Ciao Luigi come stai? Sono Alberto. Complimenti per i tuoi ultimi premi. Ti va di venire la prossima settimana da me per una cena? C’è anche Carlo…”.

Una normale intercettazione telefonica ante litteram, pensereste voi, tra due amici o colleghi che si salutano in maniera conviviale. Mai immaginereste l’identità degli interlocutori in questione. Siamo negli anni Trenta e Alberto (Albert Einstein) invita dall’alto capo della cornetta Luigi (Luigi Pirandello): il terzo invitato alla mensa di Einstein sul suolo americano è Carlo, alias Charlie Chaplin. Una cena che non ebbe però luogo per il diniego di Pirandello e che si sarebbe probabilmente svolta con mascherina al seguito visto il diffondersi, all’epoca, della “Spagnola”, un virus che abbiamo imparato a conoscere in questi oscuri tempi pandemici. Chiamato “Spagnola” perché gli iberici furono i primi ad avere il coraggio di renderlo noto: le nazioni che si fronteggiavano durante la Grande Guerra non volevano fornire vantaggi al rivale. E’ come se l’attuale Covid-19 fosse denominato l’ “Italiana”in quanto il nostro Paese è stato forse il primo a darne rilevanza palesandone il pericolo.

Il consesso fantamaradoniano, pur non paragonabile, a quel incontro tra tre giganti del secolo scorso, si è posto problematiche simili, in una mescolanza dialettica e in una poliedricità di posizioni tali che sembrava di rivivere i temi del relativismo in un contesto da primi del Novecento. Dinanzi alle necessità poste dal Comitato di elaborare un protocollo da seguire in sede di Asta di Apertura, si è scatenato un acceso dibattito in chat nel quale sono emerse disparate posizioni in un ventaglio compreso tra le due estremità occupate dai “paranoici” e dagli “irresponsabili”. Uno, Nessuno e Mascherina.

 Il Covid, lo sappiamo, è un evento storico che ha segnato le nostre vite e che continua a determinare uno stato di incertezza che investe, in primis, la comunità scientifica e, in secundis, una popolazione che reagisce a geometria variabile a seconda delle rispettive sensibilità. La geopolitica del Fantamaradona non ha fatto eccezioni e, al netto di qualche posizione contraddittoria, alla fine ha vinto il buon senso per il bene comune e per il piacere, non scontato, di organizzare la nostra prima Asta in tempi pandemici. A seguito di tutte queste motivazioni o, forse, per questa ansia da protezione individuale, è stata un’Asta diversa dalle altre, dalle tinte in bianco e nero.

Il primo di giro di chiamata è stato paradigmatico: a memoria, erano più di venti anni che non venivano chiamati giocatori di prima fascia tra i primi dieci-dodici giocatori. Eravamo tutti come anestetizzati, indecisi se versarci dell’Aglianico o dell’Amuchina.

Un fanta ambiente storicamente rivoluzionario che diventa reazionario.

Raggiungiamo casa di Daniele con le mani in tasca, con mascherina rigorosamente “Black”, austeri come il Commissario Ricciardi nella piovosa Napoli Trenta, mirabilmente descritta da Maurizio De Giovanni. Subito scorgiamo l’insolita scritta “Dux” sul casco di Francesco appena sceso dalla motoretta dell’Imparador…. Il Presidente Joz, che si è sempre ritenuto più garante della Costituzione Fantamaradoniana che primus inter pares, viene collocato, solitario, affacciato, in posizione rialzata, a una finestra: facile immaginarsi, suo malgrado, le merlature di Palazzo Venezia…

In una commistione storica che richiama i Patti Lateranensi, ci si ritrova a chiamare tale “Jesus Messias” e invocare subito dopo “Nostro Signore”, invitato solennemente a far coppia con Chiesa, a sugello del Patto. Ma è poi “Augello” a scatenare istinti (Gambro vs Dino) e finanche tensioni che si ripetono, guarda caso, con “N’Koulou” (Ago vs Joz): il doppio senso e l’atmosfera da Case Chiuse continua quando viene suggerito il giocatore “Czyborra" come titolo di una pellicola a luci rosse, fino a raggiungere il suo apice quando si paventa il copioso spargimento di Amuchina e disinfettante sul corpo associandolo a quello di Maria Schneider in Ultimo tango a Parigi: persino Marlon Brando sarebbe inorridito..

A smorzare i toni ci pensa il pungente Daniele con la sua freddura “Barak e burattini” , a ricordare un “balocco” di fanciullesca memoria che si ammirava nelle Fiere. “Fiera Letteraria” era proprio il nome della Rivista sulla quale tra il 1925 e il 1926  veniva pubblicato “Uno, nessuno e centomila”, il capolavoro manifesto della poetica di Luigi Pirandello. Figlio di un garibaldino, Pirandello vedeva nel fascismo il compimento del risorgimento, in opposizione a Giolitti: la sua adesione dichiarata al regime si fondava sul rifiuto dei miti liberali di individualismo e di eguaglianza. La storia, però, non si presta mai a facili conclusioni: il suo rapporto con le gerarchie fu in realtà controverso e finanche critico. Conservatore e moderato, si ritrovò nell’etica del regime e dell’ordine, ritrovandosi a rigettare aspramente l’associazione delle teorie scientifiche relativistiche di Einstein (con lui riuscì poi a incontrarsi qualche anno dopo a Princeton) con i capisaldi letterari e filosofici della sua poetica:

L’uomo non è uno, la realtà non è oggettiva. La realtà si sgretola nel vortice del relativismo.

Uno, nessuno e centomila. Luigi Pirandello

Il Presidente Joz esiliato, per circostanze, accadimenti o semplicemente per scelta, quasi assente durante tutto l’agone, non è forse un po’ il nostro Vitangelo Moscarda, alias Gegè, di “Uno Nessuno e Centomila”? Il protagonista del romanzo, accorgendosi del suo naso storto,  cambia radicalmente proprio stile di vita alla ricerca di sé e per questo si aliena. Comincia così a compiere azioni che ai suoi occhi hanno un senso e uno scopo preciso, ma che agli occhi degli altri appaiono come segni di follia. Allo stesso modo Joz allestisce una fantasquadra di soli giocatori africani comunicando con orgoglio la sua adesione al Movimento Black Lives Matter, declinato per l’occasione Black Joz Matter.

Il tormento presidenziale, in questo suo personalissimo processo di frantumazione del io, si esplica quindi nella ricerca di un ideale, basato sul fondamentale rispetto per i Blacks. Un atteggiamento solipsistico il suo che mira forse alla fusione totalizzante e misticheggiante con il mondo, non di Natura come nel romanzo, ma con il mondo di Fantamaradona. E’ questo l’ unico luogo nel quale può abbandonare senza timori tutte le maschere, quelle reali e quelle immaginarie, quelle indossate per scelta e quelle imposte dalla società.  

Fantamaradona è qui, si illude che, nonostante tutto, la stagione calcistica verrà portata a compimento, e si presenta famelico con il record di gol della storia già alla prima giornata, facendo proprio il monologo di Gegé del romanzo pirandelliano :

Se vogliamo essere, la realtà d’oggi non c’è. E’ un inganno.

Dobbiamo farcela noi ed è destinata a scoprire l’illusione domani.

E la vita non conclude. Non può concludere”.

https://leghe.fantacalcio.it/fantamaradona1995/
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