I dati diffusi dall'Istat sono inequivocabili: nel mese di marzo 2020, rispetto al mese di marzo dello scorso anno, in Italia si è registrato un aumento dei decessi del 49,4%. A rivelarlo è il Rapporto Istat dell'epidemia sulla mortalità, redatto con l'aiuto dell'Istituto Superiore di Sanità. I comuni analizzati sono stati 6.866, pari all'87% dei 7.904 comuni italiani complessivi. 

Se si assume come riferimento il periodo che va dal primo decesso Covid-19 riportato al Sistema di Sorveglianza Integrata (20 febbraio) fino al 31 marzo, i decessi passano da 65.592 (media periodo 2015-2019) a 90.946 nel 2020. Il 54% dell'eccesso di 25.345 uniti è composto da morti diagnosticati Covid-19 (13.710).

Come sottolineato dal rapporto dell'Istat, per comprende i numeri è però importante analizzare la diffusione geografica dell'epidemia. In questo senso, l'Italia è stata virtualmente divisa in tre fasce: quelle a diffusione bassa, comprendente le province con valori del tasso inferiori a 40 casi per 100 mila residenti, quelle a diffusione media comprendente un valore tra i 40 e i 100 casi, e la terza classe, costituita dalle province con casi superiori ai 100 ogni 100mila abitanti. La distinzione, tutto sommato, rispecchia quella tra Sud, Centro, e Nord con una certa parte di centro nord. 

Nelle aree a media e in quelle a bassa incidenza il numero dei casi è iniziato ad aumentare dalla seconda metà di marzo, raggiungendo il picco tra il 24 e il 25 marzo 2020: come sottolineato dall'Istat, peraltro, dopo il raggiungimento del picco non si è assistito ad una diminuzione costante, segno di come l'epidemia sia in realtà ancora in corso. Ma è nelle aree ad alta diffusione che si registrano i numeri più tragici: il coronavirus ha ucciso in particolar modo in 37 province del nord, più quella di Pesaro-Urbino. Il 91% dell'eccesso di mortalità riscontrato a livello medio nazionale nel mese di marzo 2020 si concentra in queste aree.