Per analizzare la crisi del calcio italiano, l’apoteosi del movimento tedesco e affrontare i temi più caldi del campionato, Fantagazzetta.com ha raggiunto in esclusiva Massimo Oddo, campione del Mondo 2006 con l’Italia di Marcello Lippi, nonché vincitore di Champions League, Supercoppa Europea e Mondiale per Club con il Milan di Ancelotti, aggiungendo alla sua ricca bacheca uno scudetto e una Supercoppa Italiana sotto la gestione Allegri. Con lui abbiamo fatto il punto anche sulla lotta salvezza, il suo futuro e quello di Antonio Conte:
Oddo, ha avuto modo di giocare anche in Germania, al Bayern, nella sua gloriosa carriera. Da cosa deriva l’enorme gap tra loro e il calcio nostrano?
"Stiamo parlando di un’altra realtà, cambiata anche da valori sociali che sono completamente diversi. Va bene avere uno stadio di proprietà con la possibilità di disporre di un proprio merchandising con ristoranti annessi. Ma da noi trovi sempre la bancarella che vende i falsi d’autore davanti lo stadio, lì certe situazioni non si trovano. Sono realtà totalmente opposte, in Italia c’è una cultura diversa".
Cosa è cambiato nel calcio tedesco rispetto a quando Lei giocava da quelle parti. Forse hanno investito maggiormente nei settori giovanili?
"Non è cambiato assolutamente niente, funzionava tutto già così in Germania. L’organizzazione era la stessa di quella attuale. Sia il Bayern che altre squadre erano in totale sviluppo, in rampa di lancio. Tutte le società avevano lo stadio di proprietà, anche in serie B. C’è da considerare invece che è sceso il livello del nostro calcio. Mi ricordo che un tempo c’erano le sette sorelle, pronte a darsi battaglia per il campionato. Per fare un esempio dico che il mio Napoli di allora che vinse il campionato di B darebbe almeno cinque gol di scarto all’attuale capolista del campionato cadetto…".
E’ stato campione del mondo nel 2006, battendo in semifinale proprio i tedeschi. Ritiene che l’espressione del calcio di un paese è data dalla Nazionale o dalle squadre di club?
"La Nazionale non può essere l’espressione del calcio di un paese. Ci sono tante nazionali ad esempio, una su tutte gli Stati Uniti, che arrivano fino in fondo in certe competizioni come il Mondiale ma il calcio del loro paese è di basso livello. L’espressione del calcio è quella della competitività del campionato. E in questo momento è inevitabile ammettere che il campionato italiano è stato superato da quello tedesco, spagnolo e inglese".
Passiamo proprio alle vicende del nostro campionato. Cosa serve al Milan per competere alla pari l’anno prossimo con la Juve?
"Sinceramente non credo che il Milan sia inferiore alla Juventus. Se fosse partito meglio all’inizio della stagione avrebbe tenuto testa alla capolista. Poi è chiaro che l’innesto di Balotelli l’ha migliorato nel gioco e nella convinzione. Il distacco attuale dalla Juve è ampio ma, ripeto, ritengo sia stata decisiva la brutta partenza. Ricordiamoci però che quanto fatto dalla Juve in questi anni è strepitoso se andiamo a vedere da dove erano partiti. Hanno vinto due scudetti di fila, facendo qualcosa di incredibile. Il marchio e il blasone di questa società ha consentito di attrarre come sempre alcuni campioni, nonostante una situazione non ottimale dal punto di vista dei piazzamenti passati".
Riguardo alla competitività in Europa servirebbe più un Ibrahimovic o un Sanchez per i campioni d’Italia?
"Ibrahimovic non lo vedo bene con Conte. Lui è la figura dell’allenatore del futuro, del manager all’inglese. Con metodi di allenamento abbastanza dispendiosi. Con questo non voglio dire che Ibra non sia un grande lavoratore, un professionista. L’ha sempre dimostrato e continuerà a farlo. Il problema è che uno come lui che domenica fa doppietta e poi si ritrova in panchina quella successiva, non ce lo vedo molto. Quindi considerato che Conte applica spesso il turnover lì davanti, non so come possa prenderla lo svedese. Conoscendolo lui vorrebbe giocare pure in Coppa Italia…Poi attenzione le situazioni possono cambiare in base all’integrazione continua tra due soggetti. Conte infatti è molto intelligente ed è in grado di adattarsi alle caratteristiche di Ibra. A priori dico che non è adatto per lui, ma chissà magari sarò smentito…".
Milan e Fiorentina si contendono l’ultimo posto utile all’accesso in Champions. Chi la spunterà?
"Partono alla pari, a questo punto il calendario non conta nulla. L’esperienza poi conta fino ad un certo punto in questi casi. Quello che conta è che mancano cinque giornate ed entrambe dovranno dare il massimo. Il resto vale poco".
Lotta salvezza. Siena, Palermo e Genoa alla ricerca di un posto in paradiso. Qual è la più accreditata a raggiungere l’obiettivo?
"In questo momento vedo il Siena favorito. Iachini è riuscito a capovolgere la situazione. Ricordiamoci che sul campo hanno sei punti in più. Detto questo come qualità complessiva della rosa il Genoa è superiore. Il Palermo con Sannino è riuscito a risollevarsi da una situazione complicata. In ogni caso la spunterà chi dimostrerà di avere la maggiore attitudine a lottare. Un conto è giocare a Siena, dove si è abituati a questo tipo di situazioni. Un’altra a Genova e Palermo dove se non fai gol dopo alcuni minuti già iniziano a fischiarti".
Poco fa parlava di Antonio Conte come un tecnico all’inglese, con caratteristiche da manager. Pensa che possa riuscire a diventare il Ferguson d’Italia?
"Questo dipende dalle società. Che poi la definizione di manager è sempre relativa, perché non è che si può spendere e spandere come si vuole. E’ normale che un allenatore che ottiene successi a ripetizione acquisisca sempre più potere all’interno di una società, decidendo chi cedere e chi acquistare. Conte è avviato su questa strada".
Futuro di Massimo Oddo. Quali sono i suoi prossimi obiettivi, allenare o fare il dirigente?
"Ho già deciso. Bisogna essere universali, pronti a far tutto. Il mio sogno nel cassetto è quello di fare il dirigente, il direttore sportivo. L’università che ho fatto mi ha dato determinate competenze a livello sportivo, manageriale. In questo momento l’importante è iniziare a far qualcosa e dimostrare di essere capaci".
Mauro Sarrica