Doveva essere la stagione della consacrazione per Paulo Dybala: e così è, visto che l'argentino sinora ha già siglato 14 gol, e trascinato, soprattutto all'inizio, la Juventus. E' proprio la Joya ad aprirsi a 360° ai microfoni di Vanity Fair, oggi in edicola: ecco alcuni stralci delle sue dichiarazioni.

TALENTO E CLASSE - "Dio ci dà un dono, ma poi quel dono va lavorato. Ne ho visti tanti di fenomeni nei settori giovanili. Ragazzi di cui dicevano: Se solo avesse avuto la testa, avrebbe potuto essere Maradona o Messi. Ecco, io ho lavorato soprattutto per evitare questo".

CALCIATORI, UOMINI SOLI - "Quando noi calciatori abbiamo un pallone tra i piedi, siamo felicissimi. Quello che succede dietro, nel retropalco, spesso non è proprio bellissimo. Chi diventa un calciatore quando arriva al mio livello? Il più delle volte un uomo molto solo".

SUGGESTIONE NAZIONALE AZZURRA - "In passato mi è stato chiesto di vestire l’azzurro e sono stato molto grato. Avevo 19 anni e rispondere "no, grazie" fu dura. Ma sono argentino e sarebbe stato un inganno".

IL RICORDO DI PAPA' ADOLFO - "Morì  per un tumore, quando avevo 15 anni. Fu un dolore fortissimo. Nei mesi precedenti non riusciva più a venirmi a trovare e il club mi fece andare a casa per un po’ di tempo. Sei mesi erano troppo pochi e mi venne la tentazione di mollare tutto. Forse un giorno lo ritroverò o forse no, a papà però penso sempre e gli dedico tutti i miei gol".