Ormai pare che il calcio è fatto di obiettivi. E, inutile soffermarsi più di tanto, bando alle retoriche. Solo gli obiettivi. Come un piano aziendale. Pure la gioia diventerà presto una voce di bilancio.
Andate a dirlo ai tifosi del Napoli. Per anni si sono sentiti dire dall’attuale proprietà che ogni passo andava misurato, perché c’era il fair play finanziario da rispettare. Il bilancio, quello sopra ogni cosa. E allora, piano piano, è stato allevato qualcosa che andasse a manomettere la spontaneità di quella gioia ormai interdetta a una che un tempo era tra le tifoserie più gioiose d’Italia. Abituata ad alimentare quella stessa gioia con le delusioni collezionate negli anni. Una forma di entusiasmo che all’esterno sembra sopportazione, ma che da dentro è una resistenza profana che andrebbe preservata. Invece. 

Accontentarsi di restare laddove si fa compagnia a chi ha vinto. Sulla soglia della felicità a spruzzare lo champagne addosso al primo arrivato. Bene, fino a quando la corsa significava la risalita da quelle pagine amare di un po’ di anni fa. Ma senza la paura che quella risalita, col solco nascosto della linea di confine tra l’aspirazione alla vittoria e la vittoria mancata, avrebbe significato una pedagogia della non vittoria prima avvalorata da mancati interventi giustificati da ragioni fiscali, sistematicamente beffati da club che sui bilanci non hanno mai manifestato alcun ritegno, e poi pure rimessi ai sogni degli altri, a quelli “a cui non ho mai pensato”. 

Eppure, il Napoli così mirabilmente condotto, fino a un certo punto, da Aurelio De Laurentiis, è arrivato tante volte sempre allo stesso punto. Tante di quelle volte che adesso sono in tanti ad averle dimenticate. Ivi compresi quelli che si aggrappano a questo o a quel campionato. Invece, la storia delle occasioni perdute è molto più densa di esperienze analoghe.

Stagione 2010\2011. Il Napoli, a cinque giornate dalla fine, è a tre punti dal Milan capolista. Il Napoli di Mazzarri, Cavani, Lavezzi e Hamsik, sorprende la serie A portandosi addirittura a pari punti per un pomeriggio coi rossoneri la domenica precedente. A sole cinque giornate, i punti di distacco sono tre. Tuttavia, nel posticipo serale di una notte di mezzo aprile, il Napoli perde in casa con l’Udinese dei miracoli e addio sogno scudetto. E pensare che a gennaio l’unico intervento sul mercato aveva registrato la voce Mascara. Ma nessuno avrebbe mai immaginato una simile opportunità prima del tempo. Il Napoli era andato oltre le aspettative di molti, comprese quelle della società. Evidentemente. Poi, un ottimo terzo posto avrebbe comunque concluso una grandissima stagione che aveva riportato il Napoli in Champions dopo vent’anni.

Due stagioni dopo, campionato 2012\2013, il Napoli fino a marzo lotta punto a punto con la Juventus per il primo posto. Gli azzurri, però, cadono a Verona col Chievo e vedono allontanarsi le possibilità di arrivare fino alla fine a contendere lo scudetto ai bianconeri. Un grande secondo posto e, dando un’occhiata al mercato invernale, col Napoli in piena lotta scudetto, emerge il ritorno di Calaiò, “ripescato” dal Siena, che giocherà pochi scampoli di partite.

Campionato 2014\2015. Il Napoli di Sarri, alla sua prima stagione alla guida tecnica dei partenopei, ai primi di aprile è in lotta per lo scudetto, quando, sempre in aprile, una sconfitta a Udine, sempre l’Udinese, allontana le speranza azzurre in una gara piena di polemiche e con l’espulsione di Higuain, poi recordman della classifica cannonieri all’ultima giornata grazie a tre gol segnati al Frosinone. Anche in quell’annata la società, quando la squadra è prima in classifica, lo è stata per molte giornate, decide di non intervenire sul mercato. Anzi, lo fa ingaggiando Grassi e Regini. Che non giocheranno quasi mai. 

Campionato 2017\2018, una stagione destinata a far discutere a lungo, a causa di polemiche intorno all’operato degli arbitri. In particolare, nella celebre Inter-Juve disputata in un concitato finale di torneo. Il Napoli dell’ultimo Sarri perde a Firenze dopo aver vinto a Torino proprio con i rivali della Juve. E a Firenze, il 29 di aprile, sempre aprile, nello stesso giorno in cui ricorre la data del secondo scudetto azzurro, Mertens e compagni dicono addio al sogno che a lungo avevano cullato durante tutta la stagione. Al di là di episodi penalizzanti e presunti favoritismi agli avversari, in gennaio, ancora una volta, non si sono registrati interventi importanti suo mercato per un organico che in quel frangente non risulta molto ampio. 

Campionato 2021\2022. La storia è nota ed è in corso. Un campionato che non passerà alla storia per qualità. Anzi, un campionato che non passerà alla storia e basta.
Eppure, il Napoli spreca occasioni su occasioni per riuscire a conquistarlo. Da Cagliari a Empoli, in un alti e bassi di speranze e avvicinamenti che, per l’ennesima volta, in aprile vede gli uomini di Spalletti cedere il passo alle contendenti, questa volta più che mai, per demeriti e debolezze. Una possibilità mancata in un clima segnato da fragilità e incertezze che si mostrano in campo come poche volte era accaduto. Ovviamente, senza che, anche davanti a necessità di organico in alcuni mesi invernali, causa tanti infortuni, la società avesse provveduto a cercare e ingaggiare dei rinforzi.

Il Napoli adesso contempla una classifica in cui mancano punti potenzialmente di agevole conquista con Empoli, due volte, Cagliari, Spezia e Verona in casa, Sassuolo (i partenopei vengono rimontati nei minuti finali da 2-0). Per non parlare di altre gare iniziate bene e gestite male (con la Roma, per esempio). Tutto distribuito e ripetuto in una ripetizione di momenti uguali a se stessi, talvolta con scelte tecniche discusse e ostinate, fino a un pentimento di fondo in un beffardo ormai troppo tardi. Vedere alla voce utilizzo di Mertens

Tutto certificato dalle dichiarazioni di sfida e di commiserazione della proprietà e dell’allenatore, dirette alla conferma di quello che “era l’obiettivo stagionale”. Prima o poi, e lo facciano presto, qualcuno trovi il modo di creare nei bilanci pure la voce sopportazione. Ammesso che quella sia in grado di spiegare come sia possibile che lo sport, la competizione, la gara possano esigere l’aspirazione all’obiettivo e non alla vittoria.