? Po, poropo’, poropopopopopo’! ?

Tre parole. Una consonante e una vocale.

 

Quanto basta per intonare un motivetto che ogni italiano, da Merano ad Agrigento, non potrà fare a meno di cantare. Si perché, a dispetto di quanto dichiarino in larga parte gli italiani, l’Inno di Mameli, lo cantiamo e amiamo farlo.

Magari perderemo un congiuntivo per la strada, confonderemo “desta” e “testa” ma l’inno, volenti o nolenti, lo sappiamo tutti. Lo sanno perfino i calciatori, desiderosi di staccarsi l’etichetta d’inguaribili ignoranti bisbigliando le parole mentre la telecamera l’inquadra…

Ma a chi va dato merito di questo successone musicale senza eguali? Noi abbiamo provato a rispondere così...

 

Quelli del primo anello...

Se da un lato il 4 è scongiurato (qualche parolina bene o male la sappiamo), dall’altro, c’è chi non si ferma al motivetto ma intona l’inno dal primo all’ultimo secondo. Sono i tifosi del primo anello, quelli in prima linea col dito sempre in alto ad indicare il cielo dopo un gol (no, non il dito medio). Quelli che anticipano le parole e aiutano il compagno di curva a terminare la strofa senza strafalcioni. Loro, quelli che non fanno mancare neanche l’ululato in coda all’inno, fanno di Mameli il sale del proprio patriottismo. Utili e convinti. Grazie a loro ed alla capacità di memorizzare motivetti (? celebre il po popopopopo po! ? con cui l’Italia ha vinto nel 2006) gli stadi italiani si colorano anche per gli azzurri...

 

Gli orfani di Modugno

I voltagabbana seriali, quelli che in Italia l’inno “manco morti”. Sono loro quelli che, in terra nemica, tengono alto il vessillo tricolore con cori e canzoni da immediato dopoguerra. Sono gli orfani di Modugno, di Cutugno e di Carosone. Percorrono il tragitto impervio dall’hotel alla Spiaggia a Formentera in infradito e costume a mezzagamba, armati soltanto della voce e dell’immenso repertorio della musica italiana. Per una volta gli è concessa l’impreparazione, tanto basta il ritornello a farsi riconoscere. Maestri dell’occupazione, un po’ meno del congiuntivo mameliano, tengono alto l’onore italiano laddove ce n’è più bisogno. E poco importa se in terra amica fischiano Mameli...a loro, la maestra, è sempre stata 'sui maroni' 

 

Dipenderà, forse, dal suo ritmo coinvolgente o, molto più probabilmente, dalle minacce della docente d’italiano. Proprio lei, la “fondamentalista mameliana”. Spauracchio di ogni alunno, anarchico o svogliato, che quell’inno ha rifiutato d’impararlo inanellando 4 alla Doumbia.

E’ merito anche suo se oggi, quando la Nazionale è in campo, almeno non facciamo scena muta...

 

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