Tra una quindicina d'anni, quando Cutrone, Romagnoli, Donnarumma e Federico Chiesa saranno a fine carriera, probabilmente ci guarderemo indietro e ripenseremo a questi anni.

Forse li rivaluteremo, oppure li analizzeremo con occhio ancor più critico. O, più probabilmente, ne parleremo con disprezzo, individuandoli come gli anni più bui delle storia contemporanea del calcio azzurro.

E rimpiangeremo un assoluta mancanza di complemento tecnico per quelli che all'epoca erano solo dei giovanissimi prospetti, intorno ai quali vagava un'assoluta mancanza di talento.

Oppure no. Forse saranno gli anni, semplicemente, della delusione. Gli anni in cui l'Italia poteva, e forse addirittura doveva, fare di più. Al limite, banalmente, di meglio. Ma né Ventura prima, né Mancini poi, riuscirono a tirarlo fuori, quel potenziale.

Eppure c'è qualcosa che non torna. Qualcosa di difficile da decifrare, di imponderabile da rendicontare, quanto meno cercando di restare analiticamente sobri.

La Nazionale non funziona, e questo è un dato di fatto: ma il livello espresso in campo, pur non essendo quello a cui lo scorso decennio ci aveva abituato, è completamente inadeguato al valore della rosa. Che, credetemi, non è basso come in molti in questo periodo pensano.

No, non ci sono più i Vieri e gli Inzaghi, e neanche i Toni: ma neppure i Pellé e gli Eder, in attacco. Anzi, era da un po' che non potevamo vantare in rosa tre centravanti di buon livello, e nel fiore degli anni - Belotti, Immobile e Balotelli - , oltre ad altrettanti ali d'attacco - Chiesa, Bernardeschi, Insigne -.

E se è vero che l'epopea di Pirlo è finita da un po', è vero anche che personalmente avrei firmato, prima del ritiro del Maestro, se mi avessero detto che la sua eredità sarebbe ricaduta su una doppia scelta di lusso, che contempla sia il regista del PSG che quello del Chelsea.

E se è altrettanto vero che anche la generazione dei Buffon, Nesta, Cannavaro, Maldini e Zambrotta appartiene al passato, è vero anche che li abbiamo rimpiazzati con Donnarumma/Perin, Bonucci, Romagnoli, Chiellini e Florenzi.

Insomma, pur avendo diverse lacune, soprattutto negli 11 titolari, questa Nazionale non può essere derubricata, superficialmente, a informe e immatura selezione di calciatori, buona solo per riempire qualche paginata dei futuri almanacchi.

C'è qualche passaggio, di questa nostra involuzione apparentemente insuperabile ed ingestibile, che mi manca. Che fatico a mettere a fuoco. E non sono l'unico, evidentemente, visto che a livello federale e dirigenziale non vedo (fare) scelte né rivoluzionarie, né conservative.

Di Mancini alla guida tecnica non ero esaltato prima, e difficilmente lo sarò in futuro. Ma lo sosterrò sempre, fino alla fine del suo mandato, come lo sono stato con Ventura, almeno sino al momento della sua parabola che a un certo punto era evidentemente diventata distruttiva (per noi) e autolesionista (per lui).

Il Mancio, da questo punto di vista, è assai più scafato - per quanto sia più giovane - e soprattutto smaliziato. Sono convinto che il CT capirà con la giusta tempistica che serve cambiare ancora qualcosa, per far andare più forte un'utilitaria di medio livello che viaggia a 50 km/h, nonostante il costruttore dichiari un massimale di 100 km/h, e per quanto si partecipi ormai a gran premi in cui a podio arriva solo chi supera i 150.

Questione di sfumature, chissà, oppure di scelte tecnico-tattiche. Per caratteristiche e peculiarità questa generazione sembra obbligata a schierarsi con il 4-3-3. E tutti noi criticavamo aspramente il precedente allenatore, che si ostinava a non fare le "cose semplici", pur di perseguire la sua idea di calcio.

Forse, dal tunnel della mediocrità in cui siamo un po' tutti colpevolmente piombati, si può venire fuori solo con delle forzature coraggiose e talvolta improvvisate, che non appartengono propriamente al bagaglio di Mancini. Ottimisticamente, però, mi piace pensare - o, forse, semplicemente sperare - che trattasi solo di una ventata di mediocrità che andrà via quando meno ce lo aspettiamo, fuori dal tempo esattamente come è arrivata.

Magari tra sei mesi, tra due anni, o due settimane.

Oppure, e sarebbe davvero bello, già domani sera. Contro il Portogallo che, come noi, è una Nazionale che pur essendo Campione d'Europa in carica, senza il suo emblema è una squadra di livello medio a cui solo le singolarità hanno reso onore e gloria. E che sta già iniziando a pensare a cosa dovrà diventare, quando Ronaldo dirà basta e inizierà, legittimamente, a pensare solo a sé stesso ed alla squadra che gli garantisce oltre 60 milioni di euro lordi l'anno di stipendio. Noi, in questa fase, quella del tentativo del "superamento" tecnico ed emotivo del passato, siamo già a mollo da una paio d'anni abbondanti.

E direi che è arrivato proprio il momento di riemergere, prima di affogare.