Questo Napoli non è soltanto una squadra di calcio, ma un atto di ribellione. A un calcio che non va ai mondiali per la seconda volta consecutiva, a una parte giurassica di quel giornalismo che pronostica male e racconta peggio, a chi non sa ammettere nemmeno per un momento quando c’è qualcuno più bravo di lui, a chi non sa liberarsi affrancandosi da quell’idea che i più bravi debbano trovarsi sempre in determinati luoghi. Che la meraviglia sia un fatto provvisorio e che debba cambiare aria ogniqualvolta è arrivato il momento del risveglio.

La polarità maligna sta tutta nel fatto che se al posto del Napoli ci fossero il Milan, l’Inter o la Juve, si parlerebbe di campionato dominato e chiuso, invece che di un’attesa che qualcuno rimonti per ristabilire l’ordine desiderato. Senza contare la tonalità subdola e minacciosa di chi avvisa che arriverà gennaio e tutto sarà rimescolato secondo pesi e misure che riguardano soltanto gli altri. 

Tuttavia, questo Napoli congeniato con dovizia di dettagli nell’assoluta mancanza di fede prima di tutto a casa propria – non dimentichiamo che quest’estate i primi con la pietra in mano urlavano proprio dall’ombra del Vesuvio (il Napoli ha sempre avuto i peggiori avversari soprattutto a Napoli e dintorni) – sa che dovrà resistere prima di tutto a se stesso, a quegli entusiasmi in anticipo sulla realtà dei quali Spalletti non fa passare giorno, ora, minuto per scongiurarne l’effetto. Solo tanto lavoro sulla causa, affinché questa squadra non smarrisca la cosa più preziosa che l’ha contraddistinta in queste prime ventuno partite stagionali.

La maturità. Ma non quella tirata fuori quando non si ha niente da dire. Non quella cosa che ha a che vedere con le consolazioni della vecchiaia. Non il passo intermedio tra il siamo stati e ancora saremo, ma l’è, in tutto il suo è il momento che sia il momento. Un diritto inconcesso perché tutto da conquistare. Senza scaltrezze di cui una certa cultura va fiera da tanto tempo, ma col lavoro, la semplicità, la grandezza di una visione felice del gioco del calcio invece che di un protocollo dinastico da portare avanti con l’arroganza del sono io a prescindere.

Il Napoli ha mostrato Kvara arrivato già “maturo” e un Osimhen “maturato”, Simeone tale pure davanti ai microfoni, Raspadori elogiato dai suoi compagni di reparto. E così, fino alla conquista di Meret, una colonna di ragazzi che per bocca del loro allenatore “guardano a ogni partita non per chi è l’avversario, ma per quello per cui bisogna batterlo, per quello che c’è dietro”. Spalletti e la società in poco più di un anno hanno recuperato calciatori che sembravano destinati all’oblio, portandone altri sulla scena da snobbati e adesso da invidiati.

Il Napoli è tra le poche squadre in Europa che in questi primi ventuno match ha giocato un calcio tanto verticale quanto orizzontale, tanto di ripartenza quanto di palleggio, gestendo l’organico con la stessa perizia della singola gara, ottimizzando i cinque cambi e le rotazioni, i frangenti favorevoli e quelli difficili. Ha affrontato gli infortuni di Osimhen, Anguissa, Kvara, Rahmani senza farsi condizionare nelle prestazioni e nei risultati.

Soprattutto, il Napoli ha combinato qualità ed efficacia, spettacolo e risultati solo come le più grandi del continente hanno saputo fare in questi anni. È stata la squadra che ha convinto i suoi tifosi, è stato il gruppo di calciatori e allenatore a guidare i napoletani alla possibilità di confidare in qualcosa di straordinario.

Eppure non è accaduto ancora nulla su cui soffermarsi ad avere ragione. Tutto quello che c’è da scrivere vorrà confliggere con quello che è stato scritto. Il Napoli meglio di chiunque altri sa che dovrà affrontare difficoltà ancora più grandi per dimostrare, alla fine, quale offesa da una parte della “grande” narrazione sta subendo. L’essere qualcosa di meraviglioso ed effimero, ma di non adatto, di destinato a perpetui ridimensionamenti, perché sono sempre gli altri ad esserlo di più. La provvisorietà attribuita a chi ha avuto la buona sorte di trovarsi in un momento. Alla ripresa è questo l’avversario numero uno che il Napoli dovrà cercare di battere.