E' passata poco più di mezza giornata dalla partita di ieri sera fra Inter e Juventus vinta fra le polemiche dai bianconeri, il tempo delle analisi non è ancora arrivato, per lo meno per quelle approfondite, ma qualche considerazione è sicuramente possibile già farla: la Juve 2017/2018 è quella vista a San Siro ieri, lo sappiamo tutti, sia coloro che lo dicono, sia coloro che non vogliono crederci. Ancora Douglas Costa-dipendenti, o chi per lui (una volta Tizio, una volta Caio, un'altra Sempronio, e via dicendo), il consistente bottino raccolto fino ad oggi lo si spiega più così che con il gioco in senso stretto, e d'altronde anche Massimiliano Allegri, allenatore di questa squadra, è stato molto chiaro a riguardo nel post-partita quando ha parlato dell'inutilità - secondo lui - degli schemi in questo sport a confronto con le giocate dei singoli. Dovrebbe essere un valore aggiunto e non l'arma unica, ma questo è quanto.

Riavvolgendo il nastro e ragionando solo sul derby d'Italia, è per lo meno ambiguo che una squadra in vantaggio 1-0 e sopra di un uomo non tenti neanche di azzannare la partita, come già successo col Crotone e la Spal recentemente in situazioni simili: non a caso, ad un certo punto del match la Juve, in evidente difficoltà fisica fra le altre cose, si è ritrovata sotto ad un battito d'occhi dal fischio finale. Una disperazione trattata in quei 180 secondi che vanno dall’autogol di Skriniar alla testata di Higuain, alla faccia di Cesare Cremonini: “in questo mondo di eroi nessuno vuole essere Robin”? Ieri sera Dybala, che tante volte è stato Batman, ha indossato quest’altro vestitino e ha apparecchiato così la tavola.

“Eh, ma è la solita Rubentus”, dice qualcuno: certo, Pjanic meritava il doppio giallo (non nel primo tempo, si nella ripresa), ma i riflettori e le antenne quel qualcuno li accende ad intermittenza. Parlando questa lingua altri potrebbero alzare la manina e chiedere: “ma Skriniar su Higuain quando viene annullato il gol a Matuidi? Ma ancora Skriniar di nuovo su Matuidi nel primo tempo qualche attimo prima? Ma ancora Skriniar su Higuain nel finale?”. Non ne vale la pena, anche perché se un errore di un arbitro a favore della Juve fa diventare pazza la gente, che si dimentica gli episodi quando succedono dall’altra parte, coloro a cui ora non basta più neanche la volgarmente detta moviola in campo, c’è poco da discutere. Perché poi, neanche tanto banalmente, verrebbe da chiedersi perché un errore arbitrale è “Rubentus”, mentre Barzagli che si fa un autogol goffo o Higuain che sbaglia a porta vuota sono episodi e non tasselli di chissà quale mosaico delinquente.

Il confine fra passione e follia è sottile: andare al di là fa ammalare il contesto, fa vivere situazioni che aprono il cerchio con l'aggressione a Bergamo dei giornalisti Jtv e si chiudono con i fatti di Liverpool di qualche giorno fa. Andare al di là - nei limiti del decente, del legale - è comprensibile (non condivisibile) se lo fa un tifoso (poi ognuno si sceglie gli amici che vuole), o addirittura un calciatore a caldo preso dall’adrenalina, ancora ancora forse anche un dirigente/presidente, ma diventa inconcepibile se è un atteggiamento posto in essere da chi avrebbe un codice deontologico da rispettare: criticare/esprimere un’opinione è un dovere, istigare/provocare/insultare/disinformare è raccapricciante.