Già saltava di testa, già segnava, già esultava: Bonucci al Bari (Getty Images)

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COS'E' "FANTA DI PROVINCIA" - E' una competizione virtuale, atta a coinvolgere il più possibile il pubblico di Fantagazzetta.com, e che riguarda prevalentemente il loro passato, fantacalcistico e non. 28 squadre 'provinciali', nel senso migliore e più sano del termine, prescelte dalla redazione, si sfideranno in una epica sfida in cui 11 loro ex calciatori saranno tenuti a rappresentarle. Soprattutto in nome di ciò che prima, dopo, o durante quell'esperienza, hanno o avrebbero potuto rappresentare al fanta.

COME SI SVILUPPA LA SFIDA - Le 28 squadre verranno presentate giornalmente, week-end compresi, su Fantagazzetta.com da lunedi 12 dicembre 2016 a domenica 8 gennaio 2017. Saranno suddivise in 7 gironi da 4, selezionate casualmente, e competeranno, attraverso una sfida prettamente social, a forza di like su facebook. Sarete voi lettori a votare la vostra preferita, o semplicemente quella che maggiormente suscita in voi felici ricordi fantacalcistici e/o sogni incompiuti. Le prime due di ogni girone, più le due migliori terze, proseguiranno nel cammino, sfidandosi, da lì in poi, dagli ottavi sino alla finalissima.

COME VENGONO SCELTI I CALCIATORI - Ci sono centinaia e centinaia di grandi calciatori, prevalentemente del passato, che hanno vestito la maglia delle provinciali. Alcuni hanno spiccato il volo, altri ci sono passati avanti negli anni, per concludere una carriera di prestigio. Non è stato facile, per i nostri autori, sceglierne solo 11: per questo, nel testo, vengono 'raccontate' anche le ipotetiche riserve. Non dimenticate che molti dei calciatori inseriti nelle formazioni hanno giocato in più d'una delle squadre presente nella competizione: e non è stato facile, da questo punto di vista, scegliere in quale inserirlo. Sono stati quindi perseguiti criteri di rappresentatività, di 'peso' fantacalcistico, di blasone, ma anche di equilibrio tra le squadre.

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LA STORIA - “Sappiate amare la Bari, sappiatela custodire e guardatela sempre da innamorati”: è il 1908 quando un commerciante di tessuti austriaco, Floriano Ludwig, assieme a Giovanni Tiberini, Giovanni Bach e Gustavo Kuhn, nel quartiere murattiano della città, fonda in uno dei locali della fabbrica tessile di famiglia il Football Club Bari. Quanto a custodirlo, toccherà a lui per primo: è , tra l’altro, anche il primo portiere della storia biancorossa. Dal club di Ludwig escono immediatamente due costole, il Liberty Bari e l’Ideale, che, dopo la guerra, nel 1928 si riuniranno per formare l’US Bari: è l’anno in cui, dopo un breve interludio di neroverde, si torna al biancorosso, e soprattutto nasce l’effigie del Galletto, simbolo distintivo della squadra pugliese per quasi un secolo, tanto da causare quasi una sommossa popolare al momento della sua sparizione (nel 2014, sotto la gestione Paparesta, nel nuovo logo sociale ne rimarrà solo la cresta. E il Galletto sarà la prima cosa che il subentrato Giancaspro, nel 2016, ripristinerà a furor di popolo).

La storia della Vecchia Stella del Sud è segnata da due grandi e lunghissime presidenze: quella di De Palo, dal ’61 al ’77, nel corso della quale nasce il lunghissimo sodalizio con Carlo Regalia, protrattosi fino agli anni 90, e la gestione della famiglia Matarrese, prima con Antonio (futuro presidente della FIGC), e successivamente, dall’83 fino al primo decennio del nuovo millennio, con il fratello Vincenzo, tra i presidenti più longevi della storia del calcio italiano.

