Un rapporto con Conte in crescendo e un grande finale di stagione, nella quale si è sentito importante per lo scudetto: lunga intervista di Christian Eriksen alla Gazzetta dello Sport, nella quale il centrocampista danese racconta la sua complicata consacrazione nell'Inter. Ecco i passaggi più importanti nelle parole dell'ex Tottenham.
Eriksen, momento d'oro
"Prima di arrivare all’Inter era stato difficile vincere. E adesso, invece, vivo forse il momento migliore della mia carriera. Non ho rivincite da prendere contro nessuno. Io gioco soltanto a calcio: a volte va bene e altre male. Poi questo sport cambia velocemente, praticamente ogni settimana. Sei mesi fa vivevo una certa situazione, ma ora abbiamo vinto un trofeo e posso solo dire di essere molto felice di stare all’Inter".
Inter, Eriksen sullo scudetto nerazzurro e su Conte
"Questo scudetto era difficile da raggiungere e invece ce l’abbiamo fatta a 4 giornate dalla fine: questo è un buon punto di partenza... Ora possiamo continuare e costruire un ciclo. Vincere nove scudetti di fila sarà difficile, ma proveremo a costruire qualcosa di bello, vediamo cosa accadrà. Conte è importantissimo per tutti, anche per il modo in cui giochiamo. Seguiamo alla lettera le sue indicazioni e in campo si vede. Siamo tutti felici di aver vinto con lui. Ma la sua permanenza non è una mia decisione: dipende da lui e dal club. Il segreto? La squadra stessa. Tutti abbiamo contribuito in modo diverso a un obiettivo comune: la difesa ha chiuso tutto, Lukaku e Lautaro hanno fatto la differenza davanti, il centrocampo ha saputo coprire e ripartire. È dura per tutti giocare contro di noi, questa stagione è stata una grande performance di squadra".
Inter, Eriksen sul rapporto con Conte
"Io sono arrivato con la mente aperta per imparare. Quello che non ho capito all’inizio è che dovevo seguire sempre il sistema di Conte. Che dovevo eseguire e ricordare tutte le giocate che lui aveva preparato per la squadra. In precedenza, ero più abituato all’intuito, ero libero di prendere decisioni in un secondo in base a quello che vedevo. Invece col mister c’è sempre un piano generale da seguire. Bisogna essere preparati, sapere sempre dove sono i compagni e dove possono spostarsi. Ho dovuto imparare tutto questo, adattarmi a un ritmo diverso, poi a gennaio ci siamo parlati e ho iniziato a giocare di più e a dimostrare che ero capace. Mi piaceva come giocavo prima e mi piace come gioco adesso. Non è cambiato tutto in pochi mesi... Faccio solo cose diverse e ho un trofeo sul curriculum: forse per questo ora gli altri mi vedono migliore. Il poco spazio per un anno? Ne ho parlato con l’allenatore e so che lui prende le decisioni migliori per la squadra in quel momento. Se mi faceva giocare così poco è perché, evidentemente, pensava che gli potessi essere utile in quei minuti. Non c’era niente di personale. È chiaro poi che avrei voluto giocare di più, ma ho sempre rispettato le sue decisioni. Sapevo che sarebbe arrivata l’occasione e che l’avrei dovuta sfruttare. E così è stato".
