Claudio Ranieri conosce alla perfezione il calcio inglese e, ai microfoni della Gazzetta dello Sport, ha analizzato il successo del Chelsea nella finale di Champions League. Ecco le parole dell'ormai ex tecnico dei Blues e della Sampdoria:

Ranieri risulla finale di Champions League

«Mi è piaciuta molto, soprattutto il primo tempo. Pensavo a una partita più tattica, invece le squadre sono state vivaci, e mi hanno sorpreso per la loro condizione fisica, nonostante siano a fine stagione».

Ranieri su Guardiola

«Si sa che Pep cambia spesso sistema di gioco e ha una sua filosofia che a volte non prevede attaccanti di ruolo. Detto che il City ha avuto le sue occasioni, a far sì che il centrocampo sia stato spesso vittima delle ripartenze del Chelsea, forse è stato dovuto alle scelte, come quella di puntare su Gundogan e non su Fernandinho in mediana. Guardiola, comunque, resta sempre un punto di riferimento per tanti allenatori ed il suo calcio nel tempo si è evoluto, diventando molto più verticale. Poi vincere o perdere, a volte, è solo una questione di particolari, e non è vero che lui in passato abbia trionfato solo perché giocava avendo dei fenomeni come Messi».
 

Ranieri sulla Champions League

«Torneremo ad esserlo, perché vedo segnali di crescita che non possono essere oscurati dalla eliminazione prematura delle squadre italiane. Una Serie A che vedrà il ritorno di Mourinho, di Allegri e forse anche di Sarri, fa senz’altro crescere di visibilità tutto il nostro movimento. Peccato per Conte, che ha lasciato l’Inter, ma sono convinto che presto o tardi anche Guardiola verrà ad allenare in Italia. C’è una cosa, però, su cui dobbiamo intervenire al più presto: alzare i ritmi di gioco. Se non lo facciamo, è difficile essere competitivi».

Ranieri sul Chelsea

«Mi è dispiaciuto per Lampard, che volli io come calciatore ai “blues” e ne ha fatto la storia, ma lo conosco e so che è molto intelligente, tanto da capire come nel calcio occorre anche la fase difensiva. Detto questo, il lavoro del tedesco è stato eccellente, soprattutto nel valorizzare gli acquisti dei connazionali Havertz e Werner, su cui il club aveva investito parecchio e fino al suo arrivo faticavano. La sua squadra, con quelle linee compatte e aggressive, mi è piaciuta, ma un allenatore è come uno chef: senza ingredienti buoni è difficile cucinare. I soldi da soli, comunque, non bastano. Per vincere occorrono le motivazioni. L’importante è che si crei l’alchimia che riescono ad avere i direttori d’orchestra, anche se il calcio adesso è cambiato e d è difficile far fare gruppo ad atleti che sono piccole aziende sempre connesse ai telefonini».

L'intervista di Claudio Ranieri (Getty Images)
L'intervista di Claudio Ranieri (Getty Images)