Atalanta-Napoli è stata preceduta, oltre che da una sensazione generale che la partita potesse essere lo scivolone per il Napoli utile al sorpasso della Juventus, da un pronostico tattico fondato sulla sofferenza, o presunta tale, che Sarri proverebbe nell’affrontare Gasperini. Ammessa la maggiore difficoltà, anche supportata da precedenti recenti, che il tecnico di Figline Valdarno dimostrerebbe in questo tipo di avversario, il campo ha detto, però, di un reale capovolgimento. Compreso un aspetto che, se ne era già parlato anche in questo spazio, era emerso evidente da molto tempo, ovvero la capacità e la qualità di un calciatore come Mertens, soprattutto dal punto di vista dell’incisività tattica.

La partita ha detto, in generale, di una differenza tra le due prestazioni triplicata nei numeri più significativi. Palle goal, numero di azioni offensive e, a ben vedere, anche una differenza ulteriore nelle palle da goal più nitide. Con una variante particolare rispetto ai copioni delle situazioni a cui il Napoli è andato incontro quest’anno quando è stato costretto a fare fatica a rompere il muro dell’unico progetto tattico che fino a questo momento molti avversari hanno scelto di adottare contro i partenopei. Lo 0-0. Inter, Chievo e Fiorentina, per esempio, c’erano riuscite, serrando i ranghi in estenuanti resistenze difensive. Altre formazioni si sono dovute arrendere al momento del vantaggio azzurro. Una specie di 0-0 o nulla più che a Bergamo è venuto fuori dopo il goal di Mertens, quando l’Atalanta è riuscita a creare una sola occasione significativa, l’unica in tutti i novanta minuti. Ma veniamo alla suddetta variante. Quale? 

I primi venti minuti hanno visto gli uomini di Gasperini svolgere un’intensa ed efficace fase aggressiva nei confronti dell’undici partenopeo. Pressing sui principali portatori di palla, chiusura costante su Jorginho e marcature preventive su Mertens e Insigne. Effetto? Pazienza e senso dell’attesa da parte dei calciatori del Napoli. Nella ripresa, dopo che già nel finale della prima frazione si era avvertito un calo atletico da parte dell’Atalanta, Sarri ha “spostato” il centrocampo. La heatmap dimostra che il gioco di Atalanta-Napoli ha occupato soprattutto la parte centrale del campo. I nerazzurri, soprattutto nel secondo tempo, hanno alzato la linea difensiva per non concedere metri alla pressione del Napoli. Allora, grazie anche al lavoro degli esterni difensivi (Mario Rui e Hysaj hanno giocato un’ottima gara) del Napoli capaci di bloccare la pericolosità di Gomez e Ilicic (addirittura sostituito), Jorginho e Callejon hanno iniziato a dialogare davanti alla loro difesa (Allan è stato invece tra i riferimenti decisivi), dettando a Mertens un altro punto di fuga. L’azione del goal decisivo parla chiaro. Questo ha imbrigliato la manovra offensiva dell’Atalanta, incapace di reagire così come era stata incapace di rendersi veramente pericolosa anche sullo 0-0. Il Napoli, invece, ha costruito diverse palle goal. Zielinski, Callejon, Rog, Hamsik si sono presentati davanti al portiere peccando, però, di mancanza di freddezza. In più il goal del raddoppio di Hamsik (sempre col senso dell’inserimento nonostante una condizione fisica non ottimale) paradossalmente apparso molto più netto di quello convalidato. Di fatto, se il Napoli avesse chiuso il punteggio con un margine più ampio, non avrebbe sconfessato i riferimenti numerici più significativi del report della gara.

Maggiore grinta? Maggiore cattiveria? Una migliore interpretazione dei momenti rispetto ad altre occasioni? Può darsi, ma, oltre ogni luogo comune della valutazione degli atteggiamenti, quello che più deve emergere da questa partita è la capacità di muovere la manovra sul terreno di gioco, ancora una volta, spostandola in punti di origine diversi da altre occasioni, trovando così soluzioni altrettanto efficaci anche con un avversario ostico e difficile da affrontare, ma che, di fatto, non si è distinto da molti altri. La partita del Napoli, che solo apparentemente ha avuto il sapore di un’essenzialità all’italiana, è stata caratterizzata da una notevole qualità di gioco e di giocate individuali. Su tutte e tutti, in particolare, Dries Mertens. Al di là del goal, di pregevole fattura anche per lettura del tempo e del movimento, il tentativo di pallonetto pochi minuti dopo l’1-0 è stata un’invenzione da fuoriclasse, così come, ancora di più, la preparazione per l’occasione poi non trasformata da Hamsik nel finale di partita. Insomma il comportamento di quel numero 10 classico e moderno che Mertens si sta cucendo dietro la maglia, sia che segni che non segni. 

Nella gara di Bergamo, però, le invenzioni da numero 10 le ha avute Maurizio Sarri, anche con i cambi nei momenti giusti e nei punti giusti, muovendo diversamente la squadra, senza reprimerne la qualità e imponendo un’insolita arrendevolezza a una squadra che in più di un’occasione aveva fatto altrettanto proprio con lui. Il mozzicone di sigaretta inizia ad accendere fuochi anche dove sembrava che fosse molto difficile riuscirci.