Tra Serie B (molta) e Serie A (meno campionati, ma in numero tutt’altro che trascurabile), tanto da meritarsi la definizione di “Squadra ascensore”, sono i decenni dei grandi sogni: dal nuovo stadio “San Nicola”, avveniristica visione di Renzo Piano, per anni invidiata in tutto il mondo, oggi cattedrale nel deserto in condizioni rivedibili, agli investimenti di clamore europeo sull’onda dell’entusiasmo per Italia ’90 (Bari ospita la finale per il terzo posto tra Italia e Inghilterra), fino al dichiarato cruccio di Vincenzo Matarrese: quell’Europa (ai tempi Coppa Uefa) più volte inseguita, qualche volta annusata, e mai trovata. Tra grandi prodotti del vivaio (da Ventola a Cassano), e grandi casi mediatici (come il duro scontro tra Gaucci e Matarrese al termine di un concitato Perugia-Bari, o l’affare “punta Perotti”, che sul più bello condizionerà irrimediabilmente la tenuta finanziaria della gestione Matarrese) passano gli anni ’90, i più belli della storia recente biancorossa, aperti dall’unico trofeo conquistato, la Mitropa Cup, e con la soddisfazione dei laureare come capocannoniere Igor Protti (cosa che non servirà a tenere il Bari in Serie A). Torna la gloria alla fine del decennio successivo: prima il Bari di Conte, poi quello di Ventura (gli ultimi due ct azzurri, tanto per dirne una) fanno sognare la città, e rappresentano il canto del cigno della gestione Matarrese: travolto dallo scandalo del calcio scommesse, che porterà al punto più basso che ogni tifoso possa immaginare, l’autogol “doloso” di Masiello in un derby contro il Lecce, il Galletto rischia sul serio di smettere di cantare per sempre: dopo balzane trattative per la cessione (ormai appartiene alla letteratura mitologica l’arrivo in pompa magna in Puglia del sedicente magnate Tim Barton) i libri finiscono in tribunale. E’ Paparesta a vincere l’asta fallimentare, ma il suo Bari dura poco: il “forcing” di Giancaspro, che fa suo il Bari divenendone presidente, è storia di pochi mesi fa.

IL BARI, OGGI - I biancorossi, reduci dall’avvicendamento tra Stellone e Colantuono, sono alle prese con la missione di sempre: il grande salto in Serie A. Dopo la delusione di due stagioni fa, con la finale playoff sfumata in un controverso Latina-Bari, la squadra di Colantuono, con un organico palesemente all’altezza del compito (dall’interessante Micai tra i pali a Tonucci, Moras, Di Cesare in difesa, con individualità del calibro di Brienza, De Luca, Maniero in avanti, con Valiani e Fedele a centrocampo) ci sta provando, a rientrare stabilmente in zona playoff dopo l’avvio stentato, magari coltivando il sogno di avvicinare la prima e la seconda piazza per il pass diretto. E ci proverà fino alla fine. Come sempre. Quante volte mi ha deluso: non importa, io ci credo.

GLI ESCLUSI - Tanti, troppi per contarli, talmente corposo è il capitale tecnico passato in riva all’Adriatico negli ultimi 15-20 anni. Dal ruolo di portiere, per il quale avrebbero potuto dire la loro in diversi, da Padelli del Torino all’indimenticato Mancini, in altre “Fanta11” affaccendato, senza scordare il Taglialatela in seguito diventato portiere del Napoli, fino al reparto offensivo, nel quale non rientrano bomber del calibro di Di Vaio (che per la verità in biancorosso, ancora acerbo, poco lasciò il segno, e veri casi del calcio italiano, grandi promesse dissoltesi in maniera vaporosa, come Nicola Ventola o Vitor Barreto. Senza scordare Phil Masinga, non esattamente una macchina di +3, ma che per qualche stagione intrattenne un simpatico rapportino con l’Inter, castigata praticamente ad ogni occasione. E poi, per restare all’attacco, la rinuncia più dolorosa di tutte, per il nostro Fanta11 di provincia quanto per il calcio italiano. Forse in pochissimi si ricorderanno di Joao Paulo, brasiliano la cui carriera finì rovinosamente in un contrasto durante una partita tra Bari e Sampdoria. E quelli che non se lo ricordano, non sanno cosa si sono persi.

