Un inizio più complicato, un finale di anno in crescendo, e adesso Eldor Shomurodov è una delle note più liete nella difficile stagione del Genoa: del suo primo anno in Italia e delle sue caratteristiche il giocatore uzbeko ha parlato in un'intervista alla Gazzetta dello Sport in edicola questa mattina.

Shomurodov, i primi mesi al Genoa e l'ambientamento

"Ero consapevole, quando ho detto sì al Genoa, delle difficoltà che avrei trovato in Italia, ma avevo solo un modo per potermi imporre: impegnarmi tanto. Sempre. In fondo, è ciò che ho sempre fatto in carriera. Ci sto riuscendo, ma siamo solo all’inizio del mio cammino".

Shomurodov e la storia del Genoa: quanta responsabilità

"Ho letto la storia del club. Se penso da dove sono partito, il mio senso di responsabilità aumenta. Sono soltanto il secondo uzbeko arrivato a giocare in Serie A. Voglio e devo essere di esempio per i giovani del mio Paese. In Uzbekistan ci sono molti talenti che meriterebbero di avere un’occasione all’estero, e probabilmente questa mia esperienza servirà a portare qui altri connazionali. Questo è l’aspetto che oggi più mi sta a cuore. Con impegno e forza di volontà non è impossibile trovare spazio nel vostro calcio. Io ho lavorato tanto sul fisico. Ma il resto è una questione di testa. Giocavo nelle giovanili del Mash’al, in Uzbekistan: lì capii che un attaccante è completo non solo se è potente, ma se sa pure governare il pallone".

Shorurodov, paragoni importanti e atteggiamento in campo

"A inizio carriera venivo schierato anche in difesa. Ma mi sono sempre adattato bene. Io gioco per la squadra. Mi chiamano il Messi uzbeko? Mai capito il motivo, a dire il vero. Ma ora me lo tengo. Ballardini avaro di complimenti? Ha ragione, bisogna sempre fare un esame di coscienza dopo le partite, anche quando sono andate bene, per capire se sarebbe stato possibile fare di più. Ora penso al Genoa. Per i complimenti, semmai, ci sarà tempo più avanti".

Eldor Shomurodov (Getty Images)
Eldor Shomurodov (Getty Images)