Ogni squadra ha i cosiddetti go-to-guy, quelli a cui affidarsi nei momenti di difficoltà nella speranza che tirino fuori il resto della squadra a galla con le loro giocate e la loro mentalità. Ogni squadra ne ha almeno uno, in qualsiasi sport esiste questa figura ed è quella, necessariamente quella da cui ci si aspetta sempre di più. Pure all'Inter, in linea teorica ci sarebbero due figure simili e identificabili in Mauro Icardi e Ivan Perisic. Questo non vuol dire che gli altri uomini in rosa possano beatamente fregarsene ché tanto c'è qualcuno che leva sempre le castagne dal fuoco, ma il fatto che queste persone possano salire in cattedra aiutando la squadra dovrebbero costringere tutti gli altri ad alzare il proprio livello per essere all'altezza di quello dei go-to-guy in questione.

Esempio pratico: quando Icardi e Perisic continuavano a combinare gol a profusione anche il resto della squadra giocava individualmente meglio, a prescindere dalle discussioni tecnico-tattiche: Candreva arrivava sul fondo con la facilità di Bruno Conti ai tempi d'oro, D'Ambrosio era un fluidificante di tutto rispetto per il campionato e Vecino-Gagliardini rappresentavano una diga di buonissimo livello.

Poi è arrivato l'inverno. In tutti i sensi. 

L'Inter subisce un calo fisiologico, era impensabile che potesse continuare su quei livelli per 10 mesi, ma in questo momento i suoi due go-to-guy spariscono completamente dai radar e l'inverno si fa sempre più buio. È in momenti come questi, quelli difficili, che gente come Icardi, come Perisic avrebbe dovuto prendere per mano il resto della squadra, ma niente: Icardi si limita a lamentarsi coi compagni perché non gli arrivano palloni, Perisic si nasconde con la scusa che tanto l'Inter gioca sempre e solo a destra. E intanto arrivano sconfitte e pareggi dal retrogusto di knock-out.

I numeri sono impietosi: il croato non segna proprio dalla gara contro il Chievo e sta collezionando prestazioni negative su prestazioni negative; l'argentino ha segnato due reti, ma non è mai riuscito a risultare determinante per il risultato finale. Ma i numeri non servono a nulla, non servono a descrivere nulla di quanto esposto in precedenza. Quello che sconvolge e che deve far riflettere è che nessuno di questi due è riuscito ad andare oltre i propri usuali compiti svolti da inizio campionato. 

Perisic non ha mai provato a tentare la giocata decisiva, solo il compitino. Mai uno strappo palla al piede sfruttando il proprio fisico da quattrocentista, mai un dribbling verso la porta per creare superiorità: solo passaggi indietro, conclusioni senza il minimo senso e la minima costruzione, insomma nulla che possa giovare alla squadra, nulla che possa essere tramutato in qualcosa di positivo. Solo un tentativo sgangherato di far vedere la propria presenza in campo e - anzi - far notare sempre di più che c'è qualcosa di completamente diverso rispetto all'inizio della stagione.

E lo stesso si può dire per Icardi, cosa che comunque porterà ad avere pareri favorevoli, ma altrettanti contrari: un attaccante del suo calibro (o di quello che suppone di essere egli stesso) e un capitano - aggravante in questo caso - non può limitarsi a fare il compitino, non può cercare solo la via del gol da dentro l'area, non può sbuffare in continuazione se il pallone non gli arriva nel modo in cui vuole. Sembra una cattiveria gratuita, ma se Icardi - come Perisic - esigono un trattamento diverso dagli altri compagni di squadra, si sentono - per meriti acquisiti sul campo - in grado di decidere le sorti di questa squadra devono andare oltre i propri limiti: Icardi, per esempio, in situazioni di vantaggio come quella odierna non può scomparire dal gioco in attesa del pallone buono, deve venire ad aiutare la squadra laddove ci sia un minimo di spazio e - se necessario - sacrificare le proprie caviglie in nome di un fallo che possa alleggerire la pressione sulla propria retroguardia. 

Invece no. Non accade. Icardi non è stato in grado di subire un fallo che fosse uno in 90' giocando contro Vicari, Felipe e Thiago Cionek: non fa parte del suo gioco? Lampante, ma a cosa serve seguire il proprio stile di gioco se la squadra ha bisogno di altro? Come può l'Inter rifiatare se uno dei giocatori che dovrebbero spaccare le partite palla al piede come Perisic lascia agli avversari ben 6 palloni dei 55 toccati e sbaglia un terzo dei passaggi tentati e riesce a completare solamente un dribbling avendone tentati in totale due? 

Semplice, non può.

E allora è inutile lamentarsi coi Candreva, coi D'Ambrosio, coi Cancelo e i Borja Valero di turno: inutile additarli per questo o quell'errore. E non perché debbano essere protetti, ma se quelli che dovrebbero dettare la linea dell'atteggiamento sono molli in campo, come si può pretendere che chi non si sente principale nel progetto possa fare di più? 

Senza dover ricorrere a paragoni scomodi, ma basti pensare a quello che fa nel Milan Suso o nella Lazio Sergej Milinkovic-Savic: se la squadra è in difficoltà lui si prende tutte le responsabilità del caso e prova a fare qualcosa di diverso per scrollare dalle problematiche tutta la squadra. Ecco, nell'Inter ce ne sarebbero due potenzialmente in grado di fare tutto questo, eppure da dicembre sarebbero dei perfetti protagonisti di "Chi l'ha Visto?".

"Posso accettare la sconfitta, tutti falliscono in qualcosa. Ma non posso accettare di rinunciare a provarci".
Così uno dei più grandi di tutti tempi nello sport mondiale (Michael Jeffrey Jordan) parlava dell'atteggiamento da tenere in campo, ecco lui di go-to-guy ne sa qualcosa e Perisic e Icardi dovrebbero prendere spunto da queste parole per trainare tutta la squadra fuori da queste sabbie mobili. Se così non sarà anche gli eventuali rinforzi di mercato saranno inutili perché questa squadra non ha un problema tattico in cima a tutti gli altri, ha un problema di personalità e Icardi e Perisic sono i primi ad averlo.