Non che manchino eccellentissimi esclusi negli altri reparti: in difesa, ad esempio, resta fuori quello che proprio a Bari, come mai più, apparve come la promessa più abbagliante del calcio italiano nel reparto: Andrea Ranocchia. Era in coppia con Bonucci, e “tra i due il più forte è Ranocchia”, si sentiva dire spesso sugli spalti del San Nicola. Gli anni seguenti hanno raccontato una storia per ora diversa. Oppure a centrocampo: dall’amatissimo Almiròn, autore di +3 pesantissimi nella sua prima stagione biancorossa, a Gautieri, poi transitato, con discrete fortune, a Trigoria, a Donati, a Bari in due fasi diverse, reduce da vette in carriera come Milan e Celtic. O all'indimenticato Ingesson, venuto recentemente a mancare dopo una lunga battaglia con la malattia. Per finire al ruolo di allenatore: “scartare” per il posto in panchina Eugenio Fascetti è quasi una bestemmia. Ma quando resta fuori persino l’attuale commissario tecnico della Nazionale, Giampiero Ventura, è evidente che l’affollamento è tanto, e di assoluto prestigio.

IL NOSTRO 'FANTA DI PROVINCIA' - Con Bari e il Bari non si è lasciato benissimo, ma al San Nicola ha vissuto la fetta più importante della sua carriera, prima dell’approdo a Bologna, Torino e Catania. Il nostro portiere è Jean Francois Gillet, oltre 353 presenze (molte da capitano) a difendere la porta biancorossa, tanto che gli furono consegnate le chiavi della città. E, peraltro, il nazionale belga è anche un discreto specialista nel +3: ha parato oltre 30 rigori in carriera. Oggi è tra i pali dello Standard Liegi.

La difesa, a quattro, è il punto di forza del Fanta11 biancorosso: il reparto è letteralmente atomico. E propone un must delle fantaformazioni all’inizio degli anni 2000, quando Zambrotta, alla Juventus, solcava le fasce e i sogni di molti fantamister. Prima di allora, però, aveva (ben) figurato nel Bari, che ne rivelò al calcio italiano tutte le potenzialità. Il campione del Mondo del 2006, nel Bari viene schierato addirittura in attacco, all’occorrenza: chiuderà con 6 reti in 59 partite, hai detto niente. Al centro, il difensore italiano più forte del momento, Leonardo Bonucci. Diventato tale sotto la guida di Antonio Conte, prima al Bari, dove prese il vizietto del gol, poi alla Juventus. A fargli compagnia al centro della difesa un altro bel bomber, Glik, consacratosi al Torino, oggi al Monaco, ma nel 2011 in biancorosso, pur senza aver mai trovato il +3 poi divenuto di grandissima consuetudine per il difensore polacco. Sull’altra fascia, fresco supercampione con il Milan, c’è Luca Antonelli, che fu girato dai rossoneri al Bari nel 2008, prima del passaggio al Parma.

Il fantacalcio era ancora agli albori, e la Jugoslavia al suo tramonto, quando quello che è probabilmente il più grande calciatore croato della storia arrivò al Bari. E’ ancora il Milan a girarlo ai biancorossi, nel 1991, ed è davvero un Bari dai grandi sogni, quello che testò a centrocampo un giovane Zvonimir Boban. Per Zorro anche due reti in biancorosso, prima di tornare al Milan, per vincere praticamente tutto. Al suo fianco, in mediana, un altro interprete di tempi in cui la caccia al +3 non era ancora una malattia, ma David Platt, stella del calcio europeo degli anni ’90 (Juventus, Samp, Arsenal tra le altre), che “assaggiò” il San Nicola nella finalina per il terzo posto contro gli azzurrri a Italia ’90, con oltre 150 reti in carriera, 27 solo in Nazionale di Sua Maestà, 11 nel Bari in 29 gare, nel ’91-’92 (esattamente la stagione di Boban, al suo fianco anche in campo), un abbonamento di tutto rilievo al +3 lo possedeva eccome. A chiudere il centrocampo un altro campione del Mondo nella Nazionale di Lippi, Simone Perrotta, che prima di diventare goleador (36 reti, un’enormità per un centrocampista non trequartista) nella Roma, e prima della ricca parentesi clivense, giocò due stagioni (e 56 gare) a Bari, preso dalla Juventus.

