Il Milan, quindi, in Europa ci sarà. In quella dei piccoli, ovviamente, perché è ancora questa la dimensione corretta per una squadra che, tanto a livello societario quanto a livello strettamente sportivo, ancora non è quella che fu e che ambisce, legittimamente, a ricominciare a essere.

Giusto, o sbagliato, non sta certo a noi dirlo. S'è espressa la Commissione giudicante della UEFA prima, il Tribunale Arbitrale dello Sport poi: e, quest'ultimo, ha decretato che "la decisione dell’Adjudicatory Chamber dell’UEFA CFCB di escludere il Milan dalle competizioni per club da essa organizzate non è proporzionata".

Sia chiaro: nessuno, tra chi scrive e chi legge, ha le competenze necessarie per esprimere un parere funzionale. Si parla di bilanci e si applicano regolamenti complessi (per quanto opinabili), e nessuno se non le suddette istituzioni hanno mezzi e competenze per metterli in opera. Quello di cui è invece giusto che si discuta, adesso, è lo status quo.

Il Milan è un club storico, che ad oggi si rivale di un parco calciatori modesto, soprattutto a livello internazionale, che non ha prospettive a breve termine di tornare grande.

Il fondo Elliott gestirà con tutta probabilità una fase societaria solo transitoria, nella quale però di certo non abbandonerà la crescita che la precedente proprietà sperava di poter realizzare, pur senza successo. Inizia adesso, di fatto - e con almeno un mese e mezzo di ritardo - la campagna acquisti, che porterà lontano da Milano almeno un paio di pezzi pregiati (al netto degli esuberi, vedi Bacca e Kalinic), di modo da consentire a Mirabelli di proseguire il suo lavoro. Un lavoro che finora, è vero, non ha dato grossi risultati.

Anzi, la campagna acquisti dello scorso anno è stata infruttuosa: detto questo, l'ossatura su cui oggi il Diavolo può contare è ancora futuribile. Per questo è giusto che il DS non venga immediatamente destituito dal suo incarico, visto che il progetto messo in piedi certo non era riferibile a una base d'applicazione meramente annuale.

Non sarà il solo a occuparsi del Milan sotto il profilo tecnico. Al suo fianco ci sarà Leonardo, candidato forte al ruolo di DT, mentre Scaroni dovrebbe sostituire Fassone nel ruolo di AD. Rivoluzione, quindi, ma non totale. Nella speranza di riportare "a casa" anche Albertini e/o Maldini, che oltre a dare senso di identità, fornirebbero anche un ulteriore dote di professionalità che non può che giovare una società che sinora, anche mediaticamente, s'è troppo affidata ai soli AD e DS.

Peggio di così, d'altra parte, sarebbe difficile fare. Il Milan di Li, Fassone e Mirabelli non solo non s'è migliorato in campionato, ma anche in Europa League nella sua (sinora) unica occasione non ha certo incantato. C'è un mercato intero, però, ora, da realizzare. E anche a costo zero (ovvero, solo mediante le uscite programmate) è possibile colmare le proprie (lacune).

Sacrificare uno tra Donnarumma e Reina (lo vorrebbe Sarri) in primis, per dirne una, servirà a creare la prima plusvalenza. Chi resterà, dei due, sarà più che sufficiente, insieme ai giovani che ancora Gattuso ha in rosa, per coprire la stagione. L'ideale, manco a dirlo, sarebbe vendere Gigio. E, con lui, anche suo fratello Antonio. Nessuna delle big però per ora ha neanche sfiorato le cifre sinora richieste (base, 60 milioni). La Roma ne aveva offerti 35 più bonus, il PSG dopo aver preso Buffon s'è defilato, e né il Liverpool né il Chelsea sono mai state realmente interessate a Gigio (i blancos sì, ma mai dopo il rinnovo). Fisiologico, quindi, abbassare le proprie pretese e, se proprio sarà necessario, rimpiangere tra qualche anno quello che poteva essere un fenomeno in rossonero e che rischia di diventarlo altrove.

Anche dalla difesa la cessione di Bonucci al PSG che deve sostituire il 34enne Thiago Silva potrebbe essere consigliata: magari, puntando su un profilo di livello inferiore ma più futuribile, oppure chiedendo in parziale contropartita proprio il brasiliano, contando sull'appeal e la mediazione di due che conosce benissimo, come Gattuso e l'Araujo. Serve poi un leader a centrocampo, più giovane e soprattutto più fisicamente stabile di Biglia, la cui cessione potrebbe portare altri introiti. Senza contare che da Locatelli (da cedere al Sassuolo, sì, ma con la recompra) possono arrivare altre risorse utili per prendere i centrocampisti - almeno due - di cui necessita la rosa per essere completa.

E poi c'è l'attacco. Il reparto che più ha faticato, lo scorso anno, scomposto e male assortito com'era - e come attualmente è - , potendo usufruire di tre centravanti (nessuno dei quali di pari livello rispetto alle migliori, in A) e solo due ali pure. Inutile dire che servirà fare e disfare. Vendere Bacca, Kalinic, e possibilmente anche André Silva, per mettere in cassa quei famosi 60-65 milioni (15+18+35) che servono per mettersi in casa una garanzia vera. Higuain, possibilmente (che però resta vicinissimo al Chelsea). Non Morata, che tutto è fuorché garanzia di raggiungere quota 20 in campionato. Al limite Belotti, che essendosi oggettivamente deprezzato, con quella stessa somma e l'aggiunta di Borini può bastare per far vacillare eccome Cairo. Il progetto per il reparto è quindi immediato: sacrificarne tre medi per prendere uno forte. Ed a costo zero.

Dai soli Donnarumma e Bonucci, insieme ai vari esuberi (da Gomez a Mauri, passando per Antonelli, Bertolacci e Abate), si possono poi mettere in cassa i 100 milioni che possono servire per riassettare il bilancio, colmare le lacune a centrocampo, e prendere un esterno d'attacco che sia almeno di pari livello rispetto a Suso e Calhanoglu.

Sembra tutto così semplice, vero? Ovviamente non lo è. Ma può diventarlo, se ora che finalmente il Milan sa per quali competizioni dovrà concorrere, e chi sarà il suo proprietario (almeno nel breve termine) inizierà a operare con convinzione. E anche a costo di fare delle (piccole) minusvalenze, vendere. Tutto in fretta, ovviamente, perché domani l'assemblea dei soci ratificherà incarichi e poltrone, e tra un mese si andrà già in campo. Decisionismo e praticità, senza fronzoli: il Milan non tornerà ad essere certo il Milan, ma può quantomeno riprendere i lavori per tornare ad esserlo. 

L'alternativa (senza proprietà e senza Europa) sarebbe stata devastante: c'è da tirare un sospiro di sollievo, ma non da abbassare la guardia. Perché il diavolo bada a  stesso, dicono gli inglesi. Ma alle volte può anche non bastare.