Al calcio vanno augurati i Giovanni Simeone. In quello che un giorno sarà ricordato come il Napoli in “direzione ostinata e contraria” l’uomo che meriterà di vedersi riconosciuto come il motto carnale di un’armonia resistente si chiama Giovanni Simeone.

“Il tatuaggio non lo bacio adesso. È una cosa seria. Lo bacerò quando sarà il momento”, “Non è il mio sogno. È il sogno di tutti”, “Osimhen?  È fatto così, bisogna capire com’è fatto, quando non è d’accordo su qualcosa bisogna stargli vicino e tranquillizzarlo”. Sono alcune delle uscite di un ragazzo nato col dono dell’intelligenza. Giovanni Simeone è il centro di un intorno che, se non vuole disunirsi, se vuole continuare ad essere “in direzione ostinata e contraria”, deve avere gli occhi di un argentino arrivato poco dopo che il mondo aveva salutato l’uomo più importante della storia del calcio. 

Non è facile essere Giovanni Simeone. Non è facile restarsene in panchina tanto tempo nonostante le qualità meritino più spazio. Ma Giovanni Simeone lo spazio e il tempo li ha rielaborati. Lo stupore distillato in una frazione di partita. Quasi sempre pochi minuti a disposizione per lasciare il segno. Spesso riuscendoci. Come i grandi calciatori. 

Giovanni Simeone è Lev Nikolaevič Myškin. Il suo principato è la gioia di pensare. La sua “idiozia” è il bagliore della percezione avversa alle astuzie. Come il personaggio di Dostoevskij, Simeone gode del potere della parola. Come per L’idiota, Simeone non lo riconosci da se stesso, in assenza di tentazioni prossime alla definitività della sua, di parola. Simeone lo contempli per come si relaziona agli altri, per come ne parla, e per come si avvicina alle cose che accadono. Da quando è arrivato a Napoli non ha mai perso occasione di incoraggiare i compagni, di apprezzarli in pubblico, di tifare per loro. Maradona di lui sarebbe fiero.


“A un bambino si può dire tutto, tutto.”

Fedor Dostoevskij, L’idiota


Giovanni Simeone è il volto autentico di quella passione calcistica che non si limita solo a rispettare la sua professionalità, ma pure il suo privilegio. Giovanni Simeone si porta dietro l’arcano della spensieratezza bambina che, al contrario delle visioni a freddo della ragione in pena per la vita anziché in grazia di vita, è il prodigio più vicino alla realtà. La sua è materia sanguigna e sognatrice. Lui conosce il verbo credere.