I tifosi del Napoli, già dalla fine della scorsa stagione, dopo un girone di ritorno roboante, avevano (ed alcuni ancora hanno, a dire il vero) un solo sogno nel cuore: vedere lo scudetto cucito sulle maglie azzurre, ventotto anni dopo l'ultima volta. L'impresa, sin da subito, è apparsa quasi impossibile, visto che l'avversaria principale si chiamava Juventus, unica squadra in Italia capace di non sbagliare una singola partita quando il campionato raggiunge il suo momento decisivo. Ed, in effetti, di questo si era già parlato in un blog ad inizio stagione: in un campionato dove la quota scudetto è fissata a 95/98 punti, era ed è tuttora praticamente impossibile battere la Juve.

Il fatto è che il Napoli ha dimostrato per larghissimi tratti della stagione di poter attentare a quella famosa quota scudetto, nonostante i due terribili infortuni a Milik e Ghoulam. Gli azzurri hanno sacrificato tutto il sacrificabile sull'altare del tricolore: retrocessi in Europa League dopo il terzo posto nel girone di Champions (emblematica la partita a Donetsk, con Sarri che schiera diverse seconde linee per preservare i titolari in vista del match di campionato contro il Benevento), i partenopei si sono fatti superare troppo facilmente dal Lipsia al San Paolo, per poi salvare la faccia una settimana dopo in Germania a qualificazione compromessa. Discorso analogo per la Coppa Italia, competizione che Sarri ha utilizzato esclusivamente per dare minuti ai vari Giaccherini, Ounas, Rog, Tonelli e compagnia.

Le coppe come un demonio da esorcizzare al più presto, nella paura più totale che queste togliessero energie preziose alla rincorsa scudetto. I problemi del Napoli, però, sono iniziati proprio da quando gli azzurri si sono ritrovati con il solo campionato a cui dedicare tempo ed energie: l'eliminazione contro il Lipsia ha infatti preceduto l'ultima roboante vittoria degli azzurri in campionato, il 5 a 0 al Cagliari in terra sarda. Da lì in poi per gli azzurri sono iniziati i guai, con la sconfitta contro la Roma, i due pareggi a Milano e quello contro il Sassuolo e le due soffertissime vittorie contro Genoa e Chievo. Il Napoli, paradossalmente, è calato fisicamente proprio quando doveva preparare le sole partite di campionato, e tutti i suoi numeri offensivi si sono più che dimezzati: i tiri in porta sono scesi a circa 6 a partita (ad inizio stagione gli azzurri tiravano tranquillamente, ogni singola domenica, 10/12 volte verso lo specchio della porta avversaria) ed il possesso palla medio è leggermente diminuito, mentre sono ancora buoni i numeri difensivi della squadra. 

Ha, quindi, davvero avuto un senso uscire dalle coppe senza neanche provare a giocarsela seriamente (visto e considerato che, molto probabilmente, il Napoli arriverà comunque secondo in campionato)?

Milik si dispera dopo la strepitosa parata di Donnarumma in Milan-Napoli.

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Su chi, inoltre, pesano le maggiori responsabilità di questo calo? Sul banco degli imputati non può non salire Aurelio de Laurentiis, duramente contestato dai tifosi nelle ultime settimane a causa di un mercato (sia estivo che invernale) che a tutti gli effetti è stato un non mercato, in cui si è pensato esclusivamente a tenere i propri gioielli (e di questo va dato atto alla società) senza andare a caccia di quelli altrui. Quanto avrebbero fatto comodo i Verdi, i Politano o i Deulofeu della situazione? Non esiste controprova alcuna, ma è molto probabile che Callejon, Insigne e Mertens non sarebbero arrivati in queste condizioni a questo punto della stagione.

La sfortuna ha sicuramente inciso, privando Sarri di due titolari (Milik si può considerare come tale) per infortunio, ma il tecnico toscano ha comunque sulla sua coscienza una piccola macchiolina, quasi invisibile su una tuta limpidissima: la gestione del gruppo non è stata eccezionale, con calciatori come Diawara e Rog spariti dai radar in maniera prematura, ed altri, come Maksimovic, Ounas e Giaccherini, praticamente mai considerati degni di una chance. Anche la gestione dei cambi ha lasciato a desiderare, con una serie di sostituzioni automatiche, quasi dettate da una tabella più che da precise mosse strategiche, che hanno fatto storcere il naso più e più volte.

Insomma, a voler spaccare il capello in quattro, qualcosa contro questo Napoli la si può sempre e comunque trovare, e la sensazione è che gli uomini di Sarri abbiano dato il 119% piuttosto che il famoso 120%. Quello che però non si deve mai e poi mai dimenticare, ogni qualvolta si parla del Napoli, è che si sta discorrendo proprio di un 119% e, quindi, di una prestazione complessiva completamente al di sopra delle possibilità di un gruppo che, vada come vada, alla fine raggiungerà uno dei traguardi più preziosi dello sport: entrare per sempre nel cuore di chi ha potuto osservarne ed ammirarne le gesta. Ed anche questa è una vittoria. Del resto, come direbbero in molti, vincere è l'unica cosa che conta...