Il viaggio de #LaClasseNonÈAcqua arriva all'anno 1951 e si torna a provare a schierare in campo questa formazione ideale con il 4-2-3-1. Una formazione, nuovamente a trazione germano-olandese in cui le eccezioni rappresentano delle eccellenze inverosimili, come Sir Kenny Dalglish o Kenny Keegan.

Ivano Bordon, 13/4/1951

Ben 357 (Trecentocinquantasette) presenze con la maglia dell'Inter con cui ha vinto due scudetti, 22 presenze con la maglia azzurra, nonostante la presenza di tale Dino Zoff che precludeva qualsivoglia possibilità di titolarità e un mondiale, quello ispanico del 1982 in bacheca. Una finale di Coppa dei Campioni nel 71/72 contro una squadra che tornerà prepotentemente in questo undici, un portiere che è rimasto nei cuori dei tifosi nerazzurri, ma anche di quelli della Sampdoria con cui ha collezionato 125 presenze vincendo anche una Coppa Italia a 15 anni di distanza dal suo esordio in Serie A contro la Lazio a 18 anni. Forse è nato nell'epoca sbagliata per un portiere italiano per poter brillare a dovere vista la concorrenza, ma per chi lo ha potuto ammirare con i colori della propria squadra si capisce bene perché Bordon rientri in questa formazioni ideale a pieno titolo e merito.

Phil Neal, 20/2/1951

Una carriera a tinte reds la sua dopo che dal Northampton Town appena 23enne si trasferisce al Liverpool dove vi rimarrà per 11 anni raccogliendo 478 presenze condite da svariate vittorie internazionali, ultima delle quali la finale dell'Olimpico in cui è proprio lui a sbloccare il match, salvo venir raggiunto da Pruzzo e poi segna un rigore della serie maledetta per i tifosi giallorossi. Terzino destro, ma all'occorrenza in grado di ricoprire qualsiasi ruolo della difesa, Neal è uno dei più longevi giocatori con la maglia del Liverpool e anche uno dei più vincenti: fra gli altri titoli si contano le 4 Coppe dei Campioni fra il 77 e l'84, la Coppa Uefa del 1976, 3 League Cup consecutive e ben 7 titoli della First Division, l'antesignana della Premier League. Con i Tre Leoni non avrà grandi fortune visto il periodo di magra del calcio inglese, ma lui è quasi sempre presente e nel 1982 quando la compagine sembrava poter riportare il "calcio a casa" lui viene lasciato in panchina a datore di Mick Mills, terzino dell'Ipswich generando qualche malumore nell'ambiente visto il rendimento del giocatore del Liverpool. Ma la storia lascerà sempre uno spazio ben più ampio a lui, nonostante Greenwood non lo abbia schierato nel momento del suo massimo splendore nella competizione più importante.

Hans-Jürgen Dörner, 25/1/1951

Ecco il primo giocatore di derivazione sassone della top 11, uno dei giocatori più rappresentativi di quella Dynamo Dresda che rappresentava al meglio il periodo storico in cui tutti questi calciatori sono cresciuti. Libero della Germania dell'Est, o meglio DDR, colleziona 100 presenze con la sua nazionale a partire dal 1969 quando appena 18enne viene insignito della casacca. Nel suo periodo di splendore fa incetta di premi collettivi e individuali, ma il premio più importante è la medaglia d'oro alle Olimpiadi del 1976 quando da libero trionfò in finale sulla Polonia per 3-1 meritandosi al rientro nella DDR la medaglia al merito patriottico. Lo sport era tutto per la propaganda della Germania dell'Est e Dörner era un ottimo modello per le giovani generazioni con i suoi eccellenti risultati sul campo.

Walter Meeuws, 11/7/1951

Una carriera passata a girovagare fra le squadre più forti del campionato belga finché una controversia lo colpì in quanto giocatore dello Standard: un giro di soldi in nero gli costò la sospensione dal campionato belga e lui decise di "emigrare" all'estero, in una squadra poco nota all'epoca, l'Ajax. Iniziò a giocare nel gennaio dell'85 dopo la fine della sospensione impostagli dalla Federcalcio Belga giusto in tempo per vincere il campionato in quella squadra i cui compagni erano, in ordine sparso: Koeman, Rijkaard e tale van Basten. Il suo successo più importante, però, rimarrà un secondo posto: nel 1980 il Belgio riuscì a raggiungere la finale dell'Europeo fra lo stupore generale e fino all'88° sembrava poter portare la Germania Ovest di Rumenigge e Müller ai supplementari, ma il sogno svanì quando Hrubesch siglò la sua doppietta personale condannando alla sconfitta più amara, ma anche più dolce Meeuws e i suoi che riuscirono in quella competizione a eliminare l'Italia padrone di casa.

Miguel Bernardo Bianquetti, 19/12/1951

Quindici stagioni al Barcellona, dai 22 anni sino ai 37 una sola maglia, quella blaugrana di cui divenne uno dei giocatori più rappresentativi in un'epoca che non era favorevole come può esserlo quella attuale. Migueli, questo il nome d'arte, riuscì con le sue prestazioni a portare anche una Liga in Catalunya in una stagione al termine della quale venne insignito del titolo di miglior giocatore di Spagna, riconoscimento che vincerà 3 volte nell'arco della sua carriera grazie anche alla presenza sulla panchina di quel Barcellona di Rinus Michels che aveva portato con sé un giocatore che verrà approfondito a breve in questa formazione ideale.

Johan Neeskens, 15/9/1951

Ai giovani potrà non dire nulla, ma a chi ha avuto modo di vedere l'Olanda degli anni'70 e a chi ne ha avuto la voglia di studiare quella formazione questo nome genera sicuramente un coro unanime di approvazione. Non poteva mancare il dioscuro di Cruyff, il gregario perfetto per il gioco totale di quell'Ajax. Agli occhi di tutti lui era Johan II, un re parimenti all'altro ben più celebrato Johan che collezionava premi individuali su premi individuali. La bacheca di Neeskens è praticamente la medesima di Cruyff: 3 Coppe dei Campioni, una Copa del Rey col Barcellona, 3 campionati olandesi, 3 Coppe d'Olanda, una Coppa delle Coppe e 2 Coppe Intercontinentali, più 3 Supercoppe Europee. A giudicare dalla ripetitività del 3 in questo palmares si potrebbe dire una carriera perfetta e lo sarebbe stato anche se in due occasioni consecutive la sua Nazionale, la più bella, amata e celebrata di sempre, non si fosse infranta in finale nonostante in una di quelle due, quella del 1974, sia proprio lui ad aprire le marcature su rigore.

Paul Breitner, 5/9/1951

Un altro marcatore di quella finale fu questo signore qui. Uno degli "antagonisti" nel racconto della bella e non vincente Olanda degli anni '70 è questo centrale di centrocampo che ha vinto qualsiasi cosa in carriera e che è già nell'Olimpo dei più grandi di tutti i tempo. Tutti hanno nella mente e negli occhi quella sua capigliatura riccioluta e la sua peculiare fede religiosa che lo rendeva una mosca bianca nella Germania dell'Ovest di quel periodo, ma Breitner è entrato nella storia di questo sport per i suoi risultati e la sua classe: una volta giocatore dell'anno in Germania, vince un Mondiale e arriva secondo in un altro, è Campione d'Europa con la Mannschäft e con il Bayern Monaco, 2 Liga e 5 Budesliga, 1 Copa del Rey e 2 Coppe di Germania. Una mediana formata da lui e Neeskens sarebbe stato il sogno per chiunque, ma sono stati sufficienti 800 chilometri per renderli due dei migliori di sempre in due nazioni confinanti.

Willy van de Kerkhof, 16/9/1951

Nel giro di due giorni in Olanda sono venuti alla luce tre talenti di calibro Mondiale: Johan II, Willy van de Kerkhof e il gemello René che rimane fuori dalla lista, ma che in un'ipotetica panchina sarebbe il primo dei sostituti. La differenza, però, con Johan II è che lui - come il gemello - non ha mai vestito la maglia dell'Ajax e tutto quello che ha raccolto in carriera a livello di club lo deve a sforzi ben più forti di quelli che poteva profondere uno dei club più innovativi della storia del calcio. A distanza di dieci anni vince i due titoli continentali con il PSV, la Coppa UEFA del 1978 e la Coppa dei Campioni dell'88, oltre a 4 campionati olandesi che contribuirono a regalare alla squadra di Eindhoven due double. Lui era parte integrante di quelle due compagini dell'Arancia Meccanica di cui abbiamo ripetutamente parlato e lui in quella del '78 è titolare e autore dell'assiste del pareggio che vale i supplementari infausti per gli Oranje. Un esterno destro adattissimo al Forcone di quell'Olanda che lo porta in alto in questa lista ideale del 1951.

Kevin Keegan, 14/2/1951

Il giocatore che ha fatto battere forte per anni il cuore dei tifosi del Liverpool (e poi dell'Amburgo) non poteva non essere nato il giorno di San Valentino. Quello che per molti è uno dei giocatori più forti ad aver vestito la maglia dei Tre Leoni, che farebbe parte di diritto di una formazione All-Time di chi si definisce Patria del football, non poteva non prendere parte in questa rosa di XI nati nel 1951 e lo fa con prepotenza: due volte calciatore europeo dell'anno in annate consecutive con la maglia dell'Amburgo, 1 Coppa Campioni con il Liverpool con cui vinse anche 3 Campionati inglesi e di cui fu due volte il giocatore della stagione e una volta capocannoniere. Tantissimi altri premi, individuali e non: un resumé da fare invidia in un'annata di così tanti talenti come quella del '51.

John Nicholas Rep, 20/11/1951

Johnny è l'alter-ego di Willy, con la sola differenza che lui nell'Ajax ci nasce e ci esordisce, un altro che ebbe la possibilità di giocare con Neeskens e Cruijff, ma che non ha nel DNA l'appartenenza all'Ajax tant'è vero che lui riesce a concludere anche piuttosto brevemente il suo stint con gol club di Amsterdam e inizia un lungo peregrinare in giro per l'Europa dove trova la sua unica affermazione con il Saint Étienne nel 1981, una squadra in cui giocava un tale Platini e di cui Rep fu protagonista con le sue 14 reti in 32 presenze in Ligue 1 e le 5 in 8 gare di Coppa UEFA che pure non valsero più dei quarti di finale.

Sir Kenny Dalglish, 4/3/1951

Torniamo a Liverpool, ma questa volta ci restiamo per tutta la carriera, praticamente fino al ritiro per diventarne uno dei simboli assoluti e venire considerati uno degli scozzesi più influenti nella storia dello sport mondiale. Kenneth Mathieson Dalglish, per tutti Sir - perché è baronetto - Kenny Dalglish è nucleo fondante di quel Liverpool di cui abbiamo ampiamente parlato nella descrizione di un suo storico compagno come Neal. La differenza fra i due, va da sé, è il peso specifico che lo scozzese ebbe sulle vittorie dei Reds: 128 gol in 411 presenze con la maglia del Liverpool fra cui figura la rete della vittoria nella finale del '78 contro il Bruges andando a segno per il terzo turno consecutivo dopo i quarti contro il Benfica e la semifinale contro il 'Gladbach. Esordisce con il Celtic Glasgow a 19 anni nel 1970 e da quel giorno giocherà per altri 20 anni indossando solo queste due casacche e terminando la sua lunghissima e vittoriosa carriera con una standing ovation lunga 19 minuti contro il Derby County nell'ultima gara interna della stagione del titolo. Un giustissimo riconoscimento a uno dei migliori 25 della storia del calcio mondiale a detta di moltissimi.

Per chi crede che il calcio, come il buon vino, magari migliorerà invecchiando, ma che quelle passate siano sempre ottime annate. Per chi è vintage inside (e anche un pizzico nerd outside). Per chi al calcetto del giovedì "sai, io sono nato nel 1982, anno di Kakà Gilardino e Adriano, anno da bomber". Per i nostalgici compulsivi e per chi si è sempre chiesto, "Ok, De Gregori, La leva calcistica della classe '68...ma tutte le altre?". Ma anche per i più giovani con la cresta, i talent scout da videogiochi sempre aggiornatissimi.#LaClassenonèAcqua, è la rubrica targata Fantagazzetta che ripercorre più di mezzo secolo di storia del calcio, proponendovi le Top 11 per anno di nascita, dal 1940 al 2000.