Tridente d’attacco all’insegna della fantasia, del killer instinct, e interamente italiano per il Fanta11 biancorosso. Per diritto di nascita vi gioca Antonio Cassano, grande occasione persa del calcio italiano, ma ridendo e scherzando il Pibe di Bari Vecchia ha trovato il +3 140 volte in carriera (6, alcune neanche da maggiorenne, in Puglia). Non uno scherzo, per chi prima punta (o falso nueve) non lo è mai stato. Con lui un altro che, come Cassano, l’apice della sua carriera lo ha vissuto alla Samp, ma che prima di arrivare un blucerchiato, ed entrare anch’egli nel club degli over 100 in carriera (133 volte +3, contando tutte le categorie e competizioni), e molto prima dei problemi che ne arrestarono la carriera, vestì la maglia biancorossa: per Francesco Flachi l’esperienza al San Nicola durò una stagione, in prestito dalla Fiorentina, da giovanissimo, ma la stoffa già c’era. Punta di diamante dell’attacco biancorosso, l’incarnazione di un bug statistico: è possibile laurearsi capocannoniere in una squadra che retrocede a fine anno. E’ possibile, se ti chiami Igor Protti, che ai primi, pionieristici fantamister, nel 1996 regalò 72 punti di bonus, grazie alle 24 reti che, in coabitazione con Signori (ma con meno rigori calciati) lo fecero entrare nella storia del calcio italiano come capocannoniere. Protti in A ci rimase, passando prima alla Lazio, poi al Napoli, prima di vivere un grande finale di carriera nell’altra sua Eldorado, Livorno, dove (come a Bari) è rimasto un re. 248 reti in carriera per Igor, che per 46 volte in maglia biancorossa fece il mitico trenino per festeggiare un suo gol.

A sedere sulla panchina di questa squadra che minaccia di dare filo da torcere ad ogni contendente in questo immaginario torneo, è quello che non esitiamo a definire il più grande allenatore italiano (e probabilmente non solo) della sua generazione. Nel suo divenire maestro di calcio, Antonio Conte ha fatto un passo fondamentale, per la sua consapevolezza e per le convinzioni tipiche del suo credo (3-5-2, gioco sulle fasce, agonismo) a Bari. Che Bari, fu quello del 2009, capace di terminare il campionato di B al primo posto, davanti al più attrezzato Parma, e di gettare le basi per la grande stagione di Ventura. “Andonio Cò, si megghie d Mourinho”, gli urlarono una volta a bordo campo, durante un allenamento all’antistadio, divertendo l’allenatore salentino. Oggi la Premier League sta fragorosamente confermando quel vaticinio che ai tempi sembrava pazzesco. 

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Il Cesena di Candreva e Lapadula. La Reggina di Pirlo e Nakamura. Il Crotone di Florenzi e Bernardeschi. Il Lecce di Muriel e Cuadrado. Il Brescia di Baggio e Guardiola. Il Piacenza di Inzaghi e Nainggolan. Il Verona di Camoranesi e Jorginho. Il Cosenza di Fiore e Lentini. Il Padova di Perin e Bonaventura. Il Venezia di Recoba e Sirigu. Il Bari di Cassano e Boban. La Salernitana di Di Vaio e Gattuso. Potremmo andare avanti per ore. E lo faremo.

Perché se c'è un un luogo del ricordo e della mente da cui il grande calcio, e il grande fanta, proviene, beh, è quello della provincia italiana. Lì, dove i campioni di ieri e di oggi sono nati, si sono formati, sono esplosi, mettendosi in luce prima di spiccare il volo verso lidi inimmaginabili, o dove quegli stessi grandi campioni sono passati, magari in età avanzata, per dare nuovo lustro alle proprie carriere. E dove i nostri prediletti campioni, strappati magari in aste d'altra epoca a costi irrisori, sono diventati tali, magari diventando dei veri colpi di fantamercato: no, non si tratta di Top 11 della storia di queste squadra, tutt'altro. E' una fanta-Top 11, di calciatori che sono passati, con più o meno successo, per squadre che oggi certo non sono identificabili come "big", ma che hanno avuto una storia epicamente gloriosa e degna, in passato. E di calciatori che, in quelle squadre, sono stati dei piccoli, grandi boom, al fanta, o avrebbero potuto esserlo. 

Perrotta, un 17 che ha portato bene, inseguito da Gattuso. Alle loro spalle, Cassano. Un Milan-Bari, tanta roba. (Getty Images)

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