Alzi la mano chi pensava che, alla seconda sosta del campionato, nelle prime quattro posizioni della classifica marcatori sarebbero figurati rispettivamente Piatek, Insigne e Defrel (che condivide il terzo gradino del podio con Ciro Immobile, unico habitué di questa classifica). Del bomber polacco ormai si discute un po' dappertutto, complice l'incredibile avvio di stagione ed anche l'esultanza tamarra, e non sono passate inosservate neanche le gesta del "cugino" doriano, che sembra essersi definitivamente ristabilito dopo una brutta annata alla Roma. Nonostante il metro e sessanta scarso di altezza, c'è però un altro calciatore che è impossibile non notare in campo di questi tempi: il suo nome è Lorenzo Insigne, di professione fa l'attaccante e veste la maglia numero 24 del Napoli e, da qualche tempo, anche la numero 10 della Nazionale che, nonostante tutti i malanni del movimento calcistico italiano, rimane comunque una pietra miliare importantissima nella carriera di un calciatore. 

L'inizio di stagione di Insigne ha lasciato folgorati molti fantallenatori, convinti di essersi assicurati il solito attaccante esterno da 10 gol stagionali e ritrovatisi fra le mani una devastante seconda punta che, avvicinatasi alla porta dopo anni di scorribande sulla fascia, ha improvvisamente iniziato a segnare come un bomber di razza. Ci sono stati un paio momenti (gli inizi col 4-3-1-2 ed il periodo post-infortunio di Milik), nel corso della gestione Sarri, in cui lo spostamento effettivo di Insigne in una zona più centrale del campo sembrava essere imminente, ma l'allenatore toscano, alla fine, ha sempre scelto di lasciare il folletto di Frattamaggiore nella sua comfort zone, quella fascia sinistra che Zeman gli aveva fatto amare durante gli anni assieme a Foggia e Pescara. Ci sono voluti Carletto Ancelotti ed una batosta a Genova (in cui "Lorenzinho" è uscito alla fine del primo tempo per scelta tecnica) per far avvicinare definitivamente Insigne e la porta, e, stante la maturità psico-fisica ormai raggiunta, sembra proprio che questo connubio possa portare a dei risultati decisamente interessanti.

Pochi mesi fa, Insigne aveva difficoltà a metterla dentro anche da pochi metri, e di gol sbagliati del genere se ne trovano a bizzeffe (Sassuolo, Inter, Roma ecc). Probabilmente quello che gli mancava era solo un pizzico di continuità.

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Il 4-4-2 del Napoli è stato oggetto di numerosi dibattiti negli ultimi tempi: dopo un avvio leggermente in sofferenza, soprattutto in fase di possesso, gli uomini di Ancelotti sembrano aver trovato la quadra dopo la vittoria contro il Torino. In quella partita, Insigne ha messo a segno una doppietta decisiva ai fini del risultato, ed entrambi i gol sono arrivati con conclusioni secche dai 5/8 metri, in zona pressochè centrale. Da un confronto dei dati statistici (fonte Opta) dell'Insigne di quest'anno e quello dello scorso campionato, la prima cosa che appare infatti evidente è quanto il raggio di azione del folletto partenopeo sia aumentato notevolmente, anche se sono diminuiti in maniera consistente i passaggi effettuati per partita (da 70.8 si è passati a 54.1). Insigne tocca meno palloni ma in zone più centrali e più prossime alla porta, e la direzione dei passaggi fornisce un altro spunto interessante: mentre lo scorso anno l'unica vera opzione per Insigne era la distribuzione del pallone verso il lato destro (quasi il 43% dei passaggi) alla ricerca di Callejon, quest'anno, pur continuando a prediligere quella corsia come sfogo principale (38% dei passaggi), Insigne ha iniziato a smistare il pallone anche a sinistra (dal 7 al 14%) riducendo la percentuale di passaggi all'indietro. Ciò vuol dire che anche i potenziali assist potrebbero aumentare in maniera interessante. In definitiva, Insigne non occupa più un ruolo centrale nello sviluppo della manovra, ma si occupa sostanzialmente quasi solo della fase realizzativa, sia in termini di assist che di gol, mentre è diminuito in maniera consistente anche il contributo alla fase di non possesso.

Classico esempio di gol di Insigne "alla Insigne". 

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Mettendo da parte l'irreale 89% di percentuale di riuscita dei passaggi lunghi (attualmente in Serie A non c'è un singolo calciatore che si avvicini a questo livello con un volume di passaggi comparabile), per il resto gran parte dei numeri di Insigne sono rimasti gli stessi. Oltre alla posizione in campo ed al numero di tocchi per partita, ad essere cambiata in maniera evidente è solo un'altra cosa: la percentuale di finalizzazione, passata da un misero 6% ad un buon 20%. Insigne è sempre stato uno dei giocatori più under-performanti dal punto di vista realizzativo dell'intera Serie A, complici delle scelte negli ultimi venti metri non sempre felici, ma è da diversi anni largamente nella top 10 per numero di conclusioni tentate per partita (in media 3.75, che però diventano quasi 5 per 90 minuti), a testimonianza del fatto che la ricerca del gol è sempre stata una sua ossessione. Una percentuale realizzativa più che triplicata può sicuramente essere spiegata considerando che la nuova posizione consente ad Insigne di essere più lucido negli ultimi metri di campo (visto che non deve più percorrere in moto perpetuo il binario sinistro) e di avere a disposizione delle conclusioni a maggiore tasso di conversione, come testimonia il massimo in carriera di 0.52 alla voce "Expected Goals per 90 minuti". Riguardando però ancora una volta quella doppietta al Torino, appare evidente come anche il caso giochi un ruolo fondamentale in queste situazioni, perchè se per due volte ti carambola addosso una palla a pochi metri dalla porta, magari la Dea Bendata ci ha messo lo zampino...

La fortuna però aiuta da sempre gli audaci, ed Insigne quest'anno sembra davvero più audace che mai: i prossimi mesi saranno fondamentali per definire la vera dimensione di uno dei calciatori italiani più forti del momento.