Mai in una gara ufficiale. La prima è nella più importante di tutte. Manchester City e Inter non si sono mai confrontate in una partita che valesse qualcosa. Soltanto due amichevoli estive nel 2010 e nel 2011. A Istanbul caso vuole che le due compagini si affronteranno per la partita più ambita della stagione. La loro prima volta sarà per la notte di gala del calcio continentale.

Per l’Inter non è la prima finale di Champions League. Il palmares nerazzurro dice di tre titoli e cinque finalissime. Due consecutivi tra il 1963 e il 1965, a danno di Real Madrid e Benfica, due perse per mano di Celtic e Ajax e l’ultima, nel 2010, conquistata battendo il Bayern Monaco nell’ultima edizione in cui un’italiana è riuscita a vincere il massimo trofeo europeo.

Per il Manchester City di Pep Guardiola, invece, è la seconda finale. La seconda nella sua storia, l’ennesima per l’allenatore spagnolo. Nei ricordi dei celesti d’Inghilterra brucia ancora la delusione del 2021 quando a conquistare la Champions a danno degli uomini di Guardiola fu il Chelsea nella finale in Portogallo allo stadio Dragão vinta dai londinesi grazie a un goal di Havertz

La squadra campione d’Inghilterra dovrebbe affidarsi alla solita linea difensiva a quattro, con Walker e Akanji esterni, mentre Rodri dovrebbe fungere da vertice basso per la linea di mediani avanzati a supporto di Haaland. Bernardo Silva e Grealish sono gli elementi che assicurano maggiore imprevedibilità in chiave offensiva, laddove De Bruyne e Gundogan sono i due trequartisti tanto bravi ad assistere l’attaccante quanto a trasformarsi in realizzatori con i loro inserimenti. Soprattutto il belga è dotato anche di un gran tiro dalla distanza e di una grande capacità di calcio.

Il City rappresenta un ibrido su cui Guardiola ha lavorato a lungo, attraverso una mediazione tra i sistemi del gioco provenienti dal Barcellona e l’adattamento necessario ai ritmi e agli schemi, più duttili, del calcio inglese ed europeo. Il copione tattico pronostica un’ipotesi che contempla un’Inter prudente e bassa a compattarsi davanti al possesso palla di una squadra, quella inglese, che ha però sviluppato un tipo di gioco che sa come affidarsi anche ad altre varianti sia in verticale sia attraverso i cross dalle corsie esterne. Gli esterni di Inzaghi saranno certamente impegnati a leggere e contrastare le sovrapposizioni dei trequartisti del City e i fraseggi a ridosso dell’area di rigore.

L’Inter, che dovrebbe affidarsi a un attacco formato da Lautaro e Dzeko e che a centrocampo dovrebbe partire con Brozovic in regia, ha dalla sua la possibilità di sfruttare in contropiede la rapidità di Barella e di un centrocampo supportato dai fluidificanti pronti ad assistere la prima punta con i traversoni dalle corsie laterali. Spesso accade che una finale annulli certi valori avvicinando certi equilibri che si rivelino meno prevedibili rispetto alle qualità e alle caratteristiche delle squadre. E in una finale di Champions League ogni elemento, ogni episodio, ogni frangente possono essere decisivi.

Tutto dentro un caos in cui orientarsi prima di tutto per non commettere errori. Da una parte una corsa iniziata con tante perplessità, quella dell’Inter, dall’altra una condotta da una squadra, il City, data tra le favorite sin dal principio. Ma in una finale molto è legato a quell’imprevedibilità che può cambiare tutto e il contrario di tutto.