C’era da riempire un vuoto editoriale. Erano stati raccontati alcuni grandi calciatori, ma non era stato ancora raccontato lui. E allora il mio editore mi ha detto: “Tu sei napoletano. Perché non lo racconti tu?”.

È nato così, “quasi per sbaglio”, come dichiara il suo autore, il libro Maradona, il Pibe de Oro, di Raffaele Nappi, scrittore e giornalista de Il Fatto Quotidiano e de Il Messaggero, prodotto da Giulio Perrone Editore.

“Essere nati nel 1990 è quasi una maledizione per un napoletano che non ha potuto conoscere il più grande calciatore capitato a Napoli. Quando ho accettato di scrivere questo libro l’ho fatto con qualche riserva” tiene a precisare lo scrittore campano intorno alla sua prima opera letteraria. Un racconto costruito con altri racconti, un compendio in forma di prosa sul Maradona teologico (i più zelanti direbbero teogonico), “visto dagli occhi di chi non l’ha conosciuto, non l’ha potuto ammirare dal vivo, ma lo ha potuto soltanto studiare sui video, sui libri, sui racconti degli altri”.

Raffaele Nappi sceglie la strada maestra della contemplazione, senza elogio e senza giudizio, guardando al Diez come una divinità. Mai si caschi nel tranello per cui questa contemplazione passi per un’ammirazione cieca e indiscriminata. L’autore agisce su tutto l’arco biografico di Maradona scomponendo e ricomponendo il Diego conosciuto, la trasfigurazione calcistica, mediatica e umana del calciatore più discusso di sempre. Il sentiero narrativo di Raffaele Nappi non devia per le strade impervie e insidiose della discesa morale e retorica, senza sfruttare l’ecoscandaglio presuntuoso e avventato che pretende di esplorare le viscere umanissime di una figura che ancora oggi vive e genera complesse contraddizioni.

Dalla “genesi” di Villa Fiorito, passando per la spettacolare e sofferta trattativa per portarlo a Napoli, fino al declino e alla “resurrezione” quasi forzata alla quale è stato sottoposto il fuoriclasse argentino, il Maradona di Raffaele Nappi rivisita i momenti salienti del personaggio noto, dell’icona trasparente, del patrimonio consegnato e corroso del calciatore che non è stato soltanto un calciatore destinato a fare da sfondo, insieme ad altri sfondi, al planisfero dei volti che hanno segnato la Storia del Novecento.

Nelle cento pagine del suo racconto, in una specie di micro compressione, Nappi spinge nomi, luoghi, fatti, date, anche se nella sua opera di sintesi e di restituzione l’attraversato è lui, quando, nell’epilogo che testimonia un’evangelizzazione sofferente e gioiosa, l’autore del testo rivela a se stesso e al lettore l’unica possibilità di reazione davanti al mito: l’acclamazione intima e incondizionata.

Copertina del libro Maradona, il Pibe de Oro, Giulio Perrone Editore

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Si tratta soltanto di un libro su Maradona o c'è qualche altro protagonista?

Questo è anche un libro su Napoli e sulla separazione tra chi ha vissuto e visto da vicino Maradona e chi invece, come me, non ha avuto la possibilità di viverlo. Allora ho cercato di farlo rivivere attraverso il racconto. L’unico modo intelligente che potevo considerare. Mi sono documentato e ho tenuto in considerazione alcune testimonianze di chi ha avuto modo di conoscerlo da vicino.

Oggi uno come Maradona cosa sarebbe? Sarebbe nel calcio e nei suoi ingranaggi o non avremmo nemmeno modo di conoscerlo?

L’unico calciatore romantico tra quelli che ho conosciuto è stato Francesco Totti. Un campione che ha potuto salutare i propri tifosi nel suo stadio. Maradona invece è stato costretto a fuggire. Oggi forse uno come lui sarebbe diverso. Ma in fondo è stato meglio per come e in quale epoca ha vissuto il suo tempo di calciatore. Noi oggi del calcio vediamo troppe cose. Al contrario del mito di Maradona ci sono anche cose che non abbiamo visto. Negli allenamenti e in situazioni che in quest’epoca finirebbero subito sui social network. Anche la parte non vista, non registrata, a volte, nutre il mito invece di logorarlo.

Il Maradona di questo libro è anche un omaggio alla sua parte apocrifa? Proprio come una documento religioso.

Certo, perché una figura così ha pure il diritto di sfuggire alla formalizzazione di questo calcio. Maradona non può essere soltanto immagine. Lui in certi momenti è stato alieno, estraneo. Personalmente non trovo nemmeno convincenti alcune sue sortite mediatiche, perché allineate a sistemi di comunicazione talvolta artificiosi. Sarò un purista, ma persino il ritiro della numero dieci nel Napoli per me ha un significato preciso e condivisibile. Un segno di rispetto che serve da monito, a favore della funzione più importante del mito. La sua irripetibilità.

A tratti il Maradona di Raffaele Nappi sembra rifiutare persino Maradona. Questo potrebbe essere l’aspetto più sottile e significativo del racconto. Il rifiuto delle formule Il Maradona di, il Maradona secondo, il Maradona dalle parole di. Quante volte abbiamo letto e ascoltato definizioni e interpretazioni su questo personaggio. C’è dell’evangelico pure nella declinazione di un nome che nel tempo è diventato una parola polimorfa. Eppure, nonostante ogni sforzo di voler rappresentare chissà quale ritratto, di Maradona ogni volta restano le sue meraviglie, le sue prodezze sul campo. Quelle fuggono via nude e silenziose. Come calcio comanda.