E' il giorno dell'addio per Walter Sabatini che ieri ha annunciato le sue dimissioni da direttore sportivo della Roma. Queste le sue parole in conferenza stampa: "Questa è ancora la mia squadra e le starò dietro qualsiasi cosa succeda. È una squadra competitiva che spera ancora di far un campionato sbalorditivo. È stato un ciclo lungo, con gente molto positiva. È mancato il sogno di convocazione al Circo Massimo: il mio grande rammarico è la vittoria dello scudetto. Una tristezza cupa ed irreversibile a meno di riscatto in questa stagione. Crediamo di aver fatto il massimo: non mi vergognerei di questa Roma".

ELOGIO A TOTTI - "Totti? Tutti lo vogliamo, gli darei un premio Nobel per la fisica visto che non ha vinto il Pallone d'oro visto che le sue giocate non sono imitabili. Però costituisce un tappo: porta una luce abbagliante che oscura tutto un gruppo di lavoro anche per la curiosità morbosa che esiste attorno a lui. Ciò comprime fortemente la crescita di un gruppo di calciatori che deve essere sempre subordinata a lui".

LE STRATEGIE IN GIALLOROSSO - "Se vendo Beantia e compro Manolas fa parte di una politica. I giocatori venduti sono stati adeguatamente sostituiti con la volontà di non indebolire mai la squadra. Se vendo Ljajic e prendo Perotti, con tutto il rispetto, invece penso di averla rafforzata. Tutte le mie operazioni, talvolta fortunate, altre volte meno, volevano far sì che la Roma rimanesse competitiva. Non abbiamo vinto ma siamo stati una squadra fastidiosa per chiunque, con la sventura di fare un campionato da 85 punti dove abbiamo addirittura regalato le ultime partite. Credo di non aver mai prodotto un danno con questo tipo di mercato e dentro le mie decisione sicuramente qualcosa non ha funzionato".

"IL FALLIMENTO PIU' GRANDE" - "So quanto la mia permanenza a Trigoria sia stata sostenuta da tantissime persone molto competenti, eccezionali. C'è stato qualche risultato contraddittorio ma la squadra è forte e formata da ragazzi seri. Ricordo che la prima volta che entrai qui dissi di voler fare una rivoluzione culturale e questo probabilmente è il mio fallimento più grande: era l’esigenza di pensare alla vittoria come necessità e non possibilità da parte di tutti. Ho reso la Roma un’insidia per tutti a qualsiasi latitudine. Ho fatto un mercato ‘rissaiolo’ ma ci sono sempre stato. Ho ancora qualche speranza che succeda con l’allenatore attuale che spero rimanga per altri 5 anni, adeguando tutti i comportamenti affinchè avvenga questa rivoluzione, che è stata la nostra vera debolezza".

I MOMENTI PIU' BELLI - "I momenti più belli? Quando ho messo piede qui dentro: pensavo di poter far qualcosa di importante che poi ho fatto dal punto di vista analitico. Volevo che la Roma si imponesse come azienda, squadra e gruppo di persone. Credevo sarebbe successo ma è stato un momento pregnante e motivante della mia vita. Ricordo le vittorie: quella del derby 2-1 dove il vituperato Ibarbo grazie alla sua azione riuscì a far segnare l'altro vituperato, Iturbe. Ho tanti bei ricordi, tra i quali anche il gol di Bradley all'Udinese. La sconfitte nel derby di Coppa Italia invece uno dei più brutti, anche se poi ci servì per cambiare in meglio. Mi perseguita l'idea di non aver vinto uno scudetto a meno che questa squadra non faccia qualcosa di imprevedibile in questo momento".

IL NUOVO DIRETTORE SPORTIVO - "Massara? Competente e sensibile, educatissimo e di estrazione sabauda. Non pensate che ciò che farà sia sempre collegato a me. Ha grande capacità di sopportazione: mi sostituirà e farà bene il suo lavoro. La Roma avrà il suo futuro con lui e ci sono altri bravi dirigenti della Roma. Un giorno qualcuno mi spiegherà perché qualcuno di voi vuole demolire la Roma e tutti i suoi dirigenti. C'è la tendenza a far diventare Baldissimi 'arrogante', Baldini 'massone' e così via. Non voglio far polemica né attaccare la stampa, ma attaccare un'abitudine. Aiutate la Roma, non diffamatela. Sostenetela perché gli altri lo fanno con le squadre più importanti".