«Goool del Borgooorossooooo!».
«Gol! Che gol, c***o!» saltò Amaro Fuentes, dandosi un colpo sulle ginocchia.
Aveva sognato quella vittoria per quasi venticinque anni e quel gol lo aveva atteso innumerevoli volte, lo aveva immaginato e palpitato in mille modi diversi.
Da quel lontano Settembre del novantasei ogni giornata di campionato implicò, per lui, l'obbligo di seguire le gesta del Borgorosso, cosa che gli costò non pochi dispiaceri.
Certo, anche lui aveva ottenuto qualche soddisfazione: diverse coppe conquistate, tre volte un giocatore capocannoniere o gli anni del titolo di vice-campione, ad esempio.
O quelle stagioni in cui Del Piero, Shevchenko, Nedved, Cassano, Immobile, Buffon in porta, Mertens formavano squadre più o meno competitive.
Ma queste erano solo eccezioni.
La regola era la mediocrità.

Dopo ogni turno, a conti fatti, faceva elucubrazioni sulla posizione del Borgo con una smorfia di rassegnazione, cercando di pensare che un giorno avrebbe vinto il campionato.
Non gli importava che avesse sempre più possibilità di piazzarsi tra gli ultimi tre che di diventare campione.
Ogni volta che la squadra iniziava bene la stagione, Amaro ritornava ottimista e si sforzava di evitare che lo invadesse quella detestabile sensazione che in una giornata qualsiasi sarebbe inesorabilmente iniziata la débâcle, la quale, inevitabilmente, arrivava.
Poi qualche buon risultato gli serviva come scusa per tornare nel gruppo, sorridente, superando i commenti sfrontati dei componenti della FantaLega alternatisi negli anni: la maggior parte romanisti, juventini, alcuni laziali, interisti e fiorentini i meno. Tutti però mordaci e crudeli, provvisti di quello humour arido che danno gli anni perduti.
Quando però, al ritorno dall'ultima asta estiva, alla domanda di Chiara se era stata composta una buona squadra, aveva annuito soddisfatto contemplando la rosa; capì, semplicemente, di essere alla presenza dei migliori ragazzi del mondo, innamorati della casacca bianco-rosso-nera come lui lo era.

In nessun modo poteva ammettere che financo una subdola pandemia potesse intralciare la strada verso il sogno, ne era certo.
E forse per questo imparò ad intravedere la speranza in fondo ad ogni partita, fiducioso che la sua costanza avrebbe avuto un premio. Come se raggiungere il titolo fosse una questione personale. Casualità o no, il campionato diciannove-venti fu sorprendente. Dopo i primi confronti, Amaro intuì che quello sarebbe stato il grande anno tanto atteso. Dalla sedicesima giornata, la squadra divenne la rivelazione del torneo.

Questi sì che sono giorni memorabili, pensava Amaro, sicuro che i suoi ragazzi non lo avrebbero deluso. Era il grande anno, senza dubbio, e la comitiva della FantaLega ben presto lo comprese, sicché tutti dovevano ricorrere al passato per le loro burle. Ma questo ormai ad Amaro non importava più, aveva argomenti in abbondanza per contrattaccare. E tutti invidiavano i suoi 11 titolari:

Gigio Donnarumma
Gosens-Hernandez-Kolarov
il Papu-Pasalic-Mancosu-Pulgar-Veretout
il Gallo (Capitano)-Zapata
e tutti quei ragazzi che erano i suoi idoli.

«Goool del Borgooorosooooo!»
Il Borgo si laureava, finalmente, Campione della FantaLega Professionistica di Santa Monica, dopo aver condotto una stagione esaltante: oltre a guidare la classifica, aveva l'attacco più prolifico, la difesa meno battuta e Coppa Italia e Coppa di Lega andavano a comporre un Fantastico Triplete che fruttavano anche la prima, prestigiosissima, Stella sulla maglia.

Pochi secondi dopo quel quarto gol, quando il live decretò la fine della partita, Amaro era in piedi, menando fendenti all'aria, saltellando ed emettendo gridolini discreti.
Fece il meritatissimo giro d'onore intorno al tavolo e stappò una familiare di Peroni, gelata.
Quando entrò nel gruppo Amaro lesse tutti i commenti ed apprezzò i complimenti, sommamente il tributo dei cugini perdenti, come se tutti sapessero di dover riempire quella sera di Luglio di emoticon festanti per Amaro Fuentes soltanto, l'amico che aveva dedicato quasi venticinque anni ad aspettare un campionato.
Qualcuno gridò addirittura: «Forza Borgo».

La mia Lega Fantacalcio