Anche se manca una giornata alla fine del campionato, per il Napoli è tutto chiuso e “archiviato”. Terzo posto aritmetico e qualificazione alla fase a gironi della Champions League 2022\2023.
Le voci sulla permanenza o meno di Luciano Spalletti alla guida della squadra trovano conforto tra le polemiche e le scaramucce a distanza, ma i numeri e i risultati parlano con chiarezza e si sottopongono alle relative interpretazioni.

I partenopei, aspettando l’esito dell’ultima gara, con lo Spezia, chiuderanno la classifica tra i 76 e i 79 punti. Un punteggio, se relazionato all’ultimo decennio, che si colloca in una posizione media, che, con punti più o meno analoghi (tra i 76 e i 79 punti) hanno comportato gli stessi risultati, con piazzamenti champions o diretti o per i preliminari, con la differenza che questi punteggi hanno in certi casi piazzato il Napoli al terzo posto o, in una particolare occasione (l’ultima stagione di Mazzarri), al secondo. 

Il punteggio, si sa, ha un valore sempre relativo, perché con gli stessi punti Gattuso nella scorsa stagione ha dovuto raccogliere un deludente e ancora cocente quinto posto, mentre Spalletti ha conquistato una qualificazione in Champions mai in discussione durante questo campionato.
Gli aspetti che, invece, possono risultare più interessanti per fondare un giudizio – sia ben chiaro nella limitatezza di una fredda lettura numerica – sulla stagione del Napoli sono altrove e, in qualche modo, trovano tutti una certa sistematicità. 
A cominciare dall’andamento in campionato. 

Il Napoli nelle prime 11 gare ha fatto registrare un ritmo da scudetto. Anzi, da scudetto record, considerando i 31 punti su 33 disponibili. Poi, tra il 12° e il 20° turno, i partenopei hanno abbassato in maniera molto sensibile la media punti, con appena 2 successi su 9 gare e ben 4 sconfitte, 3 delle quali tra le mura amiche e, alcune, con avversari molto inferiori (Spezia ed Empoli). 

Dopo il brillante pareggio di Torino con la Juventus (maturato nonostante le numerose assenze in organico), il Napoli ha ripreso un cammino che ha recuperato una media più alta e facendo registrare una nuova sequenza di risultati positivi, con 8 vittorie su 11 partite e una sola sconfitta, pesante per la lotta scudetto, al Maradona col Milan.  

Poi, dopo nuovamente 11 giornate condotte con piglio migliore, gli uomini di Spalletti sono di nuovo piombati in un periodo no, quello che, di fatto, dopo le già precedenti occasioni non sfruttate, avrebbe potuto lanciare il Napoli in testa alla classifica nella volata scudetto. 3 gare consecutive senza vincere (2 in casa) e appena un punto su 9. Tra queste, un pareggio beffa in casa con la Roma (pari arrivato nei minuti di recupero) e il clamoroso 3-2 subito ad Empoli nella rimonta ad opera dei toscani negli ultimi dieci minuti. 

Confrontando questi distinti periodi del campionato, è come se il Napoli avesse subito delle fasi critiche, a volte dovute alle tante, troppe assenze (soprattutto di uomini chiave come Fabian Ruiz, Osimhen, Anguissa e Koulibaly), a volte per un rendimento in calo costante, come testimoniato dalle tre partite negative in cui le sconfitte e i pareggi sono maturati nelle seconde fasi della partita, a testimonianza di una debolezza psicofisica e una non sempre inappuntabile gestione dei cambi e delle scelte tattiche.

Nel computo collettivo, poi, il Napoli ha avuto una prima frazione, più o meno il primo terzo di campionato, ad altissimo livello, e, nei due terzi successivi, ha invece registrato un rendimento molto al di sotto della media scudetto e, di fatto, al limite dei posti utili per l’Europa League.
Al di là degli episodi di natura sfortunata, il campionato del Napoli è stato viziato da un andamento riconoscibile ed evidente. Frutto di cosa? Nessuno meglio di allenatore e società può saperlo.

 

Le coppe

Sia in Europa League che in Coppa Italia, il Napoli si è fermato presto. Subito fuori dalla coppa nazionale per un’eliminazione patita in casa al primo turno per mano della Fiorentina e l’uscita dall’Europa ai sedicesimi in un turno che un sorteggio non molto fortunato aveva messo gli azzurri davanti al Barcellona. Non il miglior Barcellona degli ultimi anni, ma pur sempre un avversario di grande caratura.

Le “colpe” del Napoli erano state più rintracciabili in un girone che avrebbe potuto vincere, ma il cui primo posto (che avrebbe evitato i sedicesimi) era sfuggito per due sconfitte patite con un modesto Spartak Mosca. Senza dimenticare che la vigilia della gara di ritorno col Barcellona era stata preceduta da scelte al risparmio in occasione della gara col Cagliari (pareggiata nei minuti finali) che avrebbe potuto avere un peso importante nella corsa allo scudetto.

Tuttavia, l’uscita ai sedicesimi di Europa League si somma a quella della scorsa stagione patita col Granada sempre al primo turno di eliminazione diretta. Una competizione, questa, che il Napoli, va specificato, ha raramente saputo affrontare. Nelle diverse partecipazioni, i partenopei hanno fatto strada solo in due occasioni: una semifinale sotto la guida di Benitez e i quarti raggiunti nella prima stagione di Ancelotti.

A giudicare dai numeri e dai risultati, il primo anno di Spalletti, non si sa se sarà anche l’ultimo, ha visto un Napoli da obiettivo, più che da competizione.