Serie A spaccata sulla possibilità di ripartire con il campionato dopo lo stop per l’emergenza coronovirus. Tra i presidenti più critici alla prospettiva di tornare a giocare c’è Massimo Ferrero: “Non sono per il non riprendere il campionato a prescindere, semplicemente il calcio è una parte del Paese e il Paese oggi non sa dirci quello che potrà essere domani”, spiega il presidente della Sampdoria, come riportato dalla Gazzetta dello Sport. “Possiamo fare ipotesi, nessuno ha certezze. Sono cauto? Solo perché osservo quello che succede. Il 3 aprile saremmo dovuti tornare ad allenarci secondo il piano precedente. E pensavamo di giocare dal 4 maggio. Oggi siamo agli allenamenti fissati, forse, per subito dopo il 13 aprile. E domani? Domani che succederà? Nessuno lo sa".

Sull’ipotesi di prolungare la stagione oltre il 30 giugno: “Servono almeno quattro settimane di preparazione. Ipotizziamo che si torni a giocare tra maggio e giugno, per poter chiudere i campionati massimo entro il 3 agosto, come avrebbe specificato la Uefa. Poi si riparte a ottobre, e finiremmo chissà quando. Così invece che al 2021 l’Europeo va rinviato al 2023”.

Ferrero: "Torniamo quando saremo sicuri"

Per Ferrero l’unica alternativa è l’attesa: “Vivere alla giornata, cercare di capire, stare tutti un po’ più zitti. Se ripartiamo e il virus torna che succede? Torniamo quando saremo sicuri, quando ci sarà un vaccino. Oppure qualcuno mi dica già da oggi che succederà in quel caso. Ma è impossibile, siamo condizionati da troppi se. C’è un’Italia che deve ripartire, gente che perderà il lavoro… E noi vogliamo davvero metterci a parlare di milioni di euro, di calciatori e campionati? Mi sembra molto poco elegante. Se ho parlato con i miei giocatori? Abbiamo avuto diversi casi di coronavirus. Ora dovrò andare a dirgli che potrebbero doversi allenare, magari giocare tre partite a settimana? A chi lo chiedo, a chi è stato male? A chi conoscerà famiglie a cui è andata peggio? Il calcio è anche o forse soprattutto una questione mentale. Ho parlato con Percassi. Ripeto a maggior ragione: andiamo da lui a chiedere di giocare a calcio mentre Bergamo conta centinaia di morti? Finiamo qui, troviamo accordi con tv e giocatori che sono persone serie. E poi pensiamo a delle riforme per il movimento del calcio e non solo”.