In occasione della nuova versione del sito ufficiale giallorosso, la Roma ha intervistato Francesco Totti. Tra aneddoti, curiosità ed episodi di una carriera tutta con la stessa maglia, il numero 10, che presto tornerà anche a disposizione di Garcia, ha così svelato alcuni dettagli interessanti di quella che è stata la sua carriera. Questo un estratto. 

 

L'ESORDIO IN SERIE A -  “Sì. Ero giovane, di fronte a me avevo tanti attaccanti. C’era Balbo e dal ’94 arrivò anche Fonseca. In quel periodo mi piaceva mandare in porta i miei compagni. Era mia premura fargli fare più gol possibili. Mi divertivo più a far segnare loro che farli io”.

 

DIFFERENZE TRA CAPELLO E SPALLETTI -Erano due sistemi di gioco diversi. Con Capello quando giocavo con Cassano spesso eravamo due trequartisti mascherati con licenza di spostamento e libertà di gioco. Nel 4-2-3-1 di Spalletti, invece, ho fatto la prima punta fissa, ma sempre in una veste atipica”.

 

DIVENTARE CENTRAVANTI -Non me lo sarei mai immaginato di fare il centravanti il carriera, non pensavo di avere le caratteristiche adatte. Fortunatamente, però, è andata più che bene. Con Spalletti ero libero di muovermi ed è stato il ruolo in cui mi sono trovato meglio in carriera”.

 

80 GOL SU RIGORE. TIRI SEMPRE A DESTRA? - “In genere sì, mi viene più facile calciare con l’interno piede a incrociare. Poi ho segnato in tanti altri modI, Qualcuno anche aprendo il piattone. Altri con l’esterno collo, di potenza, verso la sinistra del portiere, tipo nella lotteria dei rigori contro l’Arsenal. Certo, quest’ultima soluzione è un po’ rischiosa e difficile, se la prendi male mandi la palla in curva”.

 

IL CUCCHIAIO... -  “Per me è come se calciassi di piatto. L’importante è che entri la palla. Il gesto tecnico ovviamente è diverso, più difficile, più bello. È una cosa istintiva. Una cosa che faccio anche in partita, in mezzo al campo. In allenamento mi capita di fare uno scavino, così, solo per fare un passaggio. Mi viene spontaneo, non ci sto a pensare, non è per innervosire l’avversario”.

 

... E QUELLO DA LONTANO - “Sì, me lo ricordo benissimo: a Buffon. Ero lanciato a rete da centrocampo e già ci avevo pensato mentre correvo. Mi dicevo “se resta fuori provo a scavalcarlo”. Ci riuscii, col sinistro”.

 

 

ESULTANZA PREFERITA -  “Il dito in bocca. Ormai è un mio tratto distintivo, non posso più cambiarlo. Da quel Roma-Chievo del 2005 non l’ho mollato più. Volevo iniziare a farlo per Ilary in realtà, che sta sempre con il dito in bocca. Poi è diventata un’esultanza per tutti e tre: Ilary, Cristian e Chanel”.

 

 

DIFENSORE PIU' OSTICO - Dire Vanigli sembrerebbe scontato, solo perché mi sono infortunato seriamente dopo il suo intervento. Però fu un martello: per i primi sei minuti venne solo da me. Ed era nella stessa settimana in cui avevo fatto vedere le caviglie massacrate in un servizio televisivo”.

 

Furono i sei minuti prima che mi diedero fastidio. Fece più di tanti altri difensori che in carriera ho incontrato. Montero, per esempio, era uno che in un suo momento di pazzia poteva farti l’entrata eclatante, ma durante la partita era più leggero. Per Tudor, Materazzi e Cannavaro vale lo stesso discorso: erano più tranquilli durante il match, ma la zampata te la davano al momento giusto. Dietro sentivi l’aria muoversi e capivi che stavano arrivando. A volte, se hai esperienza, in casi come questi provi a saltare prima e cerchi di evitare il contatto, conoscendo chi hai dietro. Non lo facevano con cattiveria, ma certe botte se sono date bene si sentono”.

 

 

ALL'ESTERO DOVE TI SARESTI VISTO -In Spagna, senza dubbio. Per il Real Madrid che mi cercò? No no, il mio stile di gioco è molto simile a quello spagnolo: più tecnico che fisico, se paragonato alla Premier e alla Serie A. Rispetto all’Inghilterra, la Spagna pende più verso il calcio giocato: c’è più divertimento. Te lo dimostrano anche quando ci vai da avversario: se fai un bel gioco o un bel gesto tecnico ti battono le mani”.