo scopo di creare fiducia attraverso il gioco. La stabilità era il primo passo, insieme a un’identità ben precisa. A quel punto ho iniziato a credere nella possibilità di rimanere in A. Murgita ed Eckert hanno introdotto il mio staff e il sottoscritto nella conoscenza dei giocatori e siamo partiti".

La partita col Milan

"Non mi ha soddisfatto il risultato e la notte dopo la partita è stata dura, ma il gioco sì, quello mi è piaciuto. Il Genoa ha mostrato di avere doti importanti, una personalità e un’organizzazione chiara, valori non negoziabili che fanno parte del dna di club e tifoseria".

Gli infortuni

"Tutti in attacco, ecco perché ho dovuto avanzare un terzino come Zanoli e mettere Miretti ala sinistra, entrambi bravissimi, o Thorsby fra le linee e Pinamonti chiamato a un lavoro importante in chiave difensiva. Però ci sono mancati Ekuban, Ekhator, Vitinha, Messias, Malinovskyi... Perciò ho puntato molto sull’aspetto difensivo: lì abbiamo avuto poche defezioni".

L'atteggiamento tattico

"Io dovevo pensare al modo di salvare la squadra. Non facevamo tanti gol, ma bisognava chiedersi perché. Togliete Leao e Gimenez al Milan, o tutti i giocatori offensivi dell’Inter e cambia tutto. Da qui nasce l’orgoglio per la mia squadra. Tutti vorremmo essere come il City o il Barcellona, però dobbiamo analizzare bene la squadra. Il ruolo di un tecnico è tirare fuori il massimo, rispettando il dna del Genoa, diverso da quello del Barcellona.

Qui devi giocare con intensità, e se sbagli un pallone, stai certo che la gente continuerà a sostenerti. Perché piacciono Masini, Frendrup, Vasquez? Perché giocano con il cuore. Chi verrà al Genoa in futuro deve avere questo dna. Su tutto il resto, poi, si può lavorare. Ovvio, mi piacerebbe segnare sempre quattro gol a partita, ma qui è diverso. Il mio dna è identico a quello del club, mai in passato avevo trovato un’identità così simile con la mia squadra come è accaduto stavolta. Qui uso il “noi, non l’“io”. E, ripeto, quando sento dire che segniamo poco, bisogna ricordarsi che ci siamo salvati, ma non era così sicuro. Sempre uniti, anche nelle difficoltà".

Vieira sui tifosi

"La passione è un altro elemento importante e non ha prezzo. O la possiedi, oppure niente da fare. Dopo la gara con il Milan la gente mi fermava per strada. “Che bravi, mister, mi sono divertito”. E avevamo perso, lo capite? Una cosa bellissima".

I maestri in panchina

"Ho fatto nove anni con Wenger all’Arsenal, mi è sempre piaciuto il suo modo di essere sempre disponibile al dialogo con i giocatori, mi ha fatto crescere molto. Di Mourinho ho apprezzato la gestione della squadra sotto pressione, anche Mancini è stato importante sul piano mentale. E poi Capello, prima al Milan e poi alla Juve. Ma fondamentali sono state le esperienze nel settore giovanile di City e Strasburgo"

La finale di Champions League

"Andrò a Monaco per la finale. Da bambino arrivai a Parigi e mi piacque subito il Psg, di cui ero tifoso. Penso a Rai, Ginola, Weah. Ma dentro di me c’è anche una parte interista, sono rimasto a Milano tre anni e mezzo ed è stato un periodo meraviglioso. Credo che meriterebbe di vincere l’Inter per quello che ha fatto negli ultimi anni, ma pure il Psg, che ha avuto il coraggio di lasciare andare via uno dei tre giocatori più forti del mondo, Mbappé, eppure è arrivato in finale. Comunque vada, sarò